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di Daiana Carracedo
Repressione contro il popolo originario Qom

Le relazioni di potere esistono da molti anni. Questa è la forza che una persona o un gruppo esercitano su una minoranza e che si basa soltanto sul potere conferitogli da un incarico. È quanto avvenuto nella provincia del Chaco, Argentina, dove famiglie della comunità indigena Qom sono state attaccate da poliziotti, senza alcuna ragione apparente.
All'alba di domenica 30 aprile, degli agenti di polizia sono entrati nelle abitazioni delle famiglie Qom Saravia-Fernández, nella località di Fontana-Chaco. Indossavano l’uniforme ed alcuni erano visibilmente ubriachi. È quanto ha dichiarato Johana, che è stata torturata in quella circostanza. La sua testimonianza è stata raccolta dai militanti del Tavolo Multisettoriale Femminista, l'Assemblea Permanente per i Diritti umani ed il Comitato contro la Tortura.
"Siamo parte di un popolo nativo, non si deve permettere che cada tutto nel vuoto… Non deve succedere lo stesso con i wichi, i mocovi, siamo tutti nativi. L’aggressione è stata fisica e verbale, non può restare impunito quanto hanno fatto a mia nipote e alla mia vicina, ho visto tutto quello che è successo. La loro versione è una menzogna, eravamo tutti tranquilli con i ragazzi, quando sono arrivati mi sono chiusa dentro per prendermi cura dei più piccoli. Un agente è entrato, mi ha insultato e spinto, ha aperto la finestra per portare tutto fuori. Ho sentito odore di alcool sui poliziotti, come se fossero ubriachi. Chiedo che ci sia attenzione, che non succeda mai niente a nessun detenuto aborigeno nel commissariato. Ci hanno torturato, oggi vogliamo alzare la nostra voce".
Tutto ha avuto inizio con un’irruzione illegale alle 4 am, a quanto pare i poliziotti cercavano alcuni giovani che avevano lanciato pietre contro il commissariato qualche ora prima. Ne è seguita la tortura di tutta la famiglia. Le donne presenti, alcune minorenni, parlano di palpeggio ed abuso da parte degli agenti in uniforme. Al culmine quattro giovani sono stati sequestrati e torturati nel commissariato del paese. Rinchiusi in una stanza buia, colpiti, cosparsi di alcool e minacciati di dargli fuoco.
Che abbiano o meno lanciato delle pietre contro il commissariato, il grado di violenza e tortura è inammissibile.
Di fronte a questi fatti, l'INADI (Istituto Nazionale contro la Discriminazione, la Xenofobia e il Razismo) ha sollecitato le autorità di promuovere un'indagine che porti all’identificazione del personale di polizia intervenuto e che stabilisca le responsabilità.

Rapporto della polizia
Gli uffici di informazione della polizia del Chaco hanno segnalato che i quattro giovani, tra loro due minorenni, avevano lanciato delle pietre contro il commissariato e due poliziotti erano rimasti feriti.
Quindi "gli agenti hanno messo in moto un’operazione per calmare la situazione riuscendo, dopo alcuni minuti, a ridurre e fermare gli aggressori", si legge nel quotidiano La Nación.
In altre parole, hanno giustificato la tortura ai danni di membri della famiglia Qom, con il fatto che due poliziotti erano stati feriti senza però avere conferma che i giovani fossero gli autori. La legge del Taglione nella sua applicazione più incoerente. Al momento gli agenti sono stati allontanati dal loro incarico, ma non sono imputati.

Precedenti di repressioni della polizia nel Chaco
Non è la prima volta che la polizia del Chaco si rende protagonista di abusi. Nella località di Barranqueras un giovane circolava senza mascherina. È stato inseguito dalla Guardia Urbana Municipale e la polizia locale lo ha buttato a terra colpendolo brutalmente. Ha quasi perso conoscenza a causa dell’asfissia. È riuscito a scappare grazie all'aiuto di un vicino.
Nella stessa località, una vicina ha filmato come la polizia sparava pallottole di gomma contro un giovane che era fuori casa dopo il suono della sirena che obbliga tutti a rincasare alle 20:00. (Coprifuoco? Dittatura?) Si vede come il giovane, dopo aver parlato con i poliziotti, si allontana camminando ed immediatamente incominciano a sparargli alla schiena.
Per i fatti fin qui esposti, non vi è alcun agente sotto processo.
Chiedere perdono a che si è considerato aggredito.
Il pomeriggio di giovedì 4, il governatore della provincia del Chaco Jorge Capitanich si è riunito con le autorità della polizia provinciale e si è così espresso: “In nessun modo i fatti di violenza di Fontana possono essere avallati, né dalle Forze di Polizia, né dalla provincia né da nessun abitante del nostro paese. In virtù della mia esperienza personale e politica, con molti errori commessi dei quali mi sono pentito è necessario chiedere perdono a tutti quelli che si sono considerati aggrediti”.
Colpisce che conferisca un carattere di soggettività a tutte le aggressioni della polizia segnalate. Le famiglie si "considerano" aggredite. No, è stato un episodio di tortura e violenza grave o un inammissibile attacco alla libertà. Assomiglia all'indulto ricevuto dai militari nel cosiddetto "Processo di riorganizzazione nazionale”.
In ogni caso la democrazia è stata violata ed i reati commessi dalle forze di sicurezza nella maggioranza dei casi sono perdonati o dimenticati.
Bandiamo la convinzione che siano i "Nostri popoli originari". Un termine inventato per la convenienza dallo Stato repressore che concede loro il titolo di cittadini per togliergli le loro terre e giudicare il loro modo di vivere. Loro sono preesistenti ad ogni società moderna. Da tempi remoti chiedono di essere riconosciuti come popolo, con i propri costumi e credenze. Di lasciarli vivere secondo le proprie abitudini. E di non essere perseguitati, torturati e uccisi nelle loro terre o inseriti nella società.

Foto di Copertina: www.nexofin.com

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