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terra dei fuochi medico 600di Giuseppe Del Bello
Analizzati i referti, le schede di dimissioni ospedaliere e i certificati di morte di un milione e 200mila abitanti della Campania per il quinquennio 2008-2012. La situazione che ne emerge è sovrapponibile a quella dell’intero territorio nazionale

ANNI di incertezze. Tra bambini morti di tumore, rifiuti tossici, mamme che chiamano in causa lo Stato. E da lui vogliono giustizia. E una terra martoriata da incuria, abbandono e degrado. Un’area di 1.474 chilometri quadrati – di cui 832 in provincia di Napoli e 641 in provincia di Caserta – e 90 comuni, conosciuta ormai come Terra dei Fuochi. Ancora oggi si registra una forte contrapposizione tra i soggetti che a vario titolo (non sempre sostenibile) dicono la loro. E così, da una parte ci sono le ragioni (non tutte scientificamente documentabili, seppur da non sottovalutare come probabili) di coloro che attribuiscono decessi e incidenza all’inquinamento ambientale, dall’altra quelle degli scettici sulla correlazione morti-inquinamento che, però, si basano su documenti.

Il primo Registro tumori infantili della Campania. Stavolta – ed è la prima – sono dati certificati, riassunti dopo cinque anni di lavoro, nelle 20 pagine della relazione del primo Registro tumori infantili della Campania, presentato dal responsabile Francesco Vetrano insieme al tutor ed epidemiologo Mario Fusco e gli operatori Maria Passaro, Patrizia Piga, Fabio Savoia e Marcella Sessa. Cosa dice il documento? Taglia la testa al toro. E nei risultati conclude: i bimbi e i ragazzi della Campania, ma anche quelli residenti nella Terra dei Fuochi, si ammalano e muoiono di tumore come tutti gli altri coetanei d’Italia.

I numeri. Lo studio ha suddiviso la popolazione in due fasce - dalla nascita a 14 anni e tra 15 e 19. La situazione che ne emerge è sovrapponibile a quella dell’intero territorio nazionale (con differenze minime in più o in meno che i tecnici ritengono ininfluenti). Sotto la lente d’ingrandimento, negli anni che vanno dal 2008 al 2012, ci sono referti, schede di dimissioni ospedaliere e certificati di morte di un milione e 200mila abitanti della Campania, l’11 per cento della popolazione infantile italiana. Ma vediamo i numeri, partendo dall’incidenza. In totale, le diagnosi di tumore maligno registrate nel quinquennio esaminato sono state 1.324, di cui 786 nei bambini e 538 negli adolescenti. E qui, rispetto alla media nazionale, il risultato è stato inferiore dell’1 per cento (anche questo non significativo). La prima differenza che salta agli occhi è il tipo di tumore: nei bambini (0-14), al primo posto figurano le leucemie seguite dai linfomi, mentre nei ragazzi fino a 19 anni troviamo al top della classifica il cancro della tiroide. Nella sezione dei giovani, a Napoli sono stati registrati 288 tumori maligni, a Salerno 102, a Caserta 86, ad Avellino 37 e a Benevento 25. Spicca – e lo sottolineano gli esperti – l’incremento di neoplasie tiroidee (111 casi in 5 anni), tecnicamente definito “eccesso di incremento statisticamente significativo”.

Non emergono differenze sostanziali. Ma c’è una provincia in cui i ragazzi si ammalano di più di questo carcinoma? La risposta del Registro è chiara: “Un approfondimento già avviato ha evidenziato che non si rilevano differenze significative nella distribuzione territoriale (cinque province e Terra dei Fuochi) nella incidenza di questi tumori”. L’altra sezione, altrettanto importante, è quella della mortalità, in linea (in alcuni casi inferiore) con la media nazionale: 206 decessi tra 2008 e 2012, di cui 129 nella fascia fino a 14 anni (2,7 per 100mila abitanti per anno) e 77 dai 15 ai 19 anni (4,2 per 100mila per anno). “Finalmente abbiamo uno strumento di sorveglianza e analisi fondato su criteri rigorosamente scientifici – si sfoga Fusco – e solo su queste basi si deve tenere il confronto. Perché basta, non è più tollerabile che chiunque si alzi e sbandieri numeri e dati autoreferenziali come purtroppo è spesso accaduto finora”.

L’appello dei pediatri per la tutela della salute dei bambini. La Terra dei Fuochi, capofila locale di un fenomeno che riguarda anche il territorio nazionale, pone al centro del dibattito il problema dell’inquinamento. Che, al di là di ogni contrapposizione esiste. E va affrontato. È recente l’appello sottoscritto dalla Federazione italiana medici pediatri (Fimp), presieduta da Giampietro Chiamenti, indirizzato al G7 per promuovere azioni concrete attraverso il rapporto elaborato dalla stessa società scientifica “Ambiente e salute infantile: dalla consapevolezza del rischio alle strategie per limitare i danni e costruire la salute futura dei bambini italiani”.

