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ortega daniel c ansada huffingtonpost.it
Vengono considerate una sorta di terremoto politico e morale le dimissioni di Rafael Solís dalla Corte Suprema de Justicia, e un duro colpo al regime di Daniel Ortega, colpevole di aver represso le proteste che hanno avuto inizio nell'aprile dell'anno scorso. Prima di fare il giudice, Solís ha combattuto la dittatura di Somoza ed ha fondato l'esercito popolare sandinista.
Per ventun anni ha esercitato la carica di magistrato della Corte e ha a lungo militato nel Frente Sandinista de Liberación Nacional, fino a rendere nota nei giorni scorsi la sua decisione dopo aver raggiunto il Costa Rica.
Un gesto che ha rivelato l'esistenza della prima grave frattura nell'orteguismo, tanto più che l'ex magistrato apparteneva allo stretto circolo di Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo, fino al punto di essere stato testimone delle loro nozze, ed è ben al corrente dei segreti del regime che governa il Nicaragua.
Con la decisione di rompere con il potere di Ortega, considerato ormai agonizzante, Solís ha denunciato che nel suo paese è stato imposto uno stato di terrore attraverso il ricorso massiccio a formazioni para militari, il che ha generato una situazione per cui non esiste nessun diritto che sia rispettato. E in cui anche il potere giudiziale, di cui faceva parte, non gode di alcuna autonomia e indipendenza, ed è totalmente soggetto alla volontà della famiglia Ortega-Murillo, che sta tragicamente ripercorrendo la stessa strada della dittatura di Somoza.
Fallito di fatto il tavolo di conciliazione con l'opposizione per la manifesta incapacità del governo di arrivare a una mediazione, lo spaventoso bilancio del lungo scontro si chiude per il momento con 325 morti, 3000 feriti, 600 prigionieri politici e circa 60000 nicaraguensi che hanno scelto l'esilio volontario per lo più nel vicino Costa Rica.
Quella di Solís appare come l'ulteriore denuncia contro le sentenze che i tribunali nicaraguensi hanno in questi mesi emesso contro gli oppositori e una ammissione che esse erano dettate dal regime nella sua volontà di stroncare ogni protesta, rifiutando di accogliere qualsiasi richiesta dei manifestanti, a partire da quella di anticipare le elezioni presidenziali, soluzione che potrebbe mettere fine alla grave crisi.
Tale situazione ha in questi mesi determinato la paralisi politica del paese, trascinando nel baratro l'economia, a tal punto che negli ambienti economici è ormai consolidata la convinzione che una qualsiasi ripresa è comunque subordinata alla fine del regime di Ortega.
Il gesto di Rafael Solís, che ha anche messo in guardia dal pericolo di una guerra civile in Nicaragua, pare dare anche credito alle voci che vedono affermarsi nelle file dei sostenitori del regime un'atmosfera di scoramento per l'impasse in cui versa il paese.
Tanto più che anche tra i sostenitori più convinti di Daniel Ortega non deve essere stata ben accolta l'iniziale smentita durata ben quarantotto ore delle dimissioni dell'ex magistrato da parte del governo, il quale appare sempre più navigare a vista al fine di tirare a campare arroccato in difesa, circondato dalla ostilità generale, e isolato a livello internazionale.
Nella situazione nicaraguense è recentemente intervenuto anche Papa Francesco, seguito subito dopo dai gesuiti nicaraguensi, che ha fatto appello affinché il colloquio tra governo e opposizione abbia a riprendere, nella speranza che una soluzione negoziata possa essere trovata e metta freno alla deriva di violenza in cui il paese potrebbe precipitare.
Un estremo tentativo in una situazione che sempre più va deteriorandosi e che, come denuncia Solís, ha ormai messo in luce la non volontà da parte del governo di Ortega di dialogare. In un paese in cui sono in molti a possedere armi, e che solo la decisione da parte dell'opposizione di percorrere la strada del confronto civile ha fino ad ora evitato il bagno di sangue.

Tratto da: huffingtonpost.it

Foto © Ansa

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