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di Pepe Escobar

L'ultima mossa sulla scacchiera da parte del Putin anti-ISIS potrebbe demolire la strategia obamiana 'post-Maidan' volta a isolare la Russia.

È l'ultimo colpo di scena geopolitico della stagione: sarà ora che il presidente americano Barack Obama avrà finalmente deciso di incontrare il presidente russo Vladimir Putin, questo venerdì o all'Assemblea generale dell'ONU la settimana prossima a New York?

Il cambio di marcia della Russia in Siria - non solo consegna le armi, ma anche la prospettiva di un intervento effettivo delle forze aeree russe - ha causato una sincope lungo la cintura dei sobborghi di Washington.

Il Ministro siriano degli Esteri, Walled Muallem, ha chiarito a RT che il coinvolgimento diretto russo nella lotta contro ISIS / ISIL / Daesh e contro quei "moderati" (designazione neocon USA) di Jabhat al-Nusra, alias Al-Qa'ida in Siria, è ancora più importante che la sola consegna di armi.

Washington, intanto, resta impantanata in un buco nero geopolitico, per quanto riguarda la strategia di Putin. La risposta dell'amministrazione Obama dipenderà da come il discorso di Putin alle Nazioni Unite sarà ricevuto in tutto il mondo, e come la diplomazia frenetica legata al teatro siriano di guerra se la passerà.

È ingenuo interpretare il potenziamento militare russo come una semplice dimostrazione di forza, una sorta di invito agli americani a sedersi finalmente per discutere di tutto, dall'Asia sudoccidentale fino all'Ucraina.

È altrettanto ingenuo interpretare la mossa come un tentativo disperato di Mosca che voglia instaurare qualche tipo di dialogo, ogni possibile dialogo. Non ci sono illusioni al Cremlino. Obama e Putin si scambiarono qualche parola a Pechino alla fine dell'anno scorso: tutto lì; nessuna visita ufficiale, nessuna riunione dettagliata.
Quel che è certo è che l'ultima mossa sulla scacchiera da parte di Putin reca con sé il potenziale per fare a pezzi la strategia" post-Maidan" dell'amministrazione Obama volta a isolare la Russia. Da qui la prevedibile paura, paranoia e odio che permea tutta l'area attorno a Washington.

Le vecchie abitudini della Guerra Fredda 2.0 sono dure a morire: anzi, morte non lo sono per nulla. Washington può estendere il proverbiale "sostegno finanziario" allo stato fallito e in bancarotta dell'Ucraina, così come rimarrà la pressione addosso all'UE per mantenere le sanzioni per tutto il 2016. La ThinkTanklandia statunitense continua freneticamente a far girare la questione dicendo che l'amministrazione Obama "non è pronta" ad affrontare negoziati con la Russia.

Beh, almeno la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato sembrano aver finalmente capito che quei caccia Sukhoi e i missili terra-aria che si trovano adesso in Siria sono lì per proteggere la base aerea di Latakia. È toccato al Pentagono chiarire la cosa a un John Kerry all'oscuro; questi sono lì per "la protezione con l'uso della forza".

Il nuovo lotto inviato comprende 4 Su-30SM da combattimento multiruolo; 12 Su-25 caccia da attacco al suolo; 12 Su-24M caccia da combattimento; e forse sei elicotteri d'attacco Ka-52. Secondo la rivista specializzata IHS Jane, questi forniscono "una significativa capacità di attaccare i ribelli che si oppongono al governo siriano e di mettere in sicurezza Latakia, luogo d'origine del presidente Bashar al-Assad."

Il chiarimento è venuto dopo che il gran capo del Pentagono Ash Carter e il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu han tenuto un colloquio telefonico di 50 minuti. Il fatto che questo sia stato il loro primo colpo di telefono in più di un anno racconta tutto ciò che si deve sapere sulle capacità "diplomatiche" dell'amministrazione Obama.

Inevitabilmente, Kerry ha dovuto cambiare la sua canzone; le armi non destano più"seri interrogativi". Ora Kerry va essenzialmente dicendo che Mosca ha il diritto di mettere il turbo alla la sua spinta verso una soluzione di pace per la Siria, e la Casa Bianca non è più molto esigente circa la data di partenza di Assad , a patto che ci sia una "transizione" di qualche tipo.