Lo studio Sentieri. Nel documento Fimp, nonostante oggi ci siano i numeri reali scaturiti dal Registro tumori sull’incidenza oncologica (validati e accreditati dall’Airtum), si continua a far riferimento allo Studio Sentieri che, invece, ha utilizzato dati riferiti esclusivamente a ricoveri ospedalieri e mortalità, e in cui l’incidenza riguardava solo 17 Comuni della Terra dei Fuochi. Dà la sua versione Vitalia Murgia, tra gli estensori del rapporto Fimp: “Abbiamo dato rilievo ai dati dello studio Sentieri perché sono il frutto di un lavoro interdisciplinare, istituzionale, pubblicato e costantemente aggiornato. È stato utilizzato un protocollo di indagine standardizzato e consolidato (riconosciuto anche in ambito internazionale), con un approccio che valuta i molteplici esiti sulla salute. Tra l’altro, parte non solo dal puro dato della mortalità ma anche da altre informazioni (ricoveri ospedalieri e incidenza neoplastica), per fornire un quadro completo dell’impatto sanitario dei siti contaminati sull’infanzia”. Ci riflette Murgia, poi ammette: “Sono stati presi in considerazione solo i siti per i quali sono disponibili i Registri tumori, che ad oggi non sono ancora uniformemente presenti su tutto il territorio nazionale. Comunque siamo disponibili a confrontare i dati Sentieri con quelli di altre indagini pubblicate che abbiano seguito metodi di raccolta e analisi altrettanto rigorosi”.

La proposta per monitorare l’inquinamento indoor. Senza entrare nel merito della querelle, ma solo sul piano generale, dice la sua lo stesso presidente Chiamenti: “Vanno bene i Registri. E certo finora per valutare o negare, cioè per mettere in correlazione incidenza e inquinamento, non era mai stata condotta un’analisi sistematica. Per questo, ho chiesto di fare anche un registro dati di segnalazione da parte dei pediatri, per mettere in sinergia ospedale e territorio. Perché la diagnosi parte dal territorio e ritorna comunque sul territorio”. Un cenno, fondamentale, anche sull’inquinamento indoor, partendo proprio dalla scuola: “Bisognerebbe che a campione gli istituti scolastici vengano posti sotto costante monitoraggio. Gli strumenti ci sono ma non vengono applicati. L’associazione Anter, con cui abbiamo presentato il documento, vorrebbe munire alcune scuole di apparecchiature per rilevare l’inquinamento indoor. È un progetto, però, non ancora partito”.

La posizione dell’Aiom. Ad approvare e ritenere validi i risultati del primo Registro infantile della Campania è anche Saverio Cinieri, direttore di Oncologia dell’Ospedale Berrino di Brindisi (anche questa area martoriata dall’inquinamento industriale) e tesoriere dell’Aiom (Associazione italiana di Oncologia medica). Premette: “Rappresenta il primo rigoroso punto di partenza scientifico per contribuire a indagare e comprendere meglio possibili rapporti tra i tumori infantili e fattori di pressione ambientale”. E ne spiega il motivo: “Perché guardi, per ottenere dati finali attendibili è necessario partire da numeri di base certi. E la foto del registro tumori in un determinato anno va paragonata a quella che ritrae la situazione degli anni successivi. Le nostre 'impressioni' sono influenzate dall’effetto momentaneo. Mi spiego con un esempio. Se io noto un incremento di neoplasie della mammella nelle trentenni, sarò propenso a pensare che è in aumento l’incidenza di questo tumore in quel territorio. E questa potrebbe essere invece una percezione sbagliata. Semplicemente perché il centro di riferimento analizzato è quello a cui si rivolgono le giovani donne da tutta la regione. E così, la percezione dell’incidenza è solo una variabile soggettiva. Mentre solo con gli anni potrò confermare se quell’incremento è reale o meno”.

terra dei fuochi incendioL'aumento dell'incidenza in tutta Europa. Eppure i dati riferiti a patologia oncologica mostrano un aumento dei tumori infantili in tutta Europa, Italia compresa: è possibile individuare specifici fattori di rischio? “Sì. Per esempio l’obesità infantile che, dicono i rapporti di Osservatorio obesità, è in notevole crescita. Ed è un fattore correggibile – risponde l’oncologo – “Le regioni più colpite da questa piaga sono Puglia, Molise, Abruzzo e Campania. Poi c’è la scarsa attività fisica che si trasforma in un aumento di rischio cancro anche da adulti. E ancora. Tra gli adolescenti, soprattutto ragazze, si registra un incremento di consumo alcol. E sottolineo la fascia femminile, perché le donne hanno minore capacità di metabolizzare e corrono più pericolo. Per non parlare del fumo, con un trend in salita, sempre tra le più giovani”. Ma Cinieri non sottovaluta, e lo chiarisce, che l’incidenza aumentata è conseguenza anche di altre contingenze: “Oggi si fanno più diagnosi rispetto al passato perché la tecnologia mette a nostra disposizione un’enorme quantità di strumenti diagnostici. Certo, non è possibile negare il contributo negativo dei fattori ambientali e dell’inquinamento delle falde acquifere. Il problema c’è, ma non è quantificabile. Soprattutto al sud, con la malavita che compra i rifiuti e li scarica abusivamente. Al contrario del nord Europa dove i rifiuti, con gli inceneritori, vengono trasformati in energia pulita”. Un’ultima riflessione, Cinieri la dedica allo scarso controllo degli alimenti dedicati all’infanzia (dalla qualità delle materie prime alla fonte, fino alla catena di lavorazione, conservazione e distribuzione dei prodotti): “Sarebbe necessario, per esempio, verificare se e quanti antibiotici e ormoni contengono gli omogeneizzati destinati ai bimbi. Ma anche dopo, in epoca scolastica, i genitori farebbero bene a limitare nella dieta dei figli i prodotti industriali. Ma qui entra in gioco l’educazione alimentare”.

