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gdf-web7Controlli della Finanza alle frontiere
M. Antonietta Calabrò - 8 dicembre 2013
Roma. Una lista di 1.200 destinatari. E altrettanti conti dello Ior da chiudere per un importo complessivo superiore ai 300 milioni di euro. I cosiddetti «conti laici». Milleduecento lettere uguali a quella che pubblichiamo in questa pagina. Un documento a suo modo storico anche per le annose vicende della cosiddetta banca vaticana. Nella lettera sono indicate tre date. Quella di invio: 19 settembre. Poi il 4 luglio, giorno in cui il board (o consiglio di sovrintendenza) dell’Istituto ha stabilito di limitare i rapporti di conto «alle istituzioni cattoliche, ecclesiastici, dipendenti o ex dipendenti del Vaticano titolari di conti per stipendi e pensioni nonché diplomatici accreditati presso la Santa Sede». Tutti gli altri fuori.

Il riferimento al 4 luglio 2013 è al consiglio di amministrazione avvenuto tre giorni dopo la drammatica uscita di scena dallo Ior del direttore generale Paolo Cipriani e del suo vice Massimo Tulli, travolti dall’arresto di monsignor Nunzio Scarano. L’ultima data contenuta nella lettera è la dead line di chiusura dei conti fissata al 30 novembre 2013 , termine dopo il quale, scrive il presidente Ernst von Freyberg, «si applicheranno le disposizioni interne previste per il recesso da parte dell’Istituto», senza specificare quali. Lo Ior, richiesto nei giorni scorsi dal Corriere di rendere noto se l’operazione di chiusura è effettivamente avvenuta e per quale numero esatto di conti, non ha voluto commentare l’operazione.
La lista dei 1200 conti è al centro di molte preoccupazioni sia in Italia sia in Vaticano. Proprio quando la Santa Sede si appresta — sulla base di ragionevoli aspettative — a raccogliere un successo nella valutazione del suo Report in progress da parte del Comitato Moneyval che sarà esaminato da domani a Strasburgo. Le preoccupazioni, in Italia, sono legate innanzitutto all’identità dei detentori dei conti. Perché se alcuni nomi sono persone del tutto ordinarie, come la segretaria di un vecchio cardinale, oppure il nipote di papa Pacelli, altri invece sarebbero di importanti personalità italiane. Tutti i 19 mila clienti (compresi i cardinali della Commissione di sorveglianza, presieduta da Tarcisio Bertone ) hanno ricevuto poi una seconda lettera per la cosiddetta Cdd ( revisione delle posizioni dei clienti a fini antiriciclaggio). A ciascuno è stata assegnata una scala di rischio da 1 a 5: il massimo è attribuito alle «persone politicamente esposte» che nel caso del Vaticano sono i cardinali, cioè personalità che per la loro influenza possono condizionare il sistema. Si tratta di una procedura standard internazionale: il massimo rischio ai fini antiriciclaggio è attribuito ai capi di governo, ai ministri e così via. Qualche cardinale, come quello di Lima, o qualche vescovo, non l’hanno presa bene e hanno cambiato banca.
Ma in Italia (dalla Banca d’Italia, all’agenzia delle Dogane e delle Entrate) si è preoccupati anche per le procedure di chiusura che sono state e saranno seguite. Questi soldi torneranno in Italia? E se sì, come? Tanto per capire: l’ultimo scudo fiscale per il rientro di capitali dal Vaticano è stato di un importo complessivo di un solo milione di euro.
In ogni caso, come ha anticipato il Corriere.it , ci saranno presto i nostri finanzieri alla frontiera con il Vaticano. Scopo: controllare il passaggio di contante, visto che secondo l’Aif vaticana nel 2011 ci sono state 658 operazioni in entrata superiori ai diecimila euro e 1.894 in uscita. Mentre le Dogane italiane ne hanno rilevate 3 in ingresso e 21 in uscita. Stessa storia nel 2012: all’Aif sono state denunciate 598 operazioni in ingresso e 1782 in uscita, alle dogane italiane solo 4 in entrata e 13 in uscita.

Tratto da: Il Corriere della Sera

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