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di Alejandro Díaz*
Cordoba. "La verità parziale è pur sempre una verità negata", disse Nino Di Matteo, Pubblico Ministero Antimafia Italiano.
Una frase profonda che non solo cerca la verità inerente a fatti accaduti ancora oggi avvolti nel mistero, ma, allo stesso tempo, accusa tutti coloro che per anni hanno accettato verità parziali per nascondere i patti sporchi sotto il tappeto.
Accusa coloro che parzializzano la verità e che, per opportunismo politico, si presentano agli eventi commemorativi, stracciandosi le vesti, ma tacciono al momento di intaccare i veri centri di potere, o peggio ancora, cercano egoistici profitti.
Accusa coloro che votano leggi permissive e superficiali, cercando solo di punire i reati cosiddetti illeciti penali lievi, ma evitano di aggravare le pene legate a reati economici e di corruzione, propri dei Colletti Bianchi e del parassitismo di Stato.
Accusa coloro che chiedono indulgenza per repressori ed assassini seriali, professionisti di violenza e di morte che costituiscono il braccio armato del Sistema Criminale Integrato.
Accusa coloro che ritengono la Criminalità Organizzata una semplice "associazione illecita", e non un fattore determinante del condizionamento delle società contemporanee.
La verità parziale è divenuta merce di ricatto. Un commercio fatto di omertà e sopravvivenza. Per questo motivo crediamo sia fondamentale un esame approfondito sulla struttura e le origini della Criminalità Organizzata, poiché da un'analisi errata sorgeranno situazioni che invece di offrire soluzioni, creeranno solo confusione alimentando così l'impunità.

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Il magistrato Nino Di Matteo e il direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni © Rosanna Melilli


L'Antimafia è oggi una componente strutturale della Democrazia (almeno di quella italiana), un pacchetto di leggi ed istituzioni create ad hoc per studiare e combattere la Mafia ed i suoi legami esterni. Uno strumento legale che, seppure perfettibile, permette di abbattere i muri che nascondono i segreti. Ma è anche, ancor prima, un movimento di: martiri, vittime e familiari di vittime, giornalisti e scrittori, attivisti, storici ed intellettuali, indignati ed assetati di giustizia; tutti i cittadini che per decenni, hanno lottato per la verità e contro l'impunità.
Alla fine del 1800 in Sicilia operai e contadini hanno dato vita al Movimento Fascio (da non confondere con il Fascismo di Mussolini). I Fasci adottarono un modello semplice, più che un movimento politico, era una forza collettiva. Un movimento cooperativo tra contadini, artigiani ed operai in generale. Uomini e donne che organizzati con il motto di "l'unione fa la forza", costituirono una forma di lotta e resistenza contro l'oppressione, la fame e le condizioni di schiavitù proprie dell'epoca. Sulla base della forza di questi raggruppamenti si sarebbero formati civicamente i cittadini. Impegnati a promuovere l'uno all'altro la consapevolezza, riguardo i loro diritti e i loro obblighi, cioè, dei veri principi fondamentali dello Stato. Benché con una certa ribellione, "… i Fasci siciliani non avevano caratteristiche sovversive, miravano ad alcuni obiettivi in linea con un'inclinazione di tipo riformista ed adottarono lo sciopero come principale strumento per ottenerli”. (Storia della Mafia, di Giuseppe Carlo Marino).
I Fasci adottarono come modello il Socialismo, che esprimeva, in quel tempo, la realtà dei poveri, come avrebbe fatto successivamente la Teologia della Liberazione in Brasile circa un secolo più tardi, o altre dottrine straniere che riflettono sentimenti e situazioni sociali locali. Ma, il Movimento Fascio fu un'espressione propria dell'Italia. Che contemplava dentro la sua propria lotta, la denuncia dei Metodi Mafiosi.
Inizialmente, mentre erano limitate a delle semplici organizzazioni locali, erano viste dai gruppi di potere, tra cui la Mafia, come una forma di accorpare, controllare e regolare i contadini in un contesto di rivendicazioni per le riforme agrarie, in un periodo di transizione tra il feudalesimo (ancora presente nella cultura mezzadra), e le nascenti istituzioni dello Stato. È per questo motivo che non deve sorprendere la presenza mafiosa nelle file del movimento, infiltrati ovviamente, come il caso di Don Vito Cascio Ferro. Come neanche deve sorprenderci che la Mafia cercasse di reclutare i referenti del movimento.
Bisogna considerare che lo Stato viene controllato attraverso le Istituzioni della Repubblica ed anche dall'amministrazione degli Enti, semi pubblici o privati, che assorbono le risorse e i bilanci dello Stato; sono questi i posti dove la Mafia semina il germe del parassitismo e della corruzione. Come nel caso dei Sistemi di Affitto Collettivi che intendevano distribuire più equamente le terre o le Cooperative di Contadini che miravano ad assorbirle.

