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NEWS 247780di Giuseppe Masala - 7 luglio 2015
La sempre più probabile uscita della Grecia dall'area Euro trasforma una vicenda finanziaria ed economica interna alla UE in una vicenda geopolitica di livello mondiale.

La crisi greca si avvia verso un triste epilogo: l'uscita del paese ellenico dall'area Euro.
O meglio, in realtà, ci si avvia verso la formalizzazione giuridica e politica di ciò che si è già verificato da un punto di vista della teoria economica con il provvedimento del governo greco che - più di una settimana fa, obtorto collo - ha introdotto un ferreo controllo della circolazione dei capitali e la chiusura delle borse e delle banche.

Il no al piano di austerità sancito dal referendum, nonostante l'incredibile campagna mass mediatica tendente a terrorizzare l'elettorato e così costringerlo a votare si, non ha spostato minimamente le posizioni in campo: i paesi e le istituzioni creditrici continuano a pretendere l'accettazione senza condizioni di ulteriori riforme sulla base dei dogmi della "supply-side economics" e del "Washington Consensus" del Fondo Monetario Internazionale mentre, dall'altro lato i greci pretendono che le istituzioni creditrici accettino un taglio al debito pregresso e un riscadenzamento delle rate più favorevole.
In una simile situazione di stallo, appare come del tutto marginale l'annuncio di dimissioni del Ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis. Una mossa tattica fatta dal governo greco tendente a togliere qualunque alibi ai creditori legato alla presunta eccentricità del ministro. Tutto inutile, a umile parere di chi scrive: quando le distanze reali, certificate da numeri e tabelle, sono così nette si può mandare a trattare anche la persona più moderata e più gradita alla controparte, gli ostacoli rimarranno comunque insormontabili.

A certificare questo, proprio ieri, sono arrivate dichiarazioni molto rigide del duo Hollande-Merkel riunitosi in un vertice informale a Parigi: i creditori pretendono proposte "credibili", in altri termini, non bisogna parlare di taglio del debito.
E' evidente che una simile impostazione non può essere accettata da Atene, a maggior ragione ora, dopo la vittoria del no all'austerità pronunciata dal popolo greco. L'accettazione dell'impostazione dei creditori sarebbe una plateale Caporetto per Tsipras che non solo vedrebbe sconfitta la sua linea politica ma dovrebbe accettare anche la smentita del mandato ricevuto dagli elettori appena due giorni fa. Dunque il referendum, sotto questo aspetto, introduce ulteriori elementi di rigidità tra le parti.

A sottolineare che la vicenda volge al brutto è arrivata ieri sera un'ulteriore novità dalla Banca Centrale Europea che ha respinto l'istanza proveniente dalla Grecia di aumento dei fondi di liquidità d'emergenza per le banche greche. Non solo, il direttivo dell'istituto di Francoforte ha tagliato la valutazione del collaterale che le banche greche devono offrire per ottenerla. Una vera mazzata.
Deve essere chiaro però che la sempre più probabile uscita della Grecia dall'area Euro non sarà la fine della vicenda, semmai sarà la sua trasformazione da vicenda finanziaria ed economica interna all'Unione Europea in vicenda geopolitica di livello mondiale. Questo soprattutto se la Grecia deciderà di rivolgersi ai paesi BRICS (Cina e Russia in particolare) per ottenere supporto economico e finanziario. Gli Stati Uniti, per ora silenti, non possono accettare che un paese geopoliticamente importante come la Grecia esca dalla sua sfera d'influenza per entrare in quella dei suoi competitori strategici.

Foto © Sputnik. Vladimir Rodionov

Fonte: it.sputniknews.com

Tratto da: megachip.globalist.it

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