Guardiamo la scacchiera
Putin sta forse per presentare un numero da applausi alle Nazioni Unite. Date un'occhiata ai 'muppets' della politica estera dell'amministrazione Obama, ivi compresa la cellula neocon in seno al Dipartimento di Stato. Putin, sotto i riflettori dell'opinione pubblica mondiale, inquadrerà la sconfitta assoluta di ISIS / ISIL / Daesh come la questione geopolitica chiave di questi tempi; dedicherà l'impegno della Russia a questa missione; e proporrà all'«Occidente» di unirsi ad essa.

Scenario 1: Washington e i suoi tirapiedi dell'UE potrebbero decidere di sostenere l'azione russa, o almeno far sì che la coalizione guidata da questi opportunisti lavori fianco a fianco con la Russia - e con l'Iran. Questo significa aiutare Damasco a vincere una vera e propria guerra contro il terrore (del "Califfato"). Che "Assad deve andarsene" può anche aspettare. Ma se ne andrà da vincitore. L'amministrazione Obama - così come il sultano Erdogan, il Qatar, la Casa dei Saud - saranno ritenuti responsabili in tutto il mondo del fatto di aver prolungato una tragedia che avrebbe potuto essere risolta già nel 2012. E la Russia sarà riconosciuta come il difensore ultimo della civiltà contro la barbarie.

Scenario 2: Washington e i lacchè europei si rifiutano di agire fianco a fianco con la Russia, e continueranno a fare affidamento sulle prestazioni terribili della coalizione degli opportunisti esitanti - per esempio, come nei bombardamenti sui curdi di Erdoğan anziché su ISIS / ISIL / Daesh, e la messa in scena francese di attacchi aerei imbelli con la scusa della "auto-difesa" (non sto inventando, è la versione ufficiale dell'Eliseo). Il mondo intero lo interpreterà per quel che è: il combo NATO-GCC (Paesi del Golfo NdT) non è veramente interessato a farla finita con i salafiti-jihadisti. Immaginate il cataclisma in termini di ricaduta diplomatica / geopolitica rappresentato da cinque anni di NATO-CCG che rendono la vita facile ai jihadisti duri e puri.

E c'è, naturalmente, la coda; se la spinta militare dell'Esercito arabo siriano arabo più quello russo contro ISIS / ISIL / Daesh funziona, indovinate chi si prende il merito?

Così Putin vince in entrambi gli scenari. Dimenticatevi pure la demonizzazione implacabile, le satire tipo Putin=Hitler/Stalin. Sarà invece 'Putin il Grande' non meno di un nuovo Perseo Slavo - l'uccisore dell'orrenda Medusa jihadista.


La grande potenza è tornata
Ma c'è di più, molto di più. Qualunque sia lo scenario, 1 o 2, Putin sta simultaneamente architettando un finale di partita in Ucraina, che prevede la fine delle sanzioni, probabilmente entro il 2017. Le nazioni che contano veramente nella UE vogliono rottamarle, e rottameranno se Putin farà quello che non possono certamente fare loro, cioè demolire il "Califfato" che sta inviando ondate di profughi verso la Fortezza Europa.

Qui ho esaminato come ogni possibile pace in Siria sarà "colpa" di Putin. Ora immaginate le conseguenze. La Russia che viene fuori come la vera nazione indispensabile - in Medio Oriente e non solo. E la Russia di nuovo nel ruolo di una grande potenza - punto e basta.

Alcuni segni di vita intelligente nell'UE possono intravederlo. Ecco Hélène Carrère d'Encausse, storica ed esperta di Russia e membro della venerabile Académie Française dal 1990, di cui è il segretario perpetuo. Madame d'Encausse capisce chiaramente che Putin vede se stesso come l'erede di Pietro il Grande: un grande modernizzatore.

E proprio mentre riconosce che l'Europa non è più il centro del mondo, Putin tuttavia non è un avversario dell'Europa. Tuttavia, egli ritiene fermamente che per gli americani e gli europei la Russia è un paese che può essere trattato con disprezzo, cosa questa che deve essere tassativamente cambiata.