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Il magistrato Giovanni Falcone insieme alla scorta a Marsella in Colombia © GettyImages


Tra i Fasci emerse Bernardino Verro il quale finì ben presto reclutato dalla Mafia. Oggi è difficile determinare le motivazioni che portarono il Fascio a fare questo patto, ma i fatti storici dimostrano un profondo impegno solidale ed antimafioso. Perseguitato e diffamato, nel 1894 “venne accusato di cospirazione per aver provocato una rivolta, di incitazione alla guerra civile, violenza e distruzione. Durante il processo, le autorità proibirono l'accesso ai principali giornali dell'isola. Verro fu dichiarato colpevole e condannato a dodici anni di prigione. La durezza della pena sorprese perfino molti conservatori. Nel 1896, tuttavia, venne inaspettatamente liberato grazie ad un'amnistia. Ciononostante, durante il decennio seguente, la sua vita si divise tra attivismo politico, la prigione, l'esilio e la persecuzione da parte delle autorità”. (Cosa Nostra, di John Dickie).
A dispetto di tutto questo, e dopo che nel 1912 fu approvato il suffragio universale maschile, nel 1914 fu eletto Sindaco di Corleone da una schiacciante maggioranza. Il 3 novembre 1915, mentre usciva dal Municipio, fu colpito da alcuni proiettili e ucciso. La condanna a morte pesava su di lui per tradimento alla Mafia. Come spiegò il direttore del sito ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni: "Malgrado appartenessi/e anche lui alla Mafia, se ne pentì e si trasformò nel suo nemico numero uno, perché difendeva i contadini e gli operai. Era contro i latifondisti ed il potere. Quando un affiliato alla Mafia si pente, diventa suo nemico e viene condannato a morte, come il caso di Gaspare [Mutolo] ed altri ancora. Quindi Verro, diciamo che è un eroe che si rese conto di cosa era la Mafia. [Un'organizzazione] (…) assassina ed amica dei ricchi, e le dichiarò guerra pagando con la sua propria vita”.
Nonostante gli eventi storici (la Prima e Seconda Guerra Mondiale principalmente) che attentarono alla memoria dei Fasci, questo movimento è fondamentale per comprendere l'evoluzione nel tempo delle lotte sociali, ed anche quanto sia complesso concretizzare in leggi ed istituzioni e le, sempre scomode, riforme culturali.
Le rivendicazioni delle terre erano una forma per combattere la concentrazione di capitali in poche mani. In particolare contro quelli che misero in atto allo scopo metodi e pratiche violente ed immorali, benché magari all’epoca di commetterli detti metodi non erano correttamente codificati dentro la legge ed erano persino legittimati da un costume popolare nato dalla violenza e la coercizione.
“Occorre spezzare il legame esistente tra il bene posseduto ed i gruppi mafiosi, intaccandone il potere economico e marcando il confine tra l'economia legale e quella illegale”. Pio La Torre, Deputato italiano per il PCI.
Pio La Torre non solo si sarebbe battuto a duello contro la Mafia, e si sarebbe opposto tenacemente contro l'istallazione di Basi Militari della NATO sul suolo italiano, come spiega Davide de Bari in antimafiaduemila.com il 30 Aprile 2018, nel 26º anniversario del suo assassinio.
La Legge Rognoni-La Torre, approvata dal Parlamento italiano il 13 Settembre del 1982, ormai dopo l'avvenuta uccisione del Deputato, stabilisce due concetti fondamentali per la lotta contro la mafia.
Il primo è l’inserimento nel codice penale del reato di associazione di tipo "mafioso"; il secondo è il sequestro dei beni appartenenti ad individui accusati di associazione mafiosa.
Solo a metà degli anni ‘90, l'Associazione Libera, rappresentata dal sacerdote don Luigi Ciotti, promosse una campagna per l’utilizzo sociale dei beni sequestrati alla Mafia. Convertita in Legge nel 1996. La riconversione di beni frutto di reati, in beni ad uso sociale, implica non solo la corretta utilizzazione delle risorse ma anche, e ancora più importante, l'avvio di cicli produttivi legali e cooperativi. Circuiti virtuosi dove i giovani in pericolo vengono riscattati dall'egoismo, per formarsi civicamente e proiettarsi solidalmente.
Ovviamente la promulgazione delle leggi è solo una tappa nel percorso antimafia. Ne seguirà un compito altrettanto arduo e complesso che sarà la presa di coscienza di quelle leggi. E la resistenza e l'opposizione a questa tappa è anche un aspetto di quella verità parziale che cerca di accettare un progresso legale, senza avanzare in un progresso culturale. Perché l'imposizione violenta e coercitiva produce inciviltà ed ignoranza. Si rende quindi fondamentale un'attiva partecipazione cittadina, educata ed informata che esiga azioni politiche concrete e mirate contro il Sistema Criminale Integrato.

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Il giornalista Saverio Lodato insieme all'ex magistrato Antonio Ingroia


Come sappiamo, nel corso della storia sono nati continuamente movimenti civici e sociali che hanno resistito contro l'evoluzione della tirannia, lottando nelle strade e nelle piazze. È grazie a loro che il nostro presente ha una storia. Ma l'antimafia abbraccia una caratteristica particolare. Quella di studiare e comprendere il complesso tessuto neurologica/o del Sistema Criminale Integrato, per attaccarlo chirurgicamente.
"Una delle principali ragioni del pericolo eccezionale che rappresentano le organizzazioni mafiose è la loro ricchezza; ma allo stesso tempo, la loro ricchezza è il loro tallone di Achille perché grandi movimenti di denaro lasciano grandi tracce: segui i soldi e troverai Cosa Nostra". (Giovanni Falcone).
Precisamente il Giudice italiano Giovanni Falcone, che è stato assassinato per ridurre al silenzio le sue investigazioni, aveva compreso Il grande gioco. I proventi dei reati sono di una tale portata che per forza devono ricorrere al Sistema Finanziario, che si assume la responsabilità (scrupolosamente), di lavare quel denaro illegale, sporco, macchiato di sangue e di morte per riversarlo nell'economia legale. Banchieri, narcos e politici corrotti sono la trilogia che compone questo Sistema. In un mondo globalizzato come l'attuale, uno non può prescindere dall’altro. Le grandi fortune del Narcotraffico non possono circolare senza il coinvolgimento dei Banchieri, e senza la connivenza e l'impunità imposta da funzionari corrotti che usurpano i Poteri dello Stato. Come spiegò il Sostituto Procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo sul sito di ANTIMAFIADuemila: “La ‘Ndrangheta cresce, si espande, punta sempre più in alto. E sceglie la via dell’alta finanza, (specialmente quella online) dei titoli dematerializzati e delle banche. Sono le nuove direttive della componente riservata che ordina di dirigere i capitali delle singole mafie sui paradisi fiscali in Svizzera, Lussemburgo, Lichtenstein, non tanto perché ne costituiscono una garanzia, quanto perché rappresentano degli snodi fondamentali senza i quali non è possibile operare in questo campo”.
“Tutto questo lasciando 'in secondo piano' gli investimenti sugli immobili, da sempre una delle assi portanti dell’impero economico delle cosche (…) Quando loro comprano immobili in Italia e all'estero sanno che sono aggredibili, prima o poi qualcuno si chiederà a chi appartengono. (…) è più difficile schermare gli investimenti immobiliari e i grandi appalti. Un rischio troppo alto…”.
“…hanno capito (le Oranizzazioni Criminali di tipo mafioso) che per controllare il potere politico non era più necessario comprare il singolo esponente di partito. Due o tre politici al soldo erano niente rispetto ad un’assemblea parlamentare, senza contare il rischio che il patto emergesse a seguito di indagini e arresti”.
“Per questo è stata individuata un’alternativa: l’acquisto di titoli di Stato (…) riuscendo oggi a raggiungere un considerevole peso negoziale. Significa (…) che se uno Stato come l'Italia emette titoli che vengono comprati dalle mafie, queste a un certo punto avranno un potere nelle mani sconfinato, perchè portando all’incasso tutto insieme quello che è stato acquistato provocano il default finanziario”.
Dall'epoca di Al Capone (anni 30, negli USA), le leggi contro i reati economici e finanziari sono uno strumento fondamentale per perseguire la Criminalità Organizzata. Ma questa, nel tempo si è perfezionata e ha conquistato posti di molto potere. Oggigiorno quelle leggi sono vecchie, non tanto per i fondamenti giuridici, bensì per le pene sproporzionate che vi sono contemplate. Organizzazioni Criminali in grado di compromettere, con manovre vili e fraudolente il futuro finanziario per generazioni, rischiando solo pene minime ed in alcuni casi solo simboliche. L’appropriazione indebita nei paesi e la devastazione economica e culturale che ne genera un genocidio silenzioso, ma alla fine un genocidio.
A questo proposito, è di vitale importanza lo studio approfondito della Criminalità Organizzata che non è solo quella dei bassi fondi, quella composta dai soldatini del narcotraffico, ma quella dei grandi flussi di capitali internazionali che condizionano i sistemi democratici dei paesi. La Mafia, ed i reati di Mafia hanno oltrepassato le frontiere italiane da decenni. È per questa ragione che i paesi ospiti della Mafia devono, per forza, introdursi nei meccanismi sociali, culturali e legali dell'antimafia.
"La battaglia contro le mafie - e la corruzione che spiana loro il campo - si può vincere se si combatte in team: cittadini e magistrati, politici ed agenti delle forze dell'ordine, educatori ed imprenditori. Le mafie sono forti in una società frammentata ed individualista. Si fortifica grazie ad uno Stato senza le risorse per garantire la scuola, il lavoro, l'assistenza sanitaria…". Don Luigi Ciotti intervistato da Pablo Ordaz - El País 12 Julio 2014.

*Membro del Movimento internazionale Our Voice

Foto di copertina: www.illavoroculturale.com

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