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kenya-tmdi Andrew Korybko - 14 aprile 2015
La sfida tra Stati Uniti e Cina per il controllo del Kenya suscita interesse per l'importanza complessiva di questo paese nella geopolitica del XXI secolo

Lo spaventoso attacco terroristico della scorsa settimana a Garissa ha spinto il Kenya, per la seconda volta in meno di due anni, in prima linea nella Guerra contro il Terrorismo. Nel settembre 2013 il gruppo militante islamista Al-Shabaab scatenò la tristemente memorabile sparatoria al centro commerciale Westgate di Nairobi, mostrando che la recente tragedia è semplicemente un seguito delle loro intenzioni dichiarate. Ad accrescere l'urgenza della situazione è che questo gruppo terroristico ha appena minacciato che «le città del Kenya diventeranno rosse di sangue», il che indica l'imminenza di una lunga guerra terrorista.
Tuttavia il Kenya è più importante di una mera questione di terroristi, come dimostra − a dispetto di ciò − l'insistenza del presidente Obama a rendere a luglio la sua prima visita in quel paese. Gli Stati Uniti sono il principale partner internazionale del Kenya dal 2013, quando fu detto che l'elezione del presidente Uhuru Kenyatta avrebbe avuto "certi effetti". Figlio di Jomo Kenyatta, padre della patria e primo presidente, Uhuru in passato è stato accusato di crimini contro l'umanità dalla Corte Penale Internazionale per i gravi disordini che travolsero il paese dopo le elezioni presidenziali tra il 2007 e il 2008. Nel breve tempo trascorso da allora, la più grande economia dell'Africa orientale è diventata debitrice di oltre un miliardo di dollari alla Cina, ora il suo più grande creditore, che generosamente ha fornito i fondi per finanziare infrastrutture varie e progetti ambientali.
La sfida tra USA e Cina per il controllo del Kenya suscita interesse per l'importanza complessiva di questo paese nella geopolitica del XXI secolo, e quelle che seguono sono le tre ragioni per cui oggi il Kenya è così importante.

Il fattore somalo
Anzitutto, il rapporto del Kenya con la Somalia e il suo popolo deve essere affrontato partendo dal principio. L'ex provincia del nord-est (in cui è avvenuto l'attacco di Garissa) è ampiamente popolata da etnie somale ed è rimasta una parte del Kenya dell'immediato dopo-indipendenza, a causa dell'eredità del colonialismo britannico. Era già stata teatro della fallita guerra Shifta nel corso degli anni Sessanta, quando i residenti della zona combatterono contro Nairobi per unirsi alla Somalia.
A causa di questo, il già stretto rapporto tra Kenya ed Etiopia è diventato ancora più forte, dal momento che entrambi i paesi hanno consistenti etnie somale all'interno dei loro confini (condividendo così lo stesso rischio secessionista), per cui nel 1964 hanno concluso un accordo di mutua difesa ancora in vigore. È poi degno di nota che questi due paesi sono stati quelli che hanno avuto (insieme con l'Uganda) un ruolo guida nell'intervenuto militare in Somalia, diventando in sostanza gli alleati degli Stati Uniti nella loro "strategia della guida occulta" nel Corno d'Africa e guadagnandosi l'odio eterno di Al-Shabaab.

Centro di raccordo commerciale
I legami del Kenya con l'Etiopia vanno oltre la sfera militare, dal momento che Nairobi punta a diventare lo snodo operativo di trasporto per le esportazioni in espansione di Addis Abeba. Il progetto di trasporto "Corridoio di Lamu" (LAPSSET: Lamu Port and South Sudan Ethiopia Transport) ambisce a collegare al mercato globale le economie regionali senza sbocco sul mare e le loro risorse, inclusi un oleodotto dal Sudan del Sud ricco di petrolio e i campi scoperti di recente nel nord-ovest del Kenya fino alla costa dell'Oceano Indiano. La Cina è direttamente coinvolta in questo progetto, dopo aver spuntato un accordo di quasi mezzo miliardo di dollari per sviluppare tre porti a Lamu, in Kenya, il che probabilmente prefigura il ruolo chiave che giocherà Pechino nel commercio multidirezionale lungo il corridoio.
Il ruolo di snodo commerciale del Kenya si estende anche in Uganda, attraverso la modernizzazione del corridoio settentrionale: un progetto di infrastrutture stradali e ferroviarie che spera di raggiungere per quanto possibile la regione nord-est della Repubblica Democratica del Congo (le cui zone ricche di risorse sono attualmente controllate da milizie ugandesi). Basti dire che la Cina sta aiutando a costruire anche questo, ed è probabile che le reti di trasporto complementari completate costituiranno la base di una via della seta dell'Africa orientale.

La Federazione dell'Africa orientale
Il Kenya è uno dei fondatori della Comunità dell'Africa orientale (EAC), che comprende anche Uganda, Ruanda, Burundi e Tanzania, e che in un futuro prossimo prevede la partecipazione del Sudan del Sud. L'obiettivo finale dell'organizzazione è quello di creare la Federazione dell'Africa orientale (EAF), un'entità politica ed economica unitaria che rappresenterebbe il primo tentativo di integrazione globale del continente. Contando circa 150 milioni di persone, sarebbe addirittura il secondo Stato più popoloso dell'Africa, leggermente dietro la Nigeria. Pertanto lo sviluppo di relazioni strategiche con il Kenya, la più grande economia della costituenda federazione, può aiutare in futuro a guadagnare influenza dentro l'intero organismo, con tutti i conseguenti vantaggi che questo comporterebbe per il mercato.
È quindi utile concludere brevemente con un profilo della configurazione della EAF, che aiuta a farsi un'idea migliore degli interessi in competizione all'interno dell'organizzazione che saranno quasi certamente sfruttati o dagli USA o dalla Cina nell'ambito della loro rivalità continentale.

Circuiti economici
Il Kenya vuole fungere da canale economico per il Sudan del Sud, l'Uganda, il Ruanda e il Burundi, nonché per gli Stati non membri Etiopia e Repubblica Democratica del Congo (RDC), l'ultimo dei quali ha molti minerali che servono a realizzare gli odierni telefoni cellulari ad alta tecnologia. La Tanzania, d'altra parte, sta investendo 14,2 miliardi dollari per creare una propria ferrovia attraverso quegli stessi Stati tranne l'Etiopia e il Sudan del Sud, in quello che è un chiaro tentativo di contendere al Kenya il ruolo di linea di collegamento infrastrutturale della regione. Le differenze infrastrutturali tra i due aspiranti snodi commerciali consistono nel fatto che il Kenya si collegherà all'Etiopia e al Sudan del Sud, mentre la Tanzania sta modernizzando − con capitali cinesi − la sua già esistente ferrovia che passa attraverso lo Zambia ricco di rame. Non si sa a questo punto quale Stato avrà la meglio, ma è chiaro che sono testa a testa nella competizione per il titolo di più importante canale di raccordo economico dell'EAF.

La potenza muscolare
L'Uganda rappresenta l'esercito più ambizioso in tutta la federazione, avendo recentemente impiegato le sue forze nella Repubblica Centrafricana (sin dalla campagna sostenuta dagli americani Kony 2012, per promuovere la campagna umanitaria "Stop Kony" con l'obiettivo di far catturare il criminale di guerra ugandese Joseph Kony), nella Repubblica Democratica del Congo, nel Sudan del Sud e in Somalia in una serie di azioni che dimostrano che il peso militare ugandese è sproporzionato rispetto alla sua piccola dimensione geografica. L'Uganda è anche il paese più impaziente di accelerare il processo d'integrazione dell'EAF, che potrebbe indicare il desiderio del presidente Yoweri Museveni − il leader più longevo dell'EAC, in carica dal 1986 − di acquisire uno status politico preminente per lui e per il suo paese all'interno del blocco. Comunque sia, nonostante la sua forza militare e il suo controllo dominante sui minerali più preziosi della Repubblica congolese (così come sulle sue potenziali riserve di petrolio), sostanzialmente l'Uganda dipende ancora sia dal Kenya che dalla Tanzania per raggiungere il più ampio mercato internazionale, un fastidioso inconveniente geografico che può ostacolare i suoi ambiziosi obiettivi politici.

Ricadute militari
Uno dei problemi più facilmente prevedibili che possono significare la fine dell'integrazione dell'EAF potrebbe riguardare le forze armate del blocco. Non si sa se tutti gli Stati membri dovranno mettere in comune le loro forze armate, o se la struttura federale avrà l'ultima parola su come le forze degli Stati membri verranno distribuite. Inoltre, per quanto riguarda l'Uganda, il suo esercito aspira alla leadership regionale, e quindi i suoi delegati militari possono scontrarsi con le loro controparti ruandesi nella Repubblica Democratica del Congo, il che metterebbe dunque l'Uganda in una situazione di crisi con uno Stato membro alleato. Inoltre l'eccesso di zelo ugandese nel difendere militarmente i propri interessi nel Sudan del Sud potrebbe mettere altri membri a disagio o indurli a ritirare il proprio sostegno, in particolare il Kenya, che ha stretti legami con l'Etiopia e che è in competizione con l'Uganda per l'influenza nel paese.

Fonte: sputniknews.com

Tratto da: megachip.globalist.it

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