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Decine di migliaia le vittime del disastro nucleare più grave della storia. Oggi oltre 5 milioni di persone abitano nelle zone contaminate. La denuncia di Greenpeace: ritardo nella costruzione del nuovo sarcofago che dovrebbe racchiudere il reattore 4

Stime esatte non esistono: i morti di Chernobyl si dividono tra i 9mila secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ai 115mila dei rapporti bielorussi. Numeri che a trent'anni dall'esplosione del reattore 4 della centrale nei pressi di Pipyat, in Ucraina (allora Urss) ricordano solo l'orrore di un disastro mai visto. Il più grave della storia, dieci volte più disastroso di quello avvenuto nella centrale giapponese di Fukushima nel 2011.

A ricordare che la conta delle vittime non è mai stata portata a termine è Greenpeace: ''Tutta colpa di un follow up sanitario interrotto nel 2005 per mancanza di fondi", spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo dell'associazione per l'Italia, facendo un bilancio - ancora indicativo purtroppo - di quel drammatico 26 aprile 1986.

Un giorno plumbeo che gettò il mondo nel panico, a cominciare dalle zone limitrofe al reattore ucraino abitate da 8 milioni di persone, di cui 2 milioni di bambini. "Quelli che venivano definiti 'i sopravvissuti di Chernobyl' - dice Onufrio - erano circa 1 milione e 800 mila. Il follow up sanitario coinvolse circa il 10% di questa fetta di popolazione ma la conta effettiva dei danni non si saprà mai perché i controlli sono terminati nel 2005". Un bilancio che si attesta, quindi, su decine di migliaia di vittime, assicura Onufrio.

Il disastro della centrale ucraina durò nove giorni, nei quali prese fuoco anche la grafite delle barre di contenimento, liberando in aria scorie radioattive che si poggiarono ovunque nel resto d'Europa. L'area contaminata oggi è grande 150mila km quadrati, "circa metà del territorio italiano - precisa Onufrio - in pratica è come se fossero scoppiate contemporaneamente duecento bombe atomiche della portata di quelle di Hiroshima e Nagasaki".

Un'incidente dalla magnitudo incalcolabile, tanto che pure le scale internazionali ines sugli eventi nucleari e radiologici si sono trovate in difficoltà quando hanno dovuto assegnare sia a Chernobyl che a Fukushima il livello massimo, cioè il 7. "Ma Chernobyl è stata dieci volte peggio di Fukushima- precisa il direttore esecutivo di Greenpeace - questo fa capire che si è andati anche oltre la possibile immaginazione". Oggi nell'area vivono ancora 5 milioni di persone tra Ucraina, Russia e Bielorussia, popolazioni alle prese con cibo contaminato. Specialmente latte, funghi, mirtilli e grano. A causa degli elevati livelli di contaminazione da plutonio nel raggio di 10 chilometri dalla centrale, ricorda Greenpeace nel briefing ''L'eredità nucleare di Fukushima e Chernobyl'', l'area non potrà essere ripopolata per i prossimi diecimila anni.

Il rischio è continuo ed è legato in particolar modo agli incendi nelle foreste. In particolare, spiega Greenpeace, si tratta di aree forestali non bonificabili che liberano il 4% di cesio e stronzio e l'1% di plutonio, che entrano a tutti gli effetti nella catena alimentare. ''Ci sono zone della Germania dove i cacciatori sono costretti a riconsegnare la cacciagione, specialmente cinghiali. - dichiara Onufrio - Il fenomeno è incalcolabile, durerà almeno altri 2-3 secoli e peserà su intere generazioni". Solo tra il 1993 e il 2013, ad esempio, nei dintorni di Chernobyl sono stati stimati 1.100 incendi.



Una situazione aggravata dal ritardo nella costruzione del nuovo sarcofago - denuncia Greenpeace - che racchiuda le rovine del vecchio. "Si tratta di una struttura enorme, 110 metri x 250, profonda 160, progettata per un secolo e in costruzione accanto al reattore''. Una fase tutt'ora delicata perché ''ci sono molte parti fragili: tempeste, venti o terremoti potrebbero far degenerare ulteriormente la situazione. Dentro ci sono centinaia di tonnellate di combustibile di grafite sotto forma di massa, tipo lava", spiega ancora Onufrio. I costi di questo sarcofago sono quadruplicati rispetto alle stime iniziali arrivando a oltre 2 miliardi, "dimostrando che in principio c'è stata una certa cooperazione internazionale, ma al momento pare che tutto ricadrà sulle spalle degli ucraini". Diritti ''non attuati'', secondo Greenpeace che denuncia il mancato rispetto dei diritti delle persone che vivono in quei luoghi ad essere informate e ad avere cubo non contaminato. Chernobyl, e poi Fukushima, "hanno modificato la percezione dei rischi nell'opinione pubblica. Prima si pensava che l'impossibile non potesse succedere, invece è successo e poi è ricapitato 3 volte in Giappone. Ora - conclude Onufrio - bisogna salvaguardare i diritti di 5 milioni di persone che vivono ancora in quei luoghi".

Tratto da: repubblica.it

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