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strage usticadi Andrea Purgatori - Video
Per la prima volta un testimone, marinaio della portaerei Saratoga, racconta la verità di quella notte: "Abbiamo abbattuto due MIG libici"
Dopo trentasette anni, sul mistero della strage di Ustica si alza un altro velo. Per la prima volta un testimone diretto racconta di una battaglia aerea nel cielo del Tirreno, in cui due Phantom F-4 americani decollati dalla portaerei Saratoga in navigazione al largo di Napoli avrebbero abbattuto due Mig libici la stessa notte in cui esplose il DC9 Itavia con 81 persone a bordo. Il testimone si chiama Brian Sandlin (in foto di copertina) e nell'estate del 1980 faceva parte dell'equipaggio della Saratoga. Di più, secondo la sua testimonianza (questa sera su Atlantide - La7, ore 21,30), la sera del 27 giugno si trovava nella plancia di comando della nave: "Lanciammo i caccia, completamente armati. E al loro ritorno notammo che non avevano più l'armamento... il capitano Flatley (comandante della Saratoga), attraverso gli altoparlanti ci informò che, durante le nostre operazioni di volo, due MIG libici ci erano venuti incontro in assetto aggressivo e avevamo dovuto abbatterli".

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Sandlin, che è in pensione e vive in Texas, è pronto a ripetere tutto davanti ai magistrati della Procura di Roma che indagano sulla strage. Da due anni, gli investigatori stanno cercando di identificare ufficialmente proprio la portaerei di cui quella notte parlarono più volte i radaristi della difesa aerea e nel 1999 la Nato comunicò la presenza al giudice istruttore Rosario Priore, senza tuttavia indicarne la nazionalità. Nelle conversazioni che quella notte si intrecciarono tra le varie basi radar venne citata anche la presenza in volo di Phantom americani e dal Centro di controllo di Ciampino partirono varie telefonate all'ambasciata Usa di Roma per rintracciare l'addetto militare e capire se la sparizione della traccia del Dc9 fosse collegata ai movimenti dei caccia inquadrati dagli schermi radar.
Il racconto di Sandlin entra a gamba tesa nelle contraddizioni che da quel giorno avvolgono il ruolo della Saratoga. Della portaerei ancorata nella rada del porto di Napoli esistono foto scattate fino alle 18 del 27 giugno e dopo le 12 del giorno 28. Ma durante la notte dove si trovava? Secondo una prima testimonianza resa formalmente nella sede del Dipartimento di Giustizia americano dall'ammiraglio James H. Flatley III davanti al giudice Priore, la portaerei si allontanò verso un punto imprecisato del Golfo o più lontano per una "prova motori". Poi, nella seconda testimonianza resa sei mesi dopo, il comandante della Saratoga smentì se stesso sostenendo di aver letto le carte e di essere certo che la nave non si era spostata dal porto di Napoli. Cosa ne pensa Sandlin? "Che aveva ragione la prima volta: siamo partiti la sera e rientrati il giorno dopo. Le posso dire che ho avuto molti scambi con il capitano Flatley. Ho un'ottima opinione di lui. È stato un grande capitano. Lo apprezzo davvero tanto. Ma la prima volta non avrebbe detto: "Siamo usciti quella sera e poi rientrati" senza prima controllare".
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Anche sulla versione risibile secondo cui dalla Saratoga nulla si sarebbe visto di quello che accadeva praticamente sulla sua verticale mentre il DC9 esplodeva, perché i radar erano stati spenti in modo da non disturbare le trasmissioni televisive nella città di Napoli, Sandlin replica: "Mai, mai era spento. Io ho fatto carriera nella marina mercantile, sono diventato anch'io capitano; ho seguito un corso sul radar. So come funziona... Il radar non può interferire coi segnali televisivi, ma questo è molto meno rilevante rispetto al fatto che parliamo di una portaerei della marina militare americana, con 85 aerei e 5000 marinai, qualcosa che vale due miliardi di dollari. Crede veramente che nel 1980 avrebbero lasciato questo patrimonio senza una difesa adeguata?". E sul fatto che incredibilmente il Deck-log, il giornale di bordo della Saratoga sia stato interamente riscritto, Sandlin si mostra addirittura sconcertato:"È davvero scandaloso. È severamente proibito farlo perché è un documento federale. In caso di errore, durante la redazione, si cancella tracciando una linea, poi si appone una sigla e si annota la correzione. Ma riscrivere l'intero giornale è pazzesco"
Ma queste sono le contraddizioni del dopo. Sul momento, a bordo della Saratoga le cose andarono diversamente e del Dc9 nessuno seppe nulla perché molto semplicemente in quell'isola in mezzo al mare non esistevano cellulari né internet. "Abbiamo creduto al capitano sulla parola - racconta ancora Sandlin - Abbiamo creduto alla storia dei due Mig libici in assetto aggressivo che avevamo abbattuto. Eravamo militari giovani, orgogliosi di aver abbattuto due Mig: la Libia non piaceva a nessuno. Questo fu il nostro atteggiamento. Tutto l'addestramento che avevamo ricevuto doveva servire proprio a questo. Era il lavoro per cui eravamo stati preparati, dovevamo farlo e lo abbiamo fatto".
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Dei due Mig abbattuti per la verità parlò sempre anche il colonnello Gheddafi. Attribuendo proprio agli americani la responsabilità di quanto accaduto quella notte. Ma i sospetti si addensavano sulla Francia, e la pista dei Phantom rimase in secondo piano per tutti questi anni. Tuttavia, l'ipotesi che sotto il DC9 volassero due caccia non identificati (due Mig) cominciò a diventare qualcosa di più quando vennero analizzati i nastri radar, dove si vedeva chiaramente una doppia traccia. Esattamente quella doppia traccia su cui hanno lavorato in questi ultimi anni il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il sostituto Erminio Amelio, arrivando fino all'ultimo miglio però. Senza riuscire a dare corpo allo scenario di guerra aerea nel quale entrano a pieno titolo i caccia francesi che il radar di Poggio Ballone vede decollare e puntare verso il Basso Tirreno e i caccia senza segnale identificativo che vedono i radaristi di Ciampino e attribuiscono a una portaerei americana in navigazione, perché le loro tracce appaiono e scompaiono in mare. Come accade appunto quando c'è una portaerei operativa.
Perché Sandlin non ha parlato fino ad oggi? "Avevo paura. Paura che qualcuno mi trovasse morto da qualche parte per overdose, o in un incidente d'auto o buttato giù da un dirupo. Sapevo che mi avrebbero ucciso se avessi parlato. Per questo avevo paura. E gli altri avranno fatto altrettanto per lo stesso motivo. Per paura di essere zittiti, per continuare a vivere tranquilli, perché il governo non sconvolgesse le loro vite...". Ora invece ha deciso di aprire bocca e si augura che anche chi era con lui sul ponte quella sera lo faccia perché "lo sapevano tutti. Era evidente, tutti l'avevano visto. Non era qualcosa che si potesse nascondere a 5000 uomini sulla nave, non è possibile mantenere un segreto del genere, a meno che non si voglia raccontare la verità. Noi avevamo visto che sotto le ali dei due F-4 non c'erano più armi. Quindi dovevano spiegarci per forza qualcosa. Quando il capitano Flatley ci raccontò dei due MIG abbattuti, prendemmo quell'informazione come la verità, chi poteva saperlo meglio di lui?". Già, chi?

Tratto da: huffingtonpost.it

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