Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Mariana Trejo
Vergogna nazionale, vergogna impressa a fuoco nel libro della storia dell'umanità. Vergogna per non avere gridato più forte a suo tempo davanti ad un fatto che hanno cercato di nascondere dal primo momento. Questo è il sentimento che produce in noi, oltre alla rabbia e al dolore. Gli stessi sentimenti che abbiamo visto riflessi negli occhi della famiglia e della Comunità Mapuche Lafken Winkul Mapu all’epoca dei fatti.
Un giorno come oggi, due anni fa, hanno assassinato Rafa: Rafael Nahuel. Un giovane come te, come tutti, con i suoi sogni, con voglia di vivere e con quella forza per uscire dall'immondizia con cui lo aveva sommerso questo sistema corrotto e razzista che ci emargina costantemente.
Un proiettile. È bastato solo un proiettile per spegnere tutti i suoi sogni. Non lo conoscevamo, ma sicuramente avremmo condiviso tante cose, perché a 21 anni possedeva lo spirito di un giovane che vuole cambiare il mondo, per lui e per tutti quelli attorno a lui. Rafael cercava il suo posto in questo mondo marcio. E quando lo ha trovato, lo hanno ucciso a sangue freddo sparandogli alle spalle.
Hanno spento il suo sguardo, fermato le sue mani. Quelle mani che lavoravano il ferro, con cui stava costruendo una “ruca” (antica costruzione mapuche), per poter avere finalmente una casa tutta sua.
Lo hanno ammazzato perché era il riflesso di una società malata e sadica che chiede sangue per poter continuare il proprio cammino. A costo del suo stesso egoismo.
Lo hanno ammazzato perché stava iniziando a disintossicarsi da un sistema denigratorio, criminale, dove i ragazzini lavorano per i poliziotti nei quartieri poveri e fanno da esca ai drogati, come accade nello stesso quartiere dove abitava Nahuel Hue, Bariloche.
Lo hanno ammazzato perché i ragazzi di 21 anni devono studiare o lavorare, e a nessuno piace che vadano a protestare per le strade.
Lo hanno ammazzato perché si è fatto carico di tutta la sua dura esistenza e ha rotto gli schemi per ritrovare sé stesso come Mapuche.
Lo hanno ammazzato mille volte. Sì, perché non potrà più ultimare la sua casa in quel luogo speciale, nella Comunità, né suonare la ‘trutruca’, né costruire un mondo migliore nel territorio, vicino a sua zia, sua cugina, la sua gente. Rafa non potrà più rappresentare la speranza per gli occhi della madre del suo migliore amico, assassinato. Non potrà più dire "voglio vivere qui", ha potuto dire solo "voglio morire qui".
Due anni dopo il suo omicidio uno dei suoi assassini, Javier Pintos, è ancora impunito. Il Governo lo ha protetto e fatto trasferire in una casa in un'altra località, e una nuova vita per il Prefetto. Cammina liberamente per la strada. Patricia Bullrich quel pomeriggio in Villa Mascardi gli diede la mano e si congratulò per “aver fatto il suo dovere".
A maggio del 2019 l’imputazione è passata a "omicidio aggravato”, ma com’è finita con gli assassini?
Un mese fa, la Camera Federale di Cassazione Penale ha allontanato i giudici che avevano concluso che non vi erano stati scontri, mentre in realtà furono i prefetti ad inseguire i mapuche, e che avevano processato i membri del Gruppo Albatros che il 25 di Novembre 2017 spararono contro i mapuche.
A giugno di quest'anno il prefetto Javier Pintos era stato arrestato e finito sotto processo, ma la Camera Federale, in linea con la versione del Ministero di Sicurezza, ordinò di annullare il procedimento contro il membro di Albatros che sparò il colpo mortale contro Rafael Nahuel, considerando che aveva agito per "legittima difesa".
La legittima difesa addotta dal Ministero di Sicurezza e dalle sue Forze Speciali serviva contro un gruppo violento della RAM che, secondo i verbali della polizia, quel giorno "aveva armi di grosso calibro che strappavano grossi rami dalla radice”. Armi che non furono mai trovate. Sono stati rinvenuti solo attrezzi (martelli, cacciavite, motoseghe, chiodi, coltelli, ecc.), pietre, pali ed un paio di vecchi fucili inutilizzabili. Gli Albatros, in 10/15 minuti, spararono circa 120 colpi con pistole 9 mm, mitra MP5 e pistole Beretta. Il Prefetto Javier Pintos sparò più di tutti.
La sparatoria lasciò due feriti e uccise Rafa. Il proiettile di 9 mm entrò nel suo gluteo, attraversò intestino, fegato, diaframma, polmoni per fermarsi infine nel torace. L'autopsia estrasse il proiettile intatto che fu sottoposto a perizia e ne fu provata l'appartenenza all’arma di Pintos.
I compagni che erano con Rafa e avevano portato via il suo corpo ormai senza vita, Fausto Jones Huala e Lautaro González, vennero arrestati.