Il progetto di 'Putin il Grande' è quello di far sì che la Russia ritrovi il suo status di grande potenza. Quando fu eletto alla presidenza nel 2000 - me lo ricordo bene, ero a Mosca a seguire gli eventi - la Russia era nel caos totale, perpetrato dal neoliberismo sfrenato. Putin ha messo la Russia di nuovo in pista.

Quello che vuole più di tutto - contrariamente alle sciocchezze superficiali che regnano nella ThinkTanklandia USA - non è certo di rifare l'impero russo o sovietico, ma di sbarazzarsi per sempre della umiliazione degli anni novanta - il decennio dei saccheggi - e rendere la nazione di nuovo orgogliosa. Basta controllare il suo livello di popolarità; l'85 per cento dei russi - e in crescita - è d'accordo.
Madame d'Encausse rimanda storicamente al conte Sergey Uvarov, lo statista imperiale dietro allo zar Nicola I, che ha definito il punto focale in Russia nella metà del XIX secolo come "ortodossia, autocrazia e genio nazionale." Lei sottolinea che questo è il cuore dell'ideologia putiniana .
Genio nazionale, in questo contesto, fa riferimento a un senso di giustizia sociale e a uno spirito molto russo di solidarietà. Putin sottolinea sempre questo spirito, che è una componente essenziale di ciò che significa essere russo. Ed è tutto legato al nazionalismo. Abbiamo solo bisogno di rileggere Dostoevskij, per il quale "la nazione russa è un fenomeno straordinario nella storia del genio umano".

E poi, naturalmente, c'è l'Islam - un fattore di complicazione immenso.
Ci sono oltre 20 milioni di musulmani in Russia. Putin riconosce che la Russia è anche uno stato musulmano; è infatti multi-confessionale, e la maggior parte dei musulmani russi sono sunniti. Putin identifica chiaramente ISIS / ISIL / Daesh come una crociata contro gli sciiti da parte dei sunniti. Allo stesso tempo, mantiene ottimi rapporti con l'Iran sciita e gli Alauiti in Siria. E si rende conto che le repubbliche sunnite, ex repubbliche russe e sovietiche, sono alle porte della Russia odierna.



Pertanto Putin deve continuare a scrutinare l'Islam tenendo conto sia della sua politica interna come di quella estera. Quello che ha correttamente identificato come un Sunnistan Salafita-Jihadista in "Siraq" è una minaccia serissima dalla sicurezza nazionale Russa. Aleppo virtualmente è vicina di casa di Grozny. Insomma, 'Putin il Grande' custodisce grandi ambizioni.
Però prima le cose più urgenti: non può assolutamente permettere che la sua grande potenza rinascente venga infiltrata ed erosa dai barbari facilitati dall'Occidente che premono ai confini.

Pepe Escobar è il corrispondente itinerante per Asia Times / Hong Kong, analista per RT e TomDispatch, e un frequente contributore a siti web e programmi radiofonici che vanno dagli Stati Uniti all'Asia orientale. Nato in Brasile, lavora come corrispondente straniero dal 1985, e ha vissuto a Londra, Parigi, Milano, Los Angeles, Washington, Bangkok e Hong Kong. Anche prima dell'11/9  si è specializzato a seguire l'arco dal Medio Oriente al Centro e Est asiatico, con particolare attenzione alla geopolitica della grande potenza e alle guerre per l'energia. È l'autore di 'Globalistan' (Nimble Books, 2007), "Red Zone Blues '(Nimble Books, 2007),' Obama fa il Globalistan '(Nimble Books, 2009) nonché un redattore per un certo numero di altri libri, tra cui le prossime 'Crossroads of Leadership: globalizzazione e il Nuovo Secolo americano della presidenza Obama' (Routledge). Quando non è in viaggio, si alterna tra San Paolo, New York, Londra, Bangkok e Hong Kong.

Traduzione per ComeDonChisciotte.org a cura di Roberto Marocchesi.

Con alcune correzioni a cura di Megachip.

Tratto da:
megachip.globalist.it

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