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traffico organi kosovodi Stefano Giantin
Nominato il procuratore capo, presto operativo il Tribunale speciale: dalla droga ai sequestri, accuse pesanti per ex capi dell’Uck

BELGRADO. Vendette contro civili serbi, rom e albanesi ritenuti collaborazionisti del regime di Milosevic. Traffico di droga ed esseri umani, sequestri e omicidi. E traffico di organi, che sarebbero stati espiantati a sfortunate e sfortunati caduti nelle mani di uomini direttamente controllati dall’Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck).

Sono questi alcuni dei pesantissimi capi d’imputazione che finiranno presto sul tavolo del Tribunale speciale per il Kosovo, Corte internazionale istituita a gennaio e sempre più prossima a diventare operativa. Il fatto che si stia avvicinando l’ora di un “redde rationem” molto temuto a Pristina ha trovato conferma nei giorni scorsi nella nomina di David Schwendiman a procuratore capo del Tribunale.

Sarà lui, avvocato americano con esperienze di procuratore in Bosnia e Afghanistan, a indossare le vesti dell’inquisitore. Schwendiman dal 2015 ha ricoperto la carica di numero uno del team investigativo fondato dall’Unione europea per preparare il terreno ai lavori del Tribunale e ora è stato designato da Bruxelles per ricoprire una delle cariche più importanti della futura Corte: un passo formale che accelera, e di molto, l’inizio ufficiale dei lavori del Tribunale, assieme all’istituzione dell’Ufficio del Procuratore Speciale.

Schwendiman ha fatto subito capire di non voler fare sconti a nessuno. «Nessuna paura e nessun favoritismo», ha dichiarato durante la sua prima conferenza stampa all’Aja, facendo intendere che a Pristina tanti ex Uck che ora ricoprono ruoli di potere nello Stato indipendente dal 2008 potrebbero non dormire sonni tranquilli.

Il procuratore ha ammesso di rendersi conto del «grado di delicatezza politica» delle inchieste a lui affidate, ma dall’altra parte ha assicurato che, a più di 16 anni dalla fine del conflitto in Kosovo, tutti gli indizi, le prove e le accuse di crimini compiuti tra il 1998 e il 2000 saranno scrupolosamente vagliati. «Prenderò decisioni solo sulla base degli elementi che abbiamo raccolto e che continueremo a raccogliere e sulla base di quanto prescrive la legge, senza lasciarmi condizionare dalle possibili ricadute politiche e diplomatiche», ha aggiunto.

Nessuna parola, invece, sui futuri imputati. «Avrete i nomi quando qualcuno verrà» ufficialmente «accusato» e quando l’atto d’imputazione «sarà reso pubblico», ha chiosato Schwendiman. Questo avverrà, secondo quanto confermato da Fidelma Donlon, segretario generale del Tribunale speciale del Kosovo, a inizio 2017, quando la Corte – con procuratori e giudici internazionali, sede all’Aja, ma che opererà in base alle leggi del Kosovo - sarà funzionante a tutti gli effetti.

La Corte stessa - da qui la delicatezza del ruolo di Schwendiman – sarà chiamata a decidere anche sulle accuse relative al presunto traffico d’organi di prigionieri dell’Uck, in gran parte serbi, lanciate per la prima volta nel 2008 dall’ex procuratore capo del Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia (Tpi), Carla del Ponte. Accuse che erano state ulteriormente corroborate, a fine 2010, da un rapporto del deputato svizzero Dick Marty, fatto proprio dal Consiglio d’Europa. Nel rapporto Marty aveva messo nero su bianco che alte sfere dell’Uck avrebbero giocato un ruolo chiave nel rapire, subito dopo la fine delle ostilità in Kosovo, serbi, rom e albanesi “infedeli”.

Alle vittime, trasferite poi in cliniche di fortuna in territorio albanese, sarebbero stati prelevati organi, da rivendere poi a caro prezzo sul mercato nero internazionale. Non solo. Marty avrebbe trovato prove del coinvolgimento di membri dell’Uck anche in sequestri, torture, omicidi, traffico di armi e droga.

Sarà proprio il rapporto Marty la “bibbia” sulla quale il Tribunale speciale baserà il suo lavoro. Tutte imputazioni «senza fondamento», ha sempre ribattuto la classe dirigente di Pristina, in testa Hashim Thaci, citatissimo nel rapporto Marty, oggi presidente del Kosovo, al tempo dei

fatti al vaglio della Corte numero uno dell’Uck con il nome di battaglia di “Gjarpëri”, Serpente. Uno dei tanti ex Uck, oggi rispettati politici in Kosovo, che aspettano forse con ansia mista a timore la prima udienza della Corte speciale.

Tratto da: ilpiccolo.gelocal.it

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