Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Jean Georges Almendras
Riacquista la libertà Carlos Cornejo il corrispondente in Bolivia di La Izquierda Diario

È impossibile essere misurati e controllati nei nostri commenti perchè gli attacchi commessi in Bolivia e in Cile contro i giornalisti liberi non possono che suscitare insulti contro il potere fascista e autoritario che ha seminato sofferenza e morte tra loro, che non hanno fatto altro che svolgere il proprio lavoro di informazione, impegnandosi coraggiosamente nella legittima richiesta di giustizia e di libertà per i popoli nostri fratelli.
In questi giorni il corrispondente di La Izquierda Diario Carlos Cornejo, l'artista plastico  e l'attivista Andrea Mamani sono stati arrestati nell'area della Ceja di El Alto de La Paz e per diverse ore si è temuto per il loro destino, motivo per cui è stata attivata da altri giornalisti e da organizzazioni per i diritti umani un'immediata mobilitazione e veglia, che con il passare delle ore hanno prodotto risultati positivi: Cornejo e Jurado sono stati rilasciati durante la giornata di martedì 17 dicembre e Andrea Mamani è stata rilasciata pochi minuti dopo il fermo. Una cattura illegittima da qualsiasi parte la si guardi, perché si erano radunati solo per trasmettere un atto in solidarietà alle famiglie di coloro che avevano perso la vita nella feroce repressione che ebbe luogo alcune settimane fa nella zona di Senkata. Ma, sono stati accusati di sommossa.
Più di un mese fa, un giorno prima del colpo di stato in Bolivia, la famiglia del giornalista argentino Sebastián Moro, dopo aver perso i contatti con lui, andò nel suo appartamento dove lo trovò incosciente, fu ricoverato in una struttura sanitaria dove morì sei giorni dopo, con un quadro clinico di ictus ischemico sinistro come causa del decesso. Sul suo corpo c'erano inequivocabili segni di percosse. Dalla sua casa erano stati sottratti il suo taccuino, un registratore e il suo gilet da giornalista. Successivamente, la Commissione Interamericana per i Diritti Umani fece una denuncia pubblica esigendo anche un'approfondita indagine sul caso.
Alcune settimane fa, il giornalista grafico argentino Facundo Molares Schoenfeld ha dovuto essere ricoverato in un ospedale in Bolivia per insufficienza renale acuta e proprio lì è stato arrestato dalle forze repressive con l'accusa di aver partecipato al blocco di un ponte, nell'ambito delle molteplici mobilitazioni generate dal rovesciamento del governo di Evo Morales. La famiglia del fotografo ha dichiarato pubblicamente che in questo momento, mentre scriviamo l'articolo, il loro figlio è in condizioni precarie, rinchiuso in una prigione boliviana senza adeguata assistenza e quindi si teme per la sua vita.
È stato riferito dal Cile, che circa un mese fa la fotoreporter e documentarista Albertina Martínez Burgos, che lavorava presso l'agenzia Mega, è stata trovata senza vita nel suo appartamento a Santiago Centro. Si presume che il delitto sia strettamente legato alle sue attività giornalistiche degli ultimi mesi e ormai da alcuni anni, di documentare prevalentemente le repressioni della polizia. Risulta infatti rivelatore quanto dichiarato dai parenti di Albertina, che a casa sua non hanno trovato né la sua macchina fotografica, né il suo notebook, né la sua documentazione. Albertina, ha spesso divulgato su Facebook le testimonianze fotografiche che ha realizzato e quelle che le consegnavano altre persone, rendendo coraggiosamente visibili le violenze delle forze dell'ordine cilene.
Oggi, i popoli della terra boliviana e cilena vivono ore drammatiche perché l'insicurezza e l'assenza di garanzie legali sono ovunque e il giornalismo non sfugge all'assedio repressivo del fascismo insediato. Al contrario, sembra che il giornalismo sia uno degli obiettivi centrali dei repressori e in particolare dei servizi di intelligence, che si sono sforzati di individuare immediatamente le attività di giornalisti e di fotoreporter, locali o stranieri, aggiungendo alle liste nere che vengono create anche gli attivisti stranieri per i diritti umani che raggiungono la Bolivia o il Cile, per monitorare gli eccessi e le violazioni dei diritti che vengono commessi.
La situazione in Bolivia si rivela molto più delicata, perché lì lo stato di diritto è ridotto a nulla. Ad esempio: arrivare all'aeroporto di Santa Cruz, come attivista, giornalista o fotoreporter, significa essere quasi immediatamente sottoposto a minacce e intimidazioni. Qualche settimana fa, un avvocato argentino dell'APDH, alcuni suoi collaboratori e il sacerdote argentino che si dedica ai poveri, Francisco "Paco" Olivera sono stati vittime di intimidazioni da parte del personale di polizia, subendo lo stesso trattamento avuto alcuni giorni prima dai membri di una commissione argentina per i diritti umani presente a Santa Cruz con il compito di raccogliere testimonianze sul massacro di Senkata.
Oggi in Bolivia, coloro che lavorano per i diritti umani e la libertà di espressione, vivono in uno stato di completa vulnerabilità, rischiando nel migliore dei casi di essere arrestati o minacciati o peggio di venire uccisi. Ed è chiaro che il lavoro dei servizi di intelligence ha molto a che fare con tutte queste intimidazioni e controlli. Sorveglianza che sicuramente inizia nel momento stesso in cui il giornalista o l'attivista per i diritti umani mette piede sul territorio boliviano. Da quel momento in poi, i movimenti dei visitatori sono rigorosamente monitorati con le conseguenze inaspettate ma prevedibili, di un territorio dove la libertà non esiste e dove il terrorismo di stato viene praticato con stupefacente impunità.

