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di Jean Georges Almendras
Come un inarrestabile mulino a vento la morte ha colpito un giornalista indigeno messicano: Arturo Jorge Ramírez, professore e conduttore della radio comunitaria Tu'un Ñuu Savi - che significa “Popolo della Pioggia” - nella località di Huajuan de Léon, nel comune di San Andrés Dinicuiti, nello Stato di Oaxaca.
È stato picchiato a morte. Percosse che gli hanno provocato un infarto, si è aggiunta così ancora una morte alla cruenta statistica che da anni interessa il giornalismo messicano.
Arturo Jorge Ramírez si occupava di denunce sociali. Principalmente denunciava con enfasi, e lo faceva pubblicamente, le costanti violazioni commesse contro le comunità indigene.
Il mortale attacco si è consumato sabato 17 agosto, ed è il terzo che ha come vittima un lavoratore della stazione radio. Le vittime precedenti furono Salvador Olmos, morto il 28 giugno 2016 ed Agustín Paiva.
La notizia di questo nuovo fatto di sangue che getta nel lutto il giornalismo del Messico e del mondo intero ha suscitato immediatamente una severa e generale condanna da parte della comunità giornalistica messicana e della regione. Diverse organizzazioni hanno condannato il crimine, tra cui: la Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación, la Federación de Asociaciones de Periodistas Mexicanos, el Colegio Nacional de Licenciados en Periodismo, el Club Primera Plana e la Federación Latinoamericana de Periodistas.
Arturo Jorge Ramírez è il 12º giornalista assassinato in Messico. Non ci sono più né parole né scritti per esprimere la denuncia e l'indignazione. Perché ormai sono molteplici le richieste di giustizia. E sfortunatamente le impunità intorno a questi eventi sono numerose.
Agli assassini diciamo che il giornalismo continuerà ad essere lo stesso: trasparente, libero, e denuncerà sempre quello che i codardi del potere, fortificati dalla forza e dal terrorismo delle loro stesse azioni, fanno liberamente. Seminando dolore e morte, con totale cinismo, e la complicità di molti esponenti del potere governativo ed economico delle regioni dove si producono queste violazioni alla vita umana e alla vita democratica.
La notizia di questo nuovo fatto di sangue che affligge il giornalismo messicano, addolora anche noi, redattori di Antimafia Dos Mil, che conosciamo da vicino questa sofferenza, perché la morte colpì anche la nostra redazione paraguaiana, portandoci via Pablo Medina ed Antonia Almada, nell’ottobre del 2014, in una zona infestata dalla narco politica, nella regione limitrofa con Brasile.

*Foto di Copertina: www.tribuna.com

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