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di Claudio Rojas*
In una cornice di massiccio ripudio cittadino che oramai non lascia alcun margine di manovra politica, l'esclusivo uso della violenza da parte dello Stato democratico per la repressione, senza i limiti concessi dalla legislazione attuale, ha delineato un perfetto malgoverno.
Criminalizzando il movimento sociale, l'esclusione del dialogo sociale, scommettendo solo su una repressione che ha superato ogni limite, l'ospite de La Moneda ha scavato la propria tomba: perdendo ogni credibilità e legittimità trasformandosi in un vero e proprio cadavere politico.
A causa della catena di violazioni dei diritti umani, si è prodotto un disastro storico, il peggiore dopo la dittatura che esige un pieno chiarimento, giustizia e risarcimento alle vittime, e che i responsabili si facciano carico di questa devastante impunità se non vogliamo definitivamente perdere la rotta.
La cecità del potere repressore del cadavere politico di La Moneda, ha letteralmente compromesso la vista a 360 persone, due di loro di entrambi gli occhi; ha causato 33 morti per mano di agenti dello Stato; ha generato oltre 3.500 feriti e più di 30.000 detenuti; torture; violenza sessuale... In ogni caso, un nuovo inventario dell'orrore originato dalla destra, ma ora in “democrazia”.
Le violazioni contro i Diritti Umani in "democrazia" devono normalizzare l'illegalità politicizzandola; è la formula politica più sporca nascosta nell'incostituzionalità democratica per disattendere le responsabilità e stabilire così una devastante impunità.
Finora, questa Amministrazione è stata coerente con la propria e unica ricetta ideologica ed economica: la negazione della distribuzione di ricchezza e di reddito. E quanti più segnali ci dà in questa direzione, più alimenta la perdita di controllo della crisi e dà altro ossigeno ad un'esplosione sociale ancora più violenta che farebbe saltare in aria gli equilibri istituzionali e creerebbe traumi sociali irreversibili.
La First Lady, Cecilia Morel, in un messaggio vocale di WhatsApp trapelato alla stampa un paio di mesi fa, dice piena di terrore e traboccante cinismo: "Dobbiamo ridurre i nostri privilegi e condividere con gli altri". Paradossalmente e involontariamente, disse la frase del 2019, l'unica del malgoverno che indica cosa dovrebbero fare.
Lo Stato cileno ha solo un 20%o del PIL; la media nei paesi dell'OCSE è 34%. È necessaria una volontà politica trasversale per un contratto sociale in cui una riforma fiscale conferisca allo Stato la capacità finanziaria che garantisca i diritti sociali di base: salute, istruzione, pensioni ed abitazioni di edilizia agevolata e di qualità.
Nonostante le enormi risorse necessarie per finanziare le attuali rivendicazioni sociali, nessuno degli attori politici e sociali che guidano la protesta si è pronunciato per la nazionalizzazione del grande settore minerario, come se la parola nazionalizzazione fosse una parola proibita o maledetta, nonostante non ci sia niente nell'attuale Costituzione che lo impedisca. Ma è chiaro, che questo non serve ai loro interessi che non sono il bene comune, ma essendo i passaporti di imprese transnazionali alle quali è permesso evadere imposte, le loro tasche ingrassano sostanzialmente.
Questa sarebbe una possibile soluzione alla crisi. L'altra è l'indebitamento dello Stato. Nella più completa solitudine, calpestando le macerie della sua coalizione, questo presidente della megalomania nazionale trasformato in violatore dei Diritti Umani, non farà i cambiamenti che richiede una crisi sociale di queste dimensioni per ovvie e tragicomiche ragioni: non sa che si è trasformato in un cadavere politico.
Ma potrebbe smettere di esserlo se resuscita con un innaturale ribaltamento politico che esige un cambiamento totale da lui e dalla sua coalizione: vale a dire, aprire il suo portafoglio e quelli della sua élite, di quel 1% di macro miliardari che prende il 57% dei guadagni complessivi del paese, mentre al 99% viene distribuito il 43%.
(18 gennaio 2020)

* Corrispondente dal Cile

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