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regeni cairo ambasciata c infophotoAppena lanciata, la petizione con la richiesta ha già raccolto migliaia di firme
di Brahim Maarad
«Caso Regeni: l’ambasciatore italiano non deve tornare in Egitto». Questa è la petizione lanciata ieri su Change.org e che sta raccogliendo già migliaia di firme.

E’ stata proposta dal senatore Luigi Manconi, presidente di A buono Diritto, dal presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi, e da Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. In testa alla lista dei firmatari ci sono i nomi dei genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni e dell’avvocato della famiglia, Alessandra Ballerini. Una petizione quindi ufficiale con un messaggio chiaro, quello di non riallacciare i rapporti diplomatici con l’Egitto di al Sisi che ha stroncato la vita del ricercatore italiano e che continua a calpestare ogni forma di diritto e reprimere con la forza ogni dissenso.

«Tra pochi giorni, il 3 settembre, saranno trascorsi sette mesi dalla tragica morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ventottenne rapito, torturato e ucciso al Cairo. In un'intervista rilasciata a Riccardo Iacona (Presa diretta, lunedì 29 agosto) la madre, Paola Regeni, ha affermato: "È importante che il nuovo ambasciatore Cantini non scenda al Cairo: non dobbiamo dare questa immagine distensiva"», si legge nel testo dell’iniziativa indirizzata al presidente del Consiglio Matteo Renzi. «Condividiamo la sua preoccupazione. Il ritorno in Egitto del nostro ambasciatore, infatti, sarebbe inteso dalle autorità egiziane come un segnale della volontà di ristabilire normali rapporti politico-diplomatici tra i due Paesi. Riteniamo che ciò sarebbe assai inopportuno, tanto più alla vigilia dell'incontro tra gli investigatori italiani e quelli egiziani, previsto per l'8 e 9 settembre».

Lo scorso 8 aprile, dopo il fallimento dell’incontro a Roma tra i pm italiani e quelli egiziani, il governo ha richiamato per consultazioni l’ambasciatore Maurizio Massari, il primo a identificare ufficialmente il corpo di Giulio. Successivamente Massari è stato destinato a un altro incarico e sostituito da Giampaolo Cantini che però non ha ancora preso ufficialmente servizio nella sede del Cairo. I firmatari della petizione vorrebbero quindi che la situazione resti inalterata per non dare nessun segnale di distensione tra i due Paesi. Anzi, vorrebbero che il richiamo dell'ambasciatore venisse inteso come premessa di altre iniziative di pressione democratica nei confronti del regime egiziano che finora non ha collaborato in alcun modo alle indagini per la verità sul caso. Nel frattempo dal Cairo non arrivano buone notizie nell’ambito della tutela dei diritti umani.

La morsa del generale al Sisi continua a farsi sentire. Ne sono un emblematico esempio i 130 giorni di detenzione di Ahmed Abdallah, presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà e consulente legale della famiglia Regeni. E’ stata aggiornata a domani l’udienza per la sua possibile scarcerazione.

Abdallah è stato arrestato, insieme ad altre centinaia di persone in tutto il Paese, il 25 aprile scorso durante alcune manifestazioni contro la decisione del presidente di cedere all’Arabia Saudita due isole egiziane. La stessa decisione è stata poi annullata il 21 giugno dal Consiglio di Stato ma chi ha protestato continua a essere ingiustamente detenuto in carcere. L’ennesimo Giulio Regeni egiziano è stato invece ucciso dalla polizia solo due giorni fa. Si chiamava Ahmed Medhat, studente di medicina. E’ stato arrestato lunedì scorso con l’accusa di aver partecipato a delle proteste contro il governo. Quando però i familiari si sono presentati al commissariato di polizia di Nasr City sono stati inviati direttamente all’obitorio. Secondo la versione fornita dalla polizia, il ragazzo sarebbe morto nel tentativo di una fuga da un locale di prostitute. Sarebbe saltato dal secondo piano. Il rapporto dell’ospedale parla invece di traumi cranici dovuti a ripetute percosse. Il procuratore generale ha invitato i genitori a occuparsi di seppellire il figlio, invece di rendere pubblico il suo scandalo.

Tratto da:espresso.repubblica.it

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