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pistola fiume figueredodi Jorge Figueredo
A pochi giorni dalla commemorazione di Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, uccisi in Paraguay dalla narco-mafia il 16 ottobre del 2014, il miglior modo di rendere loro omaggio è continuare a lavorare per un risveglio della coscienza cittadina, affinché si sappia cosa significa la mafia, la sua incidenza nella politica, nell’economia, nella legalità e persino nella cultura del nostro paese.
Per conoscere le origini del fenomeno mafioso o del concetto di mafia dobbiamo ricorrere allo storico Giuseppe Carlo Marino, che nel suo libro “Storia della mafia” sostiene che “la mafia è, in senso proprio, un originario fenomeno siciliano la cui esportazione in altre parti del mondo si deve soprattutto, come è particolarmente evidente nelle Americhe e in ispecie negli Stati Uniti, alle correnti emigratorie siciliane e agli sviluppi specifici delle loro colonie nelle diverse realtà sociali dei paesi di nuovo insediamento. Le altre mafie proliferate in varie regioni spesso assai distanti tra loro (quelle ravvicinate costituite dalla ‘ndrangheta calabrese e dalla camorra napoletana e, un po’ più lontano, la classica marsigliese e, adesso, la turca, la colombiana, la giapponese, la russa) sono fenomeni di fondamentale e quasi esclusiva natura criminale di cui si possono rilevare – appunto soltanto in relazione a certi comuni aspetti dell’organizzazione e dell’esercizio di attività criminale – le affinità con la mafia siciliana”.
“La mafia siciliana, per la complessità dei processi culturali che l’hanno generata e alimentata nel tempo e per i caratteri specifici della sua lunga vicenda storica, non è e non è mai stata circoscrivibile entro la semplificante dimensione di un fenomeno criminale”.
“È ovvio che si tratta di una criminalità assai speciale la cui funzione, in vari tempi e occasioni, è stata quella di rendere un apprezzato servizio al potere politico”.
“Questo fenomeno di indubbia natura criminale è stato utilizzato dalla politica per spregiudicate strategie di potere, talvolta concepite e giustificate con il rinvio a superiori esigenze di interesse generale. Ci si trova di fronte, infatti, ad un caratteristico universo di eventi e di misteri, di soggetti criminali e non criminali, di aggregati sociali specifici (le cosche) e di aggregati paralleli (la massoneria), di idee, pregiudizi e postulati ideologici tradizionalisti di vario genere che, tutti insieme compongono, per usare un classico modulo definitorio di Antonio Gramsci, il sistema di un’egemonia. Si tratta di vedere come una siffatta egemonia si è formata e con quali conseguenze per la società e per la politica, non solo nel ristretto ambito siciliano, ma nel più vasto contesto nazionale e internazionale che ha avuto rapporti con le vicende della realtà siciliana”.
“Ci si trova, in altri termini, dinanzi a un fenomeno assai complesso che è parte integrante di un sistema di potere. Ed assume un rilievo centrale l’esigenza di capire come un sistema del genere si sia formato e riprodotto nella storia”.
La mafia, infiltrata nel sistema di potere, si è diffusa in tutto il mondo e anche in Uruguay, adottando delle caratteristiche comuni alle sue origini, come appunto la relazione con la politica, prefissandosi degli obiettivi nel campo degli appalti – attraverso la corruzione – riscuotendo tangenti, favorendo aziende amiche. Ma l’obiettivo generale più ambizioso è quello di gestire gli appalti. La mafia paraguaiana, così come Cosa Nostra, controlla gli aspetti essenziali della vita politica ed economica del territorio, perché condiziona gli imprenditori, i politici, i funzionari pubblici ed i professionisti autonomi. Questo aspetto contribuisce a rafforzare il dominio nel territorio, consolida il consenso sociale, rende più forti le diverse famiglie nel territorio, nella società e nell’ambiente politico ed amministrativo.
“Il controllo sugli appalti è una delle modalità più significative della cosiddetta signoria territoriale, un dominio totalitario che costituisce una caratteristica storica della mafia siciliana”, dice Giuseppe Carlo Marino.
In Paraguay si è istituzionalizzata la corruzione, sta diventando pericolosamente normale, così come l’estorsione, il traffico di influenze, le minacce di morte a coloro che denunciano i politici e i funzionari corrotti che si sono arricchiti illegalmente, la criminalizzazione degli attivisti sociali che lottano contro la mafia.
Il potere esecutivo ed i settori dominanti del potere legislativo cercano di sottomettere il potere giudiziario come fosse una semplice dipendenza amministrativa, al fine di tutelare i loro affari illeciti, cercare impunità per i reati commessi o, nel peggiore dei casi, legalizzare le arbitrarietà e l’abuso di potere.
Purtroppo la mafia non si è solo infiltrata dentro lo stato paraguaiano, ma i settori corrotti delle sue istituzioni lavorano in connivenza con il crimine organizzato. Invece di servire il bene comune, arricchiscono i loro conti bancari, e raggiungono i loro propositi di controllo dei partiti politici, organizzazioni sindacali, civili e religiose, oltre all’economia, promuovendo una cultura dell’illegalità, del conformismo, della passività.
La cosa più grave in questo momento è la “legalizzazione dell’illegalità” attraverso l’approvazione di leggi notoriamente incostituzionali durante il governo di Horacio Cartes, che ha adottato delle misure esecutive simili al governo italiano di Berlusconi, concentrando nella sua persona il potere economico, politico e mediatico, e diventando un dittatore moderno, molto diverso da quello tradizionale.
Il Governo è una sorta di dittatura perfetta, dove i sudditi (popolo) nemmeno si rendono conto di vivere sottomessi alla volontà di un unico personaggio, come schiavi moderni della dittatura mafiosa che è quella che veramente sostiene Cartes.
Per questo motivo oggi il miglior modo di perpetuare l’esempio dei martiri paraguaiani uccisi dalla mafia, come Santiago Leguizamón, il Generale Rosa Rodriguez, Salvador Medina, Pablo Medina e molti altri è cominciare a dibattere, conversare, diffondere la storia della mafia a livello mondiale, regionale e nazionale, conoscere le metodologie criminali, le loro caratteristiche e proporre anche i modi per combatterla fino alla completa scomparsa, perché, come ebbe a dire il giudice Giovanni Flacone: “La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.
Dipende però da ognuno di noi essere cittadini attivi, critici, militanti contro la mafia per accelerare il suo annientamento.

Foto di Copertina: www.online911noticias.com

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