cornejo carlos

Quando il corrispondente di La Izquierda Diario Carlos Cornejo e l'artista plastico Leonel Jurado furono rilasciati, dichiararono a coloro che li stavano aspettando all'ingresso dell'edificio dove erano detenuti, che entrambi avrebbero continuato la lotta "combattendo la repressione" attraverso la denuncia e la solidarietà. David Inca, rappresentante dei diritti umani di El Alto ha affermato che Cornejo, Leonel e Andrea "stavano attaccando alcuni fogli che dicevano Senkata non sei sola!" Apparentemente è stata un'azione dell'intelligence della polizia per intimidire, poiché non hanno commesso alcun crimine, è stata un'azione immotivata". La detenzione arbitraria di Cornejo e Jurado e Andrea Mamami ha generato una forte ripercussione nella regione a diversi livelli: in Argentina, Nicolás del Caño e Myrian Bregman, referenti del PTS e del FIT-U hanno ripudiato il fatto e lo stesso Evo Morales attraverso il suo account Twitter si è unito alla richiesta di Libertà.

moro sebastian

I parenti del giornalista argentino Sebastián Moro, morto in un ospedale dove è stato ricoverato con la diagnosi di LCA, parlando con i giornalisti stranieri in Bolivia hanno detto che Sebastian stava lavorando come redattore nel quotidiano Prensa Rural, appartenente alla Confederazione Sindacale Unica di Lavoratori Contadini della Bolivia, il cui direttore José Aramayo, il giorno prima del colpo di stato, fu rapito e legato a un albero per essere umiliato. Penelope, la sorella di Sebastián Moro disse al Portale InfoCielo: “Ci ha detto che le elezioni non sarebbero state facili, che stava osservando uno sviluppo esponenziale della destra. Era molto preoccupato per quello che sarebbe potuto accadere, perché se il governo fosse cambiato, in futuro anche il suo lavoro era a rischio. Il lavoro di mio fratello aveva dato fastidio. Per l'estrema destra, mio ​​fratello era un nemico." Penelope Moro ha aggiunto anche: “I segni di violenza presenti sul suo corpo sono ben definiti, ha ecchimosi e lividi, sia esterni che interni. Quei colpi non corrispondono assolutamente ad un ictus. Ecco perché chiede all'IACHR di intervenire e di indagare." Nel caso di Sebastián Moro, un'eventuale indagine deve affrontare un grave ostacolo: il corpo mancante è che è stato cremato come l'unico modo per poter essere trasferito in Argentina
Hugo Molares, padre del fotoreporter argentino Facundo Molares Schoenfeld, 44 anni, arrivato a Santa Cruz de la Sierra per lavoro e che poi ha dovuto essere ricoverato per insufficienza renale, ha dichiarato a Guido Vasallo, di Página 12 che "mentre era ricoverato in gravi condizioni, gli agenti di polizia si sono presentati con un mandato di arresto con l'accusa di aver partecipato a un blocco stradale. Quello fu l'inizio di un tortuoso viaggio attraverso due delle prigioni più pericolose della Bolivia. Ho visto mio figlio solo per quindici minuti e poi ho dovuto lasciare il paese con la minaccia di essere massacrato." Hugo, suo padre, che è un giudice di pace della città di Trevelín, nella provincia di Chubut, ha definito suo figlio con i seguenti termini: “È una persona eccezionale, senza preoccupazioni materiali e sempre preoccupato per gli altri. Scrive molto bene e ama la fotografia, ha collaborato con la rivista di sinistra Centenario ed è arrivato in Bolivia per ritrarre con la sua macchina fotografica la complessa realtà boliviana dopo le elezioni dello scorso 20 ottobre. L'11 novembre venne ricoverato all'ospedale giapponese di Santa Cruz de la Sierra. Mi è stata data comunicazione del fatto con una chiamata anonima a casa mia. Quando io e mia moglie siamo arrivati, ho dovuto identificarlo perché era ricoverato come NN. Il dottore mi ha detto che doveva fare la dialisi e di comprare i farmaci che l'ospedale non aveva. Siamo usciti per comprarli e al ritorno stava entrando la polizia e non sono riuscito più a vederlo. La polizia ci ha portato a circa 60 chilometri da dove eravamo. Siamo stati sottoposti a pesanti interrogatori e violenze psicologiche. Ci hanno trattenuto per circa 25 ore in una stazione di polizia e ci hanno rilasciato il giorno dopo all'alba. Ho spiegato che dovevo tornare in ospedale perché siamo stati solo 15 minuti con mio figlio ed ero riuscito a malapena ad accarezzargli la testa. E loro mi dissero senza mezzi termini che sarebbe stato meglio per me lasciare la Bolivia, e che se fossimo rimasti ci avrebbero massacrati”.

molares schoenfeld facundo

Le autorità boliviane accusano del crimine di omicidio e istigazione alla violenza Facundo Molares Schoenfeld, fatti accaduti ad un blocco del Puente de la Amistad nel dipartimento di Santa Cruz, dove morirono due persone: “Ci sono fotografie di due persone armate, ma nessuna è mio figlio. È qualcosa di assolutamente sbagliato. Lì mi hanno detto che hanno scoperto che mio figlio aveva militato nelle FARC. Il 29 novembre è stato condannato alla detenzione preventiva in un'udienza cautelare e il 2 dicembre è stato portato da una pattuglia della polizia nella prigione di Palmasola. Mio figlio era mezzo nudo e senza cure. Il 5 dicembre ci viene detto che ha anche un'infezione polmonare. Con nostro orrore e stupore, il 6 dicembre, arrivò un altro furgone penitenziario e senza un ordine del tribunale da lì lo portano alla prigione di Chonchocoro, situata a circa 4 mila metri di altezza e con temperature estreme. In quel luogo portano una persona malata con carcerazione preventiva. Mi piacerebbe vederlo di nuovo, ma è difficile tornare in un paese dove ci minacciano di morte. Mio figlio è detenuto illegalmente e niente di quello che gli hanno fatto può essere giustificato".

mamani andrea

Il portale Late Comuna 15, sulla morte della fotografa e cineasta Albertina Martínez Burgos, 38 anni, il cui corpo pugnalato è stato trovato nel suo appartamento nel centro della capitale cilena, ha pubblicato: “I suoi compagni chiedono di diffondere questo nuovo caso che si aggiunge a quello di un'altra giovane donna che faceva il mimo nei quartieri popolari e che è stata trovata morta e appesa alla recinzione di una piazza. I colleghi di Albertina aggiungono: “Dobbiamo creare una rete di supporto per rendere giustizia! Stanno intimidendo i giornalisti!".
In Cile e Bolivia, giornalisti, fotoreporter e comunicatori sociali sono rigorosamente e palesemente sorvegliati dal fascismo. Queste sembrano essere le regole di un macabro gioco causato dal colpo di stato da parte del ‘gorilismo’ monitorato dagli Stati Uniti.
In Cile e Bolivia non c’è libertà e le azioni dei giornalisti liberi possono costare caro ai colleghi. Possono pagare con la vita il coraggio di denunciare le giuste cause, e immortalare una repressione militare o di polizia, in questi tempi può essere considerato un crimine, un atto sovversivo. Può costare la vita del professionista dell'informazione.
Nel 2014 ad Albertina Martínez Burgos venne dato il video di una repressione e lo caricò su Facebook, come aveva fatto tante altre volte fino al giorno prima di essere trovata senza vita nel suo appartamento.
Il fascismo cileno di Sebastián Piñera non lo ha perdonato? No. Non lo ha perdonato, anche se quel video non era stato girato da lei, ma da un cittadino che si trovava sul posto e che considerò importante passarlo ad Albertina per una maggiore diffusione. Lei capì che era molto importante condividerlo per creare coscienza e assolse il suo compito.
Oggi il regime dispotico di Piñera in Chile, e di Añez in Bolivia non perdona i giornalisti e i fotoreporter che, con i loro articoli, le loro foto e i loro video, mostrano al mondo i panni sporchi di una falsa democrazia criminale che giorno dopo giorno semina sul suo cammino, bare, giovani senza occhi, stupri, umiliazioni, abusi, agressioni, persone ferite colpite da gas e acqua con soda caustica. La diffusione di dolore che si è trasformata in resistenza.
Resistenza che vediamo tutti i giorni.

Foto di copertina: www.telesurtv.net
Foto 2: www.laizquierdadiario.com
Foto 3: www.resumenlatinoamericano.com
Foto 4: www.página12.com
Foto 5: www.latecomuna15.com

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos