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cupuladospovos-webPer la giustizia sociale e ambientale, in difesa dei beni comuni, contro la mercificazione della vita.
di A Sud - 25 giugno 2012
In coda alla dichiarazione un articolo di Marica Di Pierri (A Sud).


Movimenti sociali e popolari, sindacati, popoli e organizzazioni della società civile di tutto il mondo riuniti del Summit Sociale dei Popoli a Rio+20, per la Giustizia Sociale e Ambientale, che si sono incontrati negli accampamenti, nelle mobilitazioni di massa, nei dibattiti, nella costruzione di convergenze e alternative, coscienti di essere i soggetti di una nuova relazione tra umano e umane e tra l'umanità e la natura, assumiamo la sfida urgente di frenare la nuova fase di ricomposizione del capitalismo e di costruire, attraverso le nostre lotte, nuovi paradigmi di società.

Il Summit dei popoli è un momento simbolico del nuovo ciclo in atto, che si situa nella traiettoria delle lotte globali che producono nuove convergenze tra movimenti di donne, indigeni, afrodiscendenti, piccoli agricoltori e contadini, lavoratori e lavoratrici, popoli e comunità tradizionali, quilombolas, movimenti per il diritto alla città, religioni di tutto il mondo. Le assemblee, le mobilitazioni e la grande Marcia dei Popoli sono state momento di espressione massima di queste convergenze.

Le istituzioni finanziarie multilaterali, le coalizioni al servizio del sistema finanziario, come il G8 o il G20, l'influenza delle multinazionali sulle Nazioni Unite e la maggioranza dei governi hanno dimostrato irresponsabilità verso il futuro dell'umanità e del pianeta e volontà di promuovere gli interessi delle imprese nella conferenza ufficiale. Al contrario, la vitalità e la forza delle mobilitazioni e dei dibattiti nel Summit dei Popoli hanno rafforzato la nostra convinzione sul fatto che solo i popoli mobilitati e organizzati potranno liberare il mondo dal controllo delle corporations e del capitale finanziario.

Venti anni fa il Forum Global, realizzato anch'esso ad Aterro do Flamengo, denunciò il rischio che l'umanità e la natura correvano a causa delle privatizzazioni e delle politiche neoliberiste. Oggi affermiamo che, oltre a confermare la nostra analisi, stiamo assistendo al restringimento significativo di diritti umani già tutelati e riconosciuti. A Rio+20 si è ripetuta la solita stanca litania delle false soluzioni difese degli stessi attori che hanno provocato la crisi globale. Mentre la crisi diviene via via più profonda, le multinazionali avanzano violando i diritti dei popoli, restringendo gli spazi democratici e distruggendo la natura, impossessandosi indebitamente dei beni comuni della umanità per salvare il sistema economico-finanziario.

Le molteplici voci e forze sociali che convergono attorno al Summit dei Popoli denunciano la vera causa strutturale della crisi globale: il sistema capitalista associato al patriarcato, al razzismo e all'omofobia.

Le imprese transnazionali continuano a commettere i loro crimini attraverso la sistematica violazione dei diritti dei popoli e della natura, rimanendo nella totale impunità. Contemporaneamente, portano avanti i loro interessi attraverso la militarizzazione, la criminalizzazione degli stili di vita dei popoli e dei movimenti sociali, causando processi di de-territorializzazione nelle zone rurali come in quelle urbane. Avanzano nei territori e sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici del sud e del nord.

Esiste un debito ecologico storico che danneggia maggiormente i popoli del sud del mondo, debito che deve essere assunto dai paesi altamente industrializzati che sono alla base dell'attuale crisi del pianeta.

Il capitalismo causa allo stesso tempo la perdita di controllo sociale, democratico e comunitario sulle risorse naturali e i servizi strategici, che continuano ad essere privatizzati, convertendo diritti in merci e limitando l'accesso dei popoli ai beni e ai servizi necessari alla sopravvivenza.

L'attuale fase finanziaria del capitalismo si esprime oggi attraverso la cosiddetta “green economy” e attraverso meccanismi vecchi e nuovi, come l'aumento dell'indebitamento pubblico-privato, il super stimolo ai consumi, l'appropriazione e la concentrazione presso pochi delle nuove tecnologie, i mercati del carbonio e della biodiversità, promuovendo tra le altre cose l'accaparramento di terre da parte di grandi capitali, spesso stranieri e i partenariati pubblico-privato.

Le alternative sono nei nostri popoli, nella nostra storia, nei nostri costumi, nelle nostre conoscenze e pratiche e nei nostri sistemi produttivi, che dobbiamo salvaguardre, valorizzare e rendere di larga scala come progetto contro egemonico e trasformatore. La difesa degli spazi pubblici nelle città, con una gestione democratica e partecipazione popolare, l'economia cooperativa e solidaria, la sovranità alimentare, un nuovo paradigma di produzione, distribuzione e consumo, il cambiamento del modello energetico, sono esempi di alternative reali contro l'attuale sistema agro-urbano-industriale.

La difesa dei beni comuni passa per la garanzia di una serie di diritti umani e di diritti della Natura, per la solidarietà e il rispetto nei confronti della cosmovisione e edelle credenze dei diversi popoli e delle diverse culture, come, ad esempio, la difesa del “Buen Vivir” come forma di esistenza in armonia con la natura, che presuppone una transizione giusta che non può che essere costruita se non con i lavoratori, le lavoratrici, i popoli. La costruzione di una transizione giusta presuppone la libertà di organizzazione e il diritto di contrattazione collettiva sindacale, oltre che politiche pubbliche che garantiscano forme di lavoro degno.

Riaffermiamo l'urgenza di una redistribuzione della ricchezza e della rendita, come di combattere il razzismo e gli etnocidi e di garantire il diritto alla terra e territorio, alla città, all'ambiente e all'acqua, all'educazione, alla cultura, alla libertà di espressione e alla democratizzazione dei mezzi di comunicazione, alla salute sessuale e riproduttiva delle donne.

Il rafforzamento delle economie locali e dei diritti territoriali garantiscono la costruzione comunitaria di economie più vitali. Queste economie locali forniscono mezzi di sussistenza sostenibili a livello locale, stimolano la solidarietà comunitaria e proteggono componenti vitali per la resilienza degli ecosistemi. La maggior ricchezza è la diversità biologica della natura e la diversità culturale ad essa associata, fattori questi intimamente relazionati.

I popoli vogliono determinare per chi e per cosa vengono destinati i beni comuni ed energetici, oltre ad assumere il controllo popolare e democratico della loro produzione. Un nuovo modello energetico è basato sull'utilizzo di energie rinnovabili e decentralizzato, e deve garantire energia alla popolazione e non alle multinazionali.

La trasformazione sociale esige convergenza di azioni, processi di articolazioni e elaborazione di agende comuni a partire dalle resistenze e dalle proposte che stiamo portando avanti da ogni angolo del pianeta.

I processi sociali di cui sono portatrici le organizzazioni e i movimenti che convergono nel Summit dei popoli puntano in tal senso a percorsi fondati sui seguenti assi di lotta:

  • Contro la militarizzazione di Stati e territori

  • Contro la criminalizzazione delle organizzazioni e dei movimenti sociali

  • Contro la violenza sulle donne

  • Contro la violenza a lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender

  • Contro le grandi multinazionali

  • Contro l'imposizione del pagamento di debiti economici ingiusti e per audit popolari sui debiti sovrani

  • Per la garanzia dei diritti dei popoli alla terra e al territorio urbano e rurale

  • Per la consultazione e il consenso libero, preventivo e informato, basato sui principi di buona fede e con effetto vincolante, conformemente alla Convezione 169 dell OIL

  • Per la sovranità alimentare e alimenti sani, contro l'utilizzo di agrotossici e di semi transgenici

  • Per la garanzia e la conquista di diritti

  • Per la solidarietà ai popoli e ai paesi, specialmente quelli minacciati da golpe militari o istituzionali, come sta accadendo attualmente in Paraguay

  • Per la sovranità dei popoli nel controllo dei beni comuni, contro i tentativi di mercificazione

  • Per un nuovo modello energetico

  • Per la democratizzazione dei mezzi di comunicazione

  • Per il riconoscimento del debito storico sociale ed ecologico

  • Per la costruzione di una Giornata mondiale di Sciopero Generale

Torniamo nei nostri territori, nelle nostre regioni e paesi animati dalla volontà di costruire a tal fine le convergenze necessarie per continuare a lottare, resistere ed avanzare contro il sistema capitalista e le sue vecchie e nuove forme di riproduzione.

In piedi, continuiamo a lottare!

Rio de Janeiro, 15- 22 giugno 2012


Comitato Facilitatore della Società Civile a Rio+20

Summit dei Popoli per la Giustizia Sociale e Ambientale in difesa dei Beni Comuni, contro la Mercificazione della Vita

Traduzione a cura di A Sud www.asud.net

Link al documento in lingua originale (Portoghese)


RIO+20. L'alternativa ecologista.

di Marica Di Pierri* - A Sud

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Dopo giorni di inutili negoziazioni il documento finale è arrivato. La montagna ha partorito un topolino, perdipiù rachitico. Le previsioni grigie della vigilia hanno lasciato il posto alla nera conferma di un fallimento tanto atteso quanto totale.

Un documento che per essere approvato ha rinunciato a tutti i punti su cui non è stato possibile trovare consenso, accontentandosi di un testo definito “senza sostanza né ambizione”. Nessun impegno concreto, nessun imperativo. Un trionfo di condizionali e di vaghezza che ha fatto guadagnare al Summit Onu il significativo soprannome di Rio -20.