Fu il Giudice Villanueva a dare l’ordine di irruzione nella Lof Lafken WinkulMapu, in Villa Mascardi e che ordinò anche (eludendo qualsiasi garanzia Costituzionale), con l’approvazione del Segretario della Sicurezza della Nazione, Eugenio Burzaco, di destinare personale della Polizia Investigativa a redigere un rapporto "Confidenziale" sulla situazione dopo l'assassinio di Rafael Nahuel, oltre ad intensificare il pattugliamento della Prefettura Navale sul luogo.
Lo stesso Giudice che diede il via libera alla caccia del Lonko Facundo Jones Huala e ordinò la sua estradizione in Cile. Lo stesso partecipò anche alla repressione nella Lof Cushamen, dove scomparve e fu poi trovato morto Santiago Maldonado. Bullrich, il Governatore Weretilneck, Noceti e il Giudice Villanueva sono sempre sulla stessa linea.
In realtà la giustizia rionegrina, sotto il Governo criminale ed apertamente razzista di Mauricio Macri, si è mossa abbastanza rapidamente ed ermeticamente. Fu lui a ordinare l'operazione che si concluse con la morte del giovane e, sempre lui, fu l’incaricato di indagare sulla sua morte, come se fosse un copione di Truman show.
Fa male e suscita rabbia vedere una società completamente malata, a cui non importa se un ragazzo muore poichè non influisce sulla loro vita quotidiana. “Spara in fronte a quel figlio di puttana e lasciami passare", diceva un tipo di Bariloche in coda con la sua auto, mentre la prefettura e la gendarmeria avevano messo un posto di blocco a Villa Mascardi, come racconta Pablo Curlo, un operatore turistico che depose nella causa come testimone chiave, fatto raccontato nel libro "Silenciar la muerte” ("Far tacere la morte") del giornalista Santiago Rey.
Oggi, l'APDH (Assemblea permanente per i Diritti Umani), querelante nella causa, alla lettura della sentenza ha affermato che "La sentenza è scandalosa, è in linea con la precedente, la stessa di questa sala promotrice dell’idea che i mapuche sono nemici interni. In sintonia con il discorso del Ministero di Sicurezza e, guarda caso, a quattro giorni dalle elezioni", insieme a Moira Millán, la referente Mapuche di ‘Mujeres por el Buen Vivir', hanno presentato una denuncia penale contro i vertici del Ministero di Sicurezza, guidato da Patricia Bullrich, segnalando un piano criminale contro le Comunità Mapuche.
Il ripetitivo e logoro discorso sulla violenta RAM è decaduto da tempo. Centinaia di intercettazioni telefoniche e decine di cause contro referenti mapuche sono state ignorate.
"Nell'attuale contesto latinoamericano, il chiaro atteggiamento razzista e persecutorio del governo di Mauricio Macri, del ministro e dei suoi complici, che reprimono e mentono in funzione dei loro interessi e dei loro amici, contro il popolo mapuche, l'invenzione delle cause, l'invenzione del terrorismo RAM, la morte di Santiago e l'assassinio di Rafael, fatti che rilevano l’esistenza del piano Condor II. Ma si trovano di fronte sempre l'APDH che denuncia con ogni mezzo e con la vita dei suoi attivisti, come facciamo da 44 anni contro il terrorismo di stato" ha detto Norma Ríos, vicepresidente di APDH.
L'assassinio di Rafael Nahuel ha portato l’Argentina a rendersi conto che il nemico interno è reale, ma non sono i Mapuche, né gli organismi per i Diritti umani, né i giovani che reclamano o la società in genere. Il nemico interno si è tolto la maschera ad ogni goccia di sangue versato. Quel nemico interno di cui tanto ci parlavano i media, allineati all'establishment, che sono quelli che detengono il potere politico e lo usano per dividere i cittadini.
Infatti basano il proprio potere sulla divisione, perché non importa la bandiera di partito o i volti che vediamo sugli schermi. Il nemico interno è quello che scegliamo in una pseudo-democrazia che ci soggioga, distruggendo il futuro delle generazioni future. L'America latina si sta ribellando oggi contro quel nemico, con la forza dei giovani o, come credeva Rafa, addentrandosi nella cosmovisione dei suoi antenati. Oggi, per i popoli originari come i Mapuche, gli spiriti degli antichi guerrieri incarnati nelle nuove generazioni stanno lottando per la terra e non possono più essere fermati.
Ricorderemo agli assassini di Rafael Nahuel, al Governo di Mauricio Macri, al Ministero della menzogna e della morte di Patricia Bullrich, al Giudice Villanueva e a tutti i responsabili, compreso il Prefetto Pintos, che sono degli assassini e lo scriveremo fino allo sfinimento. Gli artisti continueranno a scrivere canzoni, poesie, opere teatrali e murales in ogni via fino a quando non verrà fatta giustizia per Rafael Nahuel.
Siamo migliaia, milioni e non dimenticheremo mai i loro nomi, perché sono macchiati di sangue per l'eternità.
E da lì, nessuno può fuggire.

Foto di copertina: www.enestosdias.com

ARTICOLI CORRELATI

Per Rafael Nahuel

Rafael Nahuel: un anno di lacerante impunità

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos