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scarano-nunzio-webdi Marco Lillo - 22 luglio 2013
Monsignor Nunzio Scarano (foto), deluso dall’abbandono della Santa Sede, ha deciso di collaborare. Nei prossimi giorni l’ex capo contabile dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica), difeso da Francesco Caroleo Grimaldi, Luca Paternostro e Silverio Sica, sarà interrogato in carcere dai pm di Roma che lo hanno arrestato. Ma stavolta potrebbe presentarsi all’interrogatorio con i dossier sugli affari più scandalosi di cui è venuto a conoscenza quando era in Vaticano. Massimiliano Marcianò, 45 anni, amico strettissimo di Scarano, il 3 luglio scorso ha raccontato al pm Elena Guarino di Salerno: “So che monsignor Scarano ha consegnato ai suoi legali di Roma un dossier su asserite gravissime attività illecite compiute da funzionari dell’Apsa. A suo dire in tale dossier sarebbero riportate una serie di operazioni e informazioni che qualora dovessero emergere determinerebbero un vero e proprio scandalo. Tra i fatti citati nel dossier mi è stata riferita un’operazione di aggiotaggio compiuta su Efi Banca da personale del Vaticano”. L’aggiotaggio è un reato punito con la reclusione fino a 3 anni per chi punta a guadagnare profitti favorendo il “rialzo e ribasso fraudolento di prezzi” in borsa. Marcianò non fornisce dettagli. Efibanca – già controllata dalla Bpl di Fiorani – è una storica banca d’affari non quotata che ha solo emesso in passato obbligazioni quotate. Nel 2011 è stata incorporata dal Banco Popolare, erede della Bpl, i cui affari poco chiari con il Vaticano non sono una novità.

L’EX AMMINISTRATORE delegato di Bpl Giampiero Fiorani raccontò al pm Francesco Greco: “I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara (allora presidente dell’Apsa dove Scarano lavorava, ndr), quando ho comprato la Cassa Lombarda. Mi ha chiesto trenta miliardi di lire, possibilmente su un conto estero”. Dichiarazioni alle quali non seguì un’inchiesta e la stessa sorte toccherà probabilmente alle dichiarazioni di Marcianò, che sono molto più vaghe. Le cose però potrebbero cambiare se Scarano consegnasse davvero i dossier. Nell’ultimo interrogatorio, l’8 luglio scorso, ha fatto alcuni accenni vaghi ai rapporti del direttore dell’Apsa Paolo Mennini con la famiglia Nattino, capeggiata da Giampietro Nattino, 78 anni, socio e presidente di Finnat Euramerica e consigliere di Caltagirone Editori. I pm romani Nello Rossi, Stefano Pesci e Stefano Fava sono cauti. La Procura potrebbe presentare la richiesta di giudizio immediato per corruzione contro Scarano e coimputati per poi aprire una nuova indagine sulle vicende raccontate dal monsignore. Marcianò sui dossier ha aggiunto: “Scarano mi disse che aveva già parlato di tale dossier al cardinale Tarcisio Bertone, senza però sortire alcun effetto. Pertanto con la nomina del nuovo papa era sua intenzione avere un incontro privato per riproporre la questione. L’avvocato Paternostro mi ha recentemente confermato che effettivamente Nunzio aveva consegnato a lui tale dossier”. Scarano prosegue Marcianò, ha consegnato ai legali anche “l’estratto conto dei suoi rapporti presso lo Ior e in particolare quello da lui ritirato dal vicedirettore dello Ior, Massimo Tulli, in occasione di un incontro avvenuto in mia presenza presso lo Ior circa un mese fa. In tale occasione ebbi modo di sbirciare il saldo del conto Ior personale di Scarano: era di 1,7 milioni di euro”. 
SECONDO Marcianò, “Scarano aveva con il vicedirettore dello Ior Tulli rapporti assolutamente amicali” e – preoccupato per le indagini – chiese a Tulli di parlare con il presidente dell’Aif, il cardinale Attilio Nicora. “Ma Tulli – spiega Marcianò – riferì che il cardinale non era ‘avvicinabile’ e la cosa non ebbe seguito”. Poi Marcianò descrive i rapporti con gli armatori D’Amico, proprietari dell’omonima società quotata in borsa: “I soldi dei D’Amico, per quanto so io, provenivano da Montecarlo con bonifici estero su estero direttamente sui conti dello Ior di Nunzio. La mia idea è che il denaro possa essere frutto di evasione fiscale oppure di operazioni che nascondevano fini ancora più illeciti. So che l’estratto conto corrente dell’Unicredit è stato oggetto di analisi finanziaria da parte del dottor Dario Tramontano. E la movimentazione era pari a circa 2,7 milioni di euro. Sul conto Ior affluivano i 20-30 mila euro mensili che gli davano i D’Amico. Soldi che dovevano essere vincolati all’acquisizione di un’abitazione personale del monsignore a Roma, che sarebbe poi stata fittata al sottoscritto a un prezzo accessibile. Lui mi qualificava come donazioni i soldi che riceveva presso lo Ior. Non ho mai ritenuto credibile tale spiegazione e non escludo che, più che donazioni, siano soldi dei D’Amico. Scarano prende da tale conto i soldi per le sue esigenze personali e per mantenere il suo tenore di vita. Che io sappia fino a una certa data poteva effettuare prelievi sui conti Ior senza limite. Successivamente poteva prelevare non più di 9 mila e 500 euro alla settimana dallo Ior”. Scarano voleva comprare un appartamento nel Crescent, il palazzone sul lungomare di Salerno che è costato un’indagine penale al suo amico sindaco e viceministro, Vincenzo De Luca. Marcianò racconta: “Scarano voleva vendere l’appartamento nel centro di Salerno in via Guarna per comprare un altro appartamento presso il Crescent. Ricordo che per tale affare, insieme al cavaliere Santalucia, Scarano incontrò un costruttore di cui non ricordo il nome di circa 50 anni e che aveva una Audi A8 per discutere l’affare”. Incredibile Scarano. Lo avevamo battezzato “don 500” per la dimestichezza con le banconote ma – se Marcianò dice la verità merita anche il soprannome di “monsignor cimice” o “don 007”. Quando i due cugini armatori, Cesare e Paolo D’Amico, litigano, Scarano intercetta Cesare per conto di Paolo. Così Marcianò racconta: “Paolo D’Amico si è rivolto a Scarano per trovare una persona in grado di trovare le apparecchiature per fare le intercettazioni delle conversazioni tra Cesare D’Amico e Carlo Lomartire (tesoriere della società, ndr). Scarano si è rivolto a Gaetano Palladino che ha installato le apparecchiature negli uffici di Cesare D’Amico e Carlo Lomartire. Le registrazioni sono durate circa due mesi e le apparecchiature sono state sostituite più volte. Non ho mai ascoltato le registrazioni – precisa Marcianò – ma il contenuto di alcune di queste mi è stato riferito da Scarano e Palladino. Che io sappia i files dovrebbero essere nella disponibilità di Paolo D’Amico”.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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