L'ipotesi fu sviluppata dai Servizi segreti
di AMDuemila - 24 maggio 2014
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo 1994, furono probabilmente uccisi per aver scoperto il traffico d'armi. A sviluppare l'ipotesi è un'informativa del Sisde sviluppata meno di due mesi dopo la morte dei due giornalisti. “Da fonte fiduciaria (omissis) si apprende che nel corso di un servizio fotografico realizzato a Bosaso qualche giorno prima della loro morte, i giornalisti Alpi e Hrovatin avevano raccolto informazioni su un traffico di armi di contrabbando effettuato dalla motonave “21 ottobre” della cooperativa italo-somala Shifco”. E' questo quanto messo nero su bianco ed oggi svelato dopo la desecretazione dei faldoni da parte del governo. Un'informativa che fu trasmessa anche alla Procura di Roma e al ministero dell'Interno in un documento datato 8 aprile 1994.
Quella nave, un peschereccio d’altura che faceva parte di una flottiglia di 5 unità creata grazie ai fondi della Cooperazione italiana, era stata sequestrata da uomini del Somali salvation democratic front (SSDF), tutti del clan Habarghidir, legati al “signore della guerra” Aidid. Nello specifico i due giornalisti avrebbero documentato una partita d'armi marchiata CCCP (Urss).
E per l’intelligence vi sarebbe il coinvolgimento di un italiano “implicato nel citato traffico, messo in atto utilizzando come vettori alcune navi impegnate nel trasporto di aiuti umanitari, nell’ambito della cooperazione italiana a favore della Somalia”.
In un memorandum compilato dal Sisde nel 2002 per il Copaco (il Comitato parlamentare di controllo per i servizi segreti), si legge che il 6 maggio 1996, il Sismi ha trasmesso al sostituto procuratore Ionta un’informativa secondo la quale il mandante dell’omicidio sarebbe il generale Aidid, l’utilizzatore finale del traffico d’armi, poi `stornato´ in Yemen per i reduci afghani.
Sempre la stessa fonte sostiene che qualcuno “deve aver avvertito i contrabbandieri del rischio che il traffico potesse essere svelato dai due giornalisti”.
Nel dossier ampio spazio è dedicato alla figura di Giancarlo Marocchino: factotum a Mogadiscio, legato tramite della moglie somala al presidente ad interim Ali Mahdi, fu il primo a intervenire sul luogo dell'omicidio. Secondo fonti del Sisde, Marocchino avrebbe potuto essere implicato nel delitto, forse come “mandante o mediatore tra mandanti ed esecutori del duplice omicidio”.
Il servizio di intelligence estero invece smentisce un suo ruolo diretto nell'omicidio Alpi-Hrovatin, ma non ne esclude uno “indiretto”. Ovvero “la complicità da parte del capo della sicurezza di Marocchino agli esecutori del duplice omicidio, all'insaputa dello stesso Marocchino”.
Tutte queste piste non sono mai state seguite fino in fondo durante le indagini, nonostante i tanti elementi raccolti dai servizi siano stati riversati alla polizia giudiziaria e alla magistratura.
L'avvocato della famiglia della giornalista del Tg3, Domenico D'Amati, ha commentato: “L'impressione è che nella fase iniziale delle indagini si sarebbe potuto fare molto di più. C'erano delle piste da seguire: il traffico di armi, ma anche di rifiuti tossici. Non so perché non si sono seguite. E' tutto ancora da fare”. E poi ancora: “Ne ho letto una parte finora. Ho fiducia che i nuovi magistrati della procura che se ne occupano diano il massimo impulso alle indagini”.
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