L’associazione Medici per il territorio incolpa i rifiuti tossici. Tra le associazioni che in Campania mettono sotto accusa in primis i rifiuti tossici, c’è l’associazione Medici per l’Ambiente, che afferisce a quella internazionale Isde, Society of Doctors for the Environment. Osserva il responsabile Giuseppe Comella che è stato anche direttore di Oncologia medica A del Pascale di Napoli: “Il Registro tumori ha avuto approvazione dell’Artium, e questo dà certezza di un lavoro ben fatto. Lo studio Sentieri fu voluto da Bertolaso – ricorda lo specialista – quando era capo della Protezione civile. E fu un boomerang, perché si scoprì che c’era aumento di incidenza e non di mortalità che, invece, arriva dall’Istat. Poi gli aggiornamenti confermarono i dati. Adesso il Registro ci svela che siamo in linea con altri territori d’Italia? Bene, nulla da contestare. Ma la domanda è un’altra, vorremmo sapere come mai 15 anni fa in Campania la mortalità era minore di quella delle altre regioni del nord e oggi invece si muore nella stessa misura. Certo, era una media regionale che indicava dati più bassi nelle province, mentre risultavano già in linea con quelli nazionali in città come Napoli e Caserta. Mi rendo conto che è impossibile stabilire un nesso di causalità tra inquinamento e mortalità, ma l’inquinamento delle falde acquifere è un fatto incontrovertibile. In conclusione, bisognerebbe fare studi di biomonitoraggio in determinate zone per individuare se e quali sono le fonti di inquinamento: suoli, aria e acqua. Una volta certificata la loro presenza, si passa a cercarli nelle persone. Ma attenzione, qui si sta verificando un fenomeno pericoloso con alcuni che sono negazionisti per definizione e altri che cavalcano l’ondata del rischio. E invece c’è una sola cosa da capire: perché la mortalità che era più bassa rispetto al nord, negli ultimi 15 anni è aumentata, tenendo presente che storicamente il maggior inquinamento era nella pianura Padana e non al sud”.

Il pensiero del coordinatore del Registro oncologico. Replica per ultimo Fusco, il tutor del Registro che non è piaciuto a tutti. Esordisce, ancora una volta – e non è la prima che lo fa – chiedendo a chi contesta che “senso abbia, da un punto di vista epidemiologico, definire a rischio ambientale un’area geografica composta da 90 Comuni e da circa tre milioni di abitanti di cui 720mila sono bambini e adolescenti”. Ed è lui stesso a chiarire che questo è “il modo classico, il migliore, per non entrare nello specifico dei problemi. In una così ampia area di territorio e popolazione si potranno fornire solo indicazioni generiche sulla prevenzione e sulla protezione della salute dei nostri bambini. E saranno anche utili, ma non potranno mai soddisfare gli interrogativi che gli abitanti si pongono”.

Appunto, perplessità e nodi da sciogliere. Un diritto per le popolazioni di quelle zone è poter contare su uno studio finalmente attendibile sul rapporto tra cancro e ambiente. “Per fortuna i tumori infantili sono rari – riflette Fusco – ma la dimensione numerica richiede comunque modelli di analisi e criteri di interpretazione diversi rispetto alla corrente analisi epidemiologica, modelli e criteri propri degli eventi rari. In più la ricerca di possibili cluster di patologia, anche oncologica, che possono verificarsi in particolari aree geografiche richiede un’analisi dei fenomeni non per macroaree geografiche, bensì per microaree, riferite ad ambiti sub-comunali”. E che la strada intrapresa sia quella giusta lo conferma l’epidemiologo che, in prospettiva dell’intera rete di registrazione oncologica della Campania (non solo quella infantile), sta elaborando un modello di studio preciso: “E' il Gis (Geographic information system), in grado di mettere tra loro in correlazione dati sia ambientali che sanitari. Il fulcro del sistema si basa sulla “georeferenziazione” (dato informativo specificamente attribuibile a una determinata area geografica, ndr) non solo dei casi di tumore, ma della intera popolazione di riferimento fino ad un dettaglio di particelle censuali. È questa la migliore strada percorribile per dare risposte 'puntuali' e non generiche alle domande delle centinaia di migliaia di persone che subiscono criticità ambientali”.

Tratto da: repubblica.it

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