Nei due km di campus del Summit dei popoli per la Giustizia Ambientale e Sociale, allestiti di fronte alla spiaggia di Aterro do Flamengo, la notizia è accolta senza sorpresa. Non stupisce nessuno la conferma dell'inadeguatezza, quella della politica, ormai sussunta dagli interessi economici e finanziari, a far fronte a una emergenza che è sotto gli occhi di tutti.

Nei tendoni gremiti di persone, negli oltre 1200 panel autorganizzati, attivisti arrivati da tutti i continenti discutono di alternative reali, in marcia da anni in molti paesi con l'obiettivo di ricostruire un paradigma di civilizzazione nuovo. Il punto di partenza: la consapevolezza che quello attuale è entrato in una crisi profonda. Una crisi verticale che oltre al modello di sviluppo ci spinge a dover ricostruire un senso nuovo, nel campo dell'etica e delle relazioni sociali, prima ancora che delle relazioni economiche.

A sedersi attorno al tavolo, nell'assemblea affollatissima di ieri mattina, organizzata dall'associazione italiana A Sud, alcuni dei pensatori che da decenni accompagnano e ispirano il cammino dei movimenti sociali. Il tema: la giusta sostenibilità e la democratizzazione dello sviluppo come condizioni per la costruzione di un paradigma nuovo.

Boaventura de Sousa Santos è il sociologo portoghese tra i maggiori teorici del Forum Sociale Mondiale. Dall'università di Coimbra, ha messo nero su bianco e sistematizzato molti dei contenuti emersi nel cammino dei movimenti negli ultimi anni. Secondo de Sousa “A Riocentro (dove si tiene il vertice ufficiale, ndr) i negoziatori discutono di come costruire l'ennesimo cavallo di troia, la cortina fumogena di turno, che hanno chiamato Green Economy. Ma non è possibile risolvere i problemi generati dal capitalismo con più capitalismo: la necessità è quella di rendere plurali le forme di economia come le forme di democrazia. Economia pubblica, privata, sociale, cooperativa, solidaria. Democrazia rappresentantiva, partecipativa e comunitaria. Giacchè la risposta non è né può essere una sola”. In questo senso, continua de Sousa “l'unico modo di stimolare un cambiamento vero è partire dalla società civile. Le piazze e le strade sono ormai l'unico luogo pubblico non colonizzato dal capitale finanziario: la sfera dei valori politici, in teoria non vendibili e non comprabili, si è fusa alla sfera dei valori economici. Oggi tutto si compra e si vende”. Da qui la necessità, richiamata più volte nelle discussioni di questi giorni, di lavorare alla costruzione di forme concrete di articolazione dal basso.

Al tavolo anche Joan Martinez Alier, uno dei padri dell'economia ecologica, che da anni lavora per mettere in relazione il mondo accademico con le organizzazioni sociali che operano sul campo. Alier ha avvertito: “Il tentativo in corso di dare un valore di mercato ai servizi forniti gratuitamente dalla natura è la strada sbagliata di affrontare la crisi. Il campo della giustizia ambientale lo sa: l'unica via è una convergenza tra ecologismo popolare, movimenti, accademia e scienza”. L'antropocentrismo radicale è il nemico numero uno dei movimenti per la giustizia ambientale. É per questo che l'ambientalismo non basta: non ha una visione integrata nè la forza aggregatrice di interconnettere tra loro temi ambientali e sociali partendo dall'asse unificante: la giustizia.

Dall'Italia Padre Alez Zanotelli ha parlato di crisi antropologica e del vero e proprio geocidio in corso, mentre Giuseppe De Marzo ha introdotto uno dei temi centrali della riflessione, e cioè “la necessità di costruire una nuova relazione tra giustizia e sostenibilità e di riconoscere i diritti della Natura come fondmento etico di un nuovo paradigma di civilizzazione”.

L'ultimo messaggio arriva da uno dei padri spirituali del movimento, il Teologo della Liberazione brasiliano Leonardo Boff “il futuro può essere di distruzione, se la nostra specie non ricostruisce il nesso profondo con il sistema complesso di cui è parte. Proprio per questo abbiamo il dovere di salvare nostra Madre, la Terra, e con essa, noi stessi.”

Lasciato il summit di Flamengo, nel pomeriggio di ieri movimenti e organizzazioni sociali hanno sfilato per la città per la giornata di mobilitazione dei popoli contro la mercificazione della vita. Lo slogan parla di “diritto al futuro”. Non solo per noi, ma per i nostri figli e per la vita sul pianeta, nella sua interezza.

* Articolo pubblicato su il manifesto (22 giugno 2012).

Fonte: asud.net

Tratto da: megachip.info
 

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