da eilmensile.it - 11 luglio 2012
Continua la crisi istituzionale che sta paralizzando l’Egitto. Ieri sera la Corte suprema ha sospeso l’ordine emanato dal presidente Mohammed Morsi di riconvocazione del parlamento. L’assemblea egiziana era stata sciolta il mese scorso per ordine congiunto della stessa Corte suprema e del Consiglio supremo di difesa, la giunta di generali che ha gestito la transizione al post-Mubarak e che di fatto detiene il potere reale. O almeno lo deteneva fino all’elezione poche settimane fa di Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, alla presidenza. Morsi è il primo civile ad assumere il governo del Paese dopo 60 anni di potere dell’esercito. Lo stallo istituzionale si colloca in questo contesto. Giorni prima dell’elezione di Morsi, l’esercito aveva sciolto un parlamento in cui i Fratelli musulmani avevano già una grande maggioranza.
Il nuovo presidente aveva tuttavia riconvocato l’assemblea, innescando un braccio di ferro con il potere giudiziario ma soprattutto con l’esercito, che rimane uno dei giocatori più importanti sulla scena egiziana. Ieri pomeriggio, alla prima convocazione del parlamento, esponenti della piccola minoranza liberale, avevano boicottato i lavori. Poche ore dopo è arrivato il pronunciamento della Corte suprema, che congelava l’ordine di Morsi e di fatto dava ragione all’esercito. Quando il giudice Maher el-Beheiry ha letto la sentenza, migliaia di sostenitori del presidente sono subito scesi in piazza per ribadire la richiesta di buona parte dell’opinione pubblica egiziana, che l‘esercito si faccia da parte una volta per tutte. Opzione che non tranquillizza quelli che temono che i Fratelli musulmani possano restare padroni del campo e sostituire il loro autoritarismo a quello dell’esercito.
Tratto da: eilmensile.it