Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

pereira alenxandredi Jean Georges Almendras
Si chiamava Alenxandre Pereira María. Perché gli hanno sparato nella sua auto?
Aveva 37 anni e il suo corpo è stato trovato senza vita all’interno di un veicolo; presentava ferite da arma da fuoco. L’automobile si trovava lungo la strada di Caramau, nella zona Ovest di Rio de Janeiro.
Secondo quanto appresso Pereira aveva reso dichiarazioni, in qualità di testimone recentemente nell’ambito delle indagini in corso per far luce sull’assassinio della consigliera, sociologa e attivista Marielle Franco e del suo autista Anderson Gómez.
Si è appresso inoltre che Alexandre Pereira María era assessore del consigliere Marcello Siciliano ed era noto nella zona per essere un leader attento alle necessità degli abitanti che riportava in seno al parlamento.
Intanto non sembrano ci siano passi avanti nelle indagini sul caso dell’attivista e consigliera uccisa, secondo noi perchè era un ostacolo per i mandanti della sua morte, era l'unico modo per impedirle di continuare con le sue denunce contro gli abusi della polizia militare.
In un primo momento le indagini sembravano essere orientate ad analizzare due fatti in concreto, subito costatati: primo, che tanto il killer che sparò contro Marielle come chi lo accompagnava nell’automobile che si avvicinò al mezzo occupato dalle vittime, erano esperti nell’uso di armi (dato in sé che fece subito supporre che al crimine avessero partecipato eventualmente agenti della Polizia Militare, ergo, personale addestrato per azioni e operazioni di un certo livello di violenza); secondo, che i proiettili utilizzati (la capsule erano sparse sulla scena dei fatti, e quindi analizzate) appartenevano ad un lotto di munizioni acquistato dalla Polizia Militare ad una ditta privata.
Con la stessa rapidità con cui erano state delineate queste due importanti linee investigative, le stesse sfumarono: le autorità hanno fatto sapere che la munizione che causò la morte a Marielle apparteneva ad un lotto rubato alla Polizia Militare e, conseguentemente, non sarebbe dimostrato che effettivamente gli autori dell’attentato, che costò la vita anche all’autista Anderson Gómez, appartenessero alle unità delle forze di sicurezza dello Stato brasiliano.
Da fonti istituzionali, dopo che questa versione prese corpo, non si è più parlato del caso Marielle Franco e, mentre le organizzazioni di Diritti Umani continuano a reclamare che il caso sia chiarito nel più breve tempo possibile (sono state definite alcune linee a seguire per giungere a degli indizi concreti), dallo Stato tutto sembra indicare che le indagini stanno ricominciando da capo.
E nell’opinione pubblica si solleva un solo interrogativo: Il governo è in grado di indagare su un doppio crimine di questa natura? Ci sarà una vera volontà istituzionale e politica (e poli-militare) mirata ad individuare dei sospettati o semmai anche deboli indizi che portino all’identificazione dei responsabili materiali e intellettuali? Il governo brasiliano sarà capace di indagare se stesso? Si porterà avanti questa indagine dentro i parametri dell’etica?
Tanti gli interrogativi, come tanti i proiettili disseminati sulla strada dove è avvenuto il codardo attentato contro la vita di una donna meravigliosa e integra, che stava smascherando gradualmente le malefatte della Polizia Militare, principalmente quelle di un battaglione impegnato nel seminare morte lungo le stradine di una delle favelas più grandi di Rio di Janeiro. Una donna senza bavaglio nella voce e nell’anima, perché difendeva i diritti degli oppressi e dei più vulnerabili, rafforzando tra le donne delle favelas un femminismo combattente e militante. Una donna libera, tenace ed energica che diceva basta ai razzisti e omofobi. Marielle Franco  aveva molto coraggio e conosceva molto bene la scuola della vita e della conoscenza, perché grazie ad una borsa di studio ottenuta con grandi sacrifici era riuscita ad andare all'università e laurearsi in sociologia.
Era una donna che aveva molti strumenti per difendersi e per difendere chi la sosteneva specialmente dentro il PSOL (Partito Socialismo Libertà), al punto di essere stata scelta Consigliere comunale, essendo una delle candidate più votate. Era nota nel contesto sociale e politico del Brasile come emblematica leader della resistenza perfettamente capace di trasformarsi in un vero sassolino nella scarpa per chi alimenta giornalmente e diffonde la corruzione dentro il suo paese. Di una donna che con la sua forza, la sua intelligenza e la sua matura conoscenza del popolo e delle sue necessità, sarebbe stata - e in verità lo fu con un’intensità indescrivibile fino all'ultimo istante della sua vita - un esempio di onestà e di persona giusta, disposta a frenare, sia come cittadina che come consigliere comunale (e nel futuro magari come parlamentare o occupando un’alta carica per guidare i destini del Brasile), il lavoro altamente corrosivo di sabotaggio della democrazia brasiliana gestito dall’ombra e dai palchi del populismo politico e mediatico, da potenti imprenditori, politici, giudici, fiscali, e militari o poliziotti, vincolati al narcotraffico in giacca e cravatta.
Mentre l'impunità sembra giocare le sue carte dall’interno delle istituzioni, come se il loro dovere non fosse quello di identificare i mandanti e gli esecutori materiali del doppio omicidio che ha commosso il Brasile ed il mondo intero, la protesta di Amnesty International è molto chiara: continuare a reclamare con forza giustizia e chiedere a gran voce che le indagini non rimangano chiuse nei cassetti dell’oblio e della malizia.  
La sua direttrice in Brasile, Jurema Werneck ha detto: "La società deve sapere chi ha ucciso Marielle e perché. Ogni giorno che passa senza che questo caso sia risolto aumneta il rischio e l'incertezza che circonda gli attivisti di Diritti umani".

franco marielle

Riassumendo: l'attivista Marielle Franco ed il suo collaboratore Anderson Gómez (che al momento dell'attentato era il suo autista), furono assassinati a colpi da arma da fuoco; successivamente fu anche ucciso, sempre a colpi da arma da fuoco l'attivista Alexandre Pereira María il quale avrebbe rilasciato dichiarazioni, come testimone, nel caso Franco-Gómez.  
Due casi scioccanti che fanno parte di uno stesso attentato, ma eseguito in momenti differenti? Cosa aveva testimoniato Pereira María per indurre a terze persone a mettere fine alla sua vita? O si è trattato di un macabro messaggio diretto ad altri eventuali testimoni nel caso di Marielle Franco? Quale comune denominatore lega queste tre morti, oltre alla volontà di zittire le vittime?  
Dopo la sua morte, Marielle Franco è stata diffamata. Diffamazioni che sembrano dimostrare l’esistenza di un complotto contro di lei che ha portato alla sua sparizione fisica per mano di sicari esperti? Chi c’è dietro tanto orrore?  
Le uniche risposte che potremo accettare sarebbero dei solidi passi avanti nelle investigazioni. Investigazioni trasparenti, per sapere la verità.  
Ma non per chiuderci gli occhi, né mettere fine all'impunità con risposte false o meramente mediatiche.  
(12 aprile 2018)

Foto di copertina: www.resumenlatinoamericano.com
Foto al centro: www.minutouno.com

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos