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deforestazione polmonidi Nicola Tranfaglia
Tra il 2000 e il 2010, nel primo decennio del ventunesimo secolo, secondo la Food and Agriculture Organization (nota con l'acronimo Fao), la deforestazione definita come conversione di foreste per usi non forestali ma per cause legate ai bisogni degli uomini ha proseguito con con un ritmo di circa 12,9 milioni di ettari ogni anno. Una delle principali cause determinanti del fenomeno sono le attività illegali che, sempre secondo la FAO, provocano più del 50 per cento della deforestazione nelle foreste del Sud del mondo. Lo stesso dato è completato e confermato da uno studio più recente di Interpol e UNEP, secondo il quale le attività illegali nel settore foresta-legno sono pari a circa il 30% del totale dei tagli forestali, contribuendo con una percentuale compresa fra il 50% e il 90% alla deforestazione in alcune zone tropicali come Africa centrale, Amazzonia e Sud-Est asiatico.
Il taglio illegale è, in termini di fatturato economico, secondo soltanto al commercio di droga. Si parla di un valore commerciale che va dai 30 ai 100 miliardi di dollari (UNEP, Interpol, 2012) :un commercio spesso difficilmente individuabile anche a causa della natura stessa del legno che non è (al contrario, per esempio, della droga e del commercio delle armi) illegale di per sè. Il fenomeno si manifesta con particolare intensità in quei Paesi che hanno sistemi di governance e di quadro istituzionale deboli con alti livelli di corruzione e sistemi che hanno sanzioni inefficaci.
Ha importanti ripercussioni ambientali (deforestazione, inquinamento delle acque, diffusione di patologie, cambiamento climatico e perdita di biodiversità dovuta alla distruzione di habitat) ma provoca anche forti conseguenze sociali (con conflitti per le risorse naturali, sottrazione delle stesse comunità indigene, violazioni di diritti umani, corruzione) ed economiche (evasione fiscale, riciclaggio di denaro e mancato rispetto delle regole del mercato del lavoro).
Questa situazione concorre a far sì che tonnellate di legname siano importate in Europa illegalmente senza tracciabilità. Infatti, secondo una ricerca commissionata dal Parlamento europeo, almeno il 20 per cento delle importazioni europee di prodotti di origine forestale (tutti i derivati da legno e da carta) ha un'origine illegale, provenendo da processi come deforestazione, illeciti amministrativi, frode doganale, corruzione e altri crimini ambientali e finanziari.
L'affare del legno illegale per quanto riguarda il nostro Paese ha un fatturato di circa due miliardi di euro.
Le attività illecite nel settore foresta-legno interessano anche ambiti meno classici come quello della bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Come è emerso nell'ambito dell'operazione Legno pulito condotto dalla Guardia di Finanza di Fiuggi nel febbraio del 2014 laddove i titolari di un'azienda operativa nel settore della produzione e commercializzazione all'ingrosso di strutture in legno al fine di sottrarre i beni al fisco stavano "travasando" illecitamente i beni aziendali verso una nuova società costituita all'estero e attiva nello stesso settore. Il più grande fiume del paese, il Po, è oggetto dell'attenzione e manca una grande forza di polizia ambientale che sia in grado di effettuare un'adeguata azione di contrasto ai molteplici tentativi di realizzare anche sul Po le imprese di cui sono capaci le imprese mafiose criminali di cui siamo ricchi.

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