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di Jean Georges Almendras
Perché, quando, dove e come è avvenuta la tragedia. Chi sono i responsabili?

Gli esami del DNA hanno confermato che i resti ritrovati in Bahia Blanca appartengono a Facundo Astudillo Castro. Ora non resta che trovare i responsabili della sua morte che senza dubbio non è stata accidentale. Non dobbiamo minimamente cadere nella negligenza e nell'insensibilità di credere che sia stata accidentale e che la mano criminale sia stata assente. Non si può cadere in questo gioco macabro, come accadde tre anni fa con la sparizione forzata di Santiago Maldonado, quando in molti sposarono proprio questa versione, propria di un'umanità che pensa erroneamente che nella nostra civiltà non c’è spazio per tali atrocità, tanto meno quando coinvolgono funzionari pubblici, le cosiddette forze di sicurezza. Purtroppo la realtà di oggi è ben diversa: sembra che in America Latina (nell'Argentina Macrista e non), il fatto che le forze dell’ordine rappresentino più l’"insicurezza" che la sicurezza è ormai la regola; sembra che il grilletto facile e l'abuso di autorità debbano essere la norma, e non il contrario.
Sembra, ed è la cosa più grave di tutto ciò, che queste "forze di sicurezza" siano ormai ben radicate tra noi, sotto la tutela di un sistema politico che in sostanza, le copre e garantisce la loro impunità. Perché quando il bastone della repressione colpisce per strada i manifestanti che reclamano giustizia per una qualsiasi causa sociale, lo fa perché sa di essere protetto; perché chi preme il grilletto delle armi regolamentari sa di essere protetto; perché quando chi indossa l'uniforme di servitore dell’"ordine" osa far sparire le persone, lo fa perché sa di essere protetto. È già accaduto in tempo di dittatura militare, in diversi paesi dell'America Latina e del Centro America e succede anche oggi, in democrazia, in terra argentina, così come in terra statunitense. E se ci sono dubbi chiediamolo, per esempio, ai parenti di George Perry Floyd.
Succede perché i responsabili sanno di essere protetti. Protetti dai loro superiori e dai governanti, i politici, che fanno leggi apposite per proteggerli alimentando i demoni della soldataglia. La soldataglia che non si sofferma nemmeno un attimo per fare un minimo di autocritica. Che diventa criminale, protetta dalla criminalità del sistema che li rende così: criminali e impuniti, proprio per preservare il sistema. E per perpetuarlo.
Il 30 aprile 2020, quando Facundo Astudillo Castro fu intercettato dagli agenti di polizia di Buenos Aires non era per proteggerlo, ma per avvertirlo, incriminarlo per poi farlo sparire. E infine ucciderlo (?).
Per quale motivo, quando, dove e come è avvenuta la tragedia? La madre di Facundo è stata la prima a porsi queste domande. Dal governo, dal ministero della Sicurezza di Buenos Aires, nessuna parola, anzi, solo risposte evasive e tendenziose. Oserei dire meschine, con l'aggravante che la famiglia e gli avvocati della difesa sono stati diffamati e attaccati direttamente dal ministro Berni. Sempre perché bisognava proteggere la soldataglia.
Ma i fatti sono più evidenti delle parole. I fatti sono che i resti scheletrizzati di Facundo sono stati ritrovati più di cento giorni dopo la sua scomparsa nella zona del canale nota come "Cola de Ballena" in prossimità dell'area chiamata "Villarino Viejo", in provincia di Buenos Aires. Resti che, da quanto confermato da vari esami, corrispondo a quelli del giovane scomparso. Una madre argentina è arrabbiata, deve affrontare una verità terribile: la vita di suo figlio è stata stroncata in circostanze in cui, coloro che dovevano proteggerlo sono stati quelli che lo hanno condotto ad un destino di sparizione forzata "seguita dalla morte”.
Una madre argentina indignata. Tutte le madri argentine dovrebbero piangere insieme a lei. Lottare con lei, indignate, per trovare la verità, tra il pantano delle forze di sicurezza, non solo per avere giustizia, ma per proteggere altre persone.

cristina castro

Una madre argentina che con ammirevole stoicismo, scrive una lettera pubblica. Una lettera poco dopo la conferma dell’identità di suo figlio. Una lettera che è la sua voce. La voce della sua anima. La voce della sua coscienza. La voce del dolore. "È Facundo. Non so ancora da dove è trapelata l’informazione due giorni fa, ma ora sappiamo che è lui. Sono stati giorni di molta ansia, senza poter dormire. Continueremo a sostenere che si è trattato di sparizione forzata. Quello che spero adesso è che i media chiedano scusa, anche se non credo che lo faranno, perché hanno continuato impassibili nonostante la conferma del giudice. È difficile per me, una cosa è dire che sentivo che si trattava di Facundo, un'altra è accettarlo. Mi stavo preparando per questa situazione, ma è un colpo molto forte della vita. La realtà mi sta colpendo fortemente ed è difficile superarlo, vedere i volti tristi degli altri miei figli, di mio padre....è molto difficile. È arrivato il momento di portarmi il mio ragazzo a casa, per poi continuare a lottare, perché continuerò fino a che non sapremo cosa gli è accaduto. Dalla Giustizia mi aspetto solo giustizia. Che si tolgano le bende, i paraorecchie e la maschera. In questo momento dirò solo qualcosa che direbbe Facu, le sue stesse parole: Memoria, Verità e Giustizia. Lui lo aveva ben presente, era il suo motto, sempre e per sempre. Perchè il ‘Nunca más’ sia davvero un ‘Nunca más’. Cristina Castro."

Foto di Copertina: www.página12.com
Foto 2: Kresta Pope

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