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Tra i morti anche 45 bambini, più di 500 i feriti. Primi funerali di massa a Negombo, arrestati 40 sospettati. L'esecutivo ha decretato lo stato di emergenza, non accadeva dalla guerra civile. Polemiche sugli allarmi inascoltati dell'intelligence. Il ministro della Difesa: "Attentati vendetta per le stragi nelle moschee in Nuova Zelanda"

Colombo. Lo Stato Islamico, attraverso la sua agenzia di propaganda, Amaq, ha rivendicato gli attentati di Pasqua nello Sri Lanka che hanno causato almeno 321 morti, senza tuttavia fornire alcuna prova del suo coinvolgimento diretto. "Coloro che hanno condotto l'attacco che ha preso di mira membri della coalizione a guida Usa e cristiani nello Sri Lanka l'altro ieri sono combattenti dello Stato islamico", afferma la dichiarazione diffusa da Amaq.
Martedì mattina il ministro della Difesa Ruwan Wijewardene aveva detto in Parlamento che secondo le prime indagini gli attacchi "sono stati compiuti come ritorsione dopo quello di Christchurch", la strage delle moschee dello scorso marzo in Nuova Zelanda. Il governo aveva anche rivelato che due gruppi islamisti locali sono sospettati dell'attentato: oltre al National Thawheed Jamaat, il cui nome era già circolato nelle scorse ore, ci sarebbe anche il Jammiyathul Millathu Ibrahim. I due gruppi avrebbero agito con il supporto di una rete internazionale e probabilmente anche di militanti dello Stato Islamico.
Il bilancio delle vittime del massacro intanto continua ad aggravarsi: 321 morti, di cui 45 bambini, secondo l'Unicef, e più di 500 feriti. Nella Chiesa di San Sebastiano, a Negombo, nel nord della città, martedì mattina sono cominciati i primi funerali di massa delle vittime.
Il governo ha dichiarato il lutto nazionale e lo stato di emergenza, dopo aver già introdotto il coprifuoco dalle 8 di sera alle 4 del mattino, mentre le forze dell'ordine hanno arrestato 40 persone sospettate di aver avuto un ruolo nell'organizzazione degli attentati. Lo stato di emergenza dà alla polizia e ai militari il potere di arrestare e interrogare i sospetti senza l'ordine di un tribunale, poteri che sono stati utilizzati per l'ultima volta durante la guerra civile.



Il governo ha anche deciso il blocco di tutti i social network, compresi Facebook, WhatsApp e Instagram. Ma nonostante le misure straordinarie, l'esecutivo di Colombo è sotto accusa per le falle nella sicurezza. L'intelligence indiana e rapporti delle agenzie di sicurezza interne avevano infatti avvertito della possibilità di attentati su vasta scala contro obiettivi religiosi, ma l'allarme è rimasto inascoltato.
"Gli attacchi terroristici di domenica in Sri Lanka non sono stati un fallimento dei servizi segreti del Paese, ma una mancanza di circolazione interna delle informazioni a persone capaci di agire", ha detto in un'intervista il ministro delle Riforme economiche e della distribuzione pubblica dello Sri Lanka Harsha De Silva.



Secondo De Silva la tragedia di Pasqua non è un fallimento dei servizi segreti dello Sri Lanka, che erano stati informati sulla trama dai loro omologhi americani e indiani giorni prima dell'attacco: "Un promemoria era stato inviato al ministero della Difesa che lo indirizzò poi all'Ispettore Generale della Polizia, che poi lo ha inviato a varie altre persone, quindi non c'è stato un fallimento dell'apparato di intelligence. È stato un fallimento di attuazione di ciò che doveva essere attuato. Quindi, la domanda è perché non è stato fatto" quello che andava fatto per prevenire gli attentati.
De Silva ha detto che il primo ministro dello Sri Lanka Ranil Wickremesing "è stato tenuto all'oscuro" dei rischi e che anche il presidente e ministro della Difesa, Maithripala Sirisena, non era a conoscenza di quanto stava succedendo.
Sebbene non ci sia stata ancora nessuna rivendicazione dell'attentato, il governo ha puntato il dito contro il National Thowheed Jamath (Ntj), un gruppo islamista locale, che però non ha alle spalle una storia di attacchi su larga scala ma solo di assalti alle statue buddiste. Lo stesso esecutivo di Colombo ha ammesso che il gruppo non avrebbe potuto agire senza una vasta rete di supporto internazionale.

Tratto da: repubblica.it

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