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salinas juan josedi Jean Georges Almendras - 1° Parte
Mossad, SIDE e CIA dietro le esplosioni all’Ambasciata di Israele e all'AMIA

Il libro del giornalista Juan Salinas che apre la strada alla verità

Due potenti esplosioni. Due esplosioni che fecero tremare le fondamenta degli edifici e delle case della città di Buenos Aires. Due esplosioni che provocarono/arrecarono morte e dolore. La prima a marzo del ‘92, la seconda a luglio del ‘94. Due esplosioni che fecero tremare anche (e continuano ancora oggi), tutto il sistema di potere argentino (e non). Due esplosioni che privarono letteralmende dell'innocenza una società ingenua e vulnerabile, divorata dalla malizia criminale. Malizia criminale che veste abiti istituzionali confezionati da sarti e operai dell'intrigo animati prevalentemente da interessi economici (principalmente di natura illecita) e completamente spogli da ogni etica, morale e di 'amore (o rispetto alla vita).
Malizia criminale che spezzò la calma di una routine cittadina facendo ricorso alla metodologia terroristica, ma che non necessariamente era stata pianificata o eseguita da terroristi (questa fu la prima ipotesi, perché così bisognava far credere all'opinione pubblica argentina e mondiale, e specialmente alla comunità israeliana), perché in definitiva si trattava di azioni derivate da deviazioni istituzionali, dove la politica internazionale, le reti dell'intelligence e del controspionaggio di paesi come Argentina, Stati Uniti e dello stesso Israele, si diedero un macabro appuntamento, come lupi vestiti da agnello, tutti con lo sguardo rivolto all'Iran, il demonio di turno, visto che in realtà la paternità, complicità e il successivo insabbiamento sarebbe stata ben altra. Molto diversa.
Due potenti esplosioni.
La prima esplosione fu esattamente alle14:50 di un caldo martedì 17 marzo, del 1992. Un’esplosione molto potente che distrusse l'edificio in Calle del Arroyo 910, angolo Suipacha, nella città di Buenos Aires. Nell'edificio aveva sede l’Ambasciata ed il Consolato di Israele in Argentina. In un clima di panico e terrore, ci furono 22 morti e circa 200 ferite, di diversa entità.
La seconda fu esattamente alle 9:53 del lunedì 18 luglio 1994. Un’esplosione molto potente distrusse l'edificio in via Pasteur 633, dove aveva sede l'Associazione Mutual Israelita Argentina a Buenos Aires (AMIA), che scatenò panico e terrore. Le vittime furono 85 e oltre 300 i feriti, di diversa gravità, senza contare i danni materiali agli immobili della zona, così come avvenuto nell'attentato all'Ambasciata di Israele.
Due potenti esplosioni.
Dopo due decenni da entrambe le esplosioni ne giunse una terza. Giornalistica, ma non meno distruttrice, in quanto a verità rivelate che è quello che conta, dopo tante morti e tanta infamia.
L'autore. Il responsabile di questa esplosione del giornalismo investigativo (che non è destinato a falciare nè vite né speranze, ma porta alla luce pubbliche verità, sul caso AMIA e dell'Ambasciata di Israele), e che infastidisce certe persone, certe istituzioni e certi poteri, è stato (ed è), il giornalista e scrittore argentino Juan José “El Pájaro” Salinas.
Nato a Buenos Aires 65 anni fa, nel mese di luglio del 2018, ha chiuso il capitolo "Conclusioni" del suo ultimo, eccellente e illuminante libro: “La InfAMIA. Los servicios de Inteligencia en el atentado y su encubrimiento. El Memorándum con Irán, Stiuso y la muerte de Nisman” (La InfAMIA. I Servizi di Intelligence nell’attentato e l'occultamento. Il Memorandum con l’Iran, Stiuso e la morte di Nisman) (di editorial Colihue), con questi termini: “Concludiamo questo libro dopo che, nel mezzo di una grave crisi e della firma di un accordo con il Fondo Monetario Internazionale che implica contrarre un debito impossibile da estinguere –a meno che in cambio vengano cedute tutte le risorse naturali al capitale straniero e transnazionale- il presidente Macri ricevette alla Casa Rosada il presidente della Corte Suprema, Ricardo Lorenzetti, senza aver informato - né ufficialmente né ufficiosamente - riguardo la riunione e, tanto meno, riguardo il tema affrontato. Quel che è certo è che il giorno dopo la Corte ha adottato varie importanti risoluzioni, e la Cassazione Penale ha confermato l’allontanamento di Sabrina Namer dal Tribunale che giudicò CFK (Cristina Kirchner, ndr.) ed altri accusati da Nisman. Probabilmente non si saprà mai se c’è stata una relazione causa-effetto tra entrambi i fatti.
La decisione della Cassazione non è stata unanime, poiché il presidente del Tribunale, Borinsky, si oppose ritenendo che nessuno sostenne mai una qualche relazione tra questa causa e quelle al vaglio di Namer, e chi contestò Namer non riuscì ad indicare motivi obiettivi che compromettevano la garanzia di un giudice imparziale. La decisione di Hornos ("un giudice non deve essere solo imparziale, ma anche sembrare di esserlo" ha detto), è stata vergognosa. Prima di accettare di dare seguito alla denuncia di Nisman, si era allontanato da tutte le cause legate all'attentato all'AMIA perché era “Fiscal de Cámara” in quella causa. Per lo stesso motivo si allontanò anche dalla causa che dichiarò l'incostituzionalità del memorandum.
Era nella stessa posizione di Namer, che lui destituì perché era stata pubblico ministero nel caso Amia quando lo era anche lui. Oltre a Namer e López Iñiguez, il TOF 8 (Tribunale Federale) era formato da Nicolás Toselli, il quale si scusò per essere genero dell'ex ambasciatore in Siria Roberto Ahuad che depose nella causa come testimone.
Il suo sostituto fu José Michilini, uno dei giudici che mostrò maggiore ostilità contro l'ex vicepresidente Amado Boudou nella causa a suo carico e che fu archiviata, per un'irregolarità di un bonifico per un'automobile. Dato che il Governo diffida di López Iñiguez, tenta ora di rimpiazzare Nader con qualche adepto. In poche parole, cerca in modo osceno, esibizionista, pornografico, di costituire un tribunale che condanni, a qualunque costo, CFK ed altri accusati, come si fece con Lula Dà Silva in Brasile.
Tenendo in considerazione che, facendolo, non ci sarà più altra alternativa che considerare complici i deputati e i senatori che approvarono un memorandum che non fu mai avallato da Majlis (parlamento unicamente iraniano), né ebbe principio di esecuzione. Si tratta di riuscire a farli condannare in base ad alcune accuse presentate da chi, pienamente cosciente della loro inconsistenza, si suicidò, offrendo un ultimo servizio a chi lo aveva pianificato. Vale a dire, ai veri insabbiatori delle massacri del ’92 e del ’94. A chi l’unica cosa che importa, contro ogni evidenza, è che l'Iran continui ad essere considerato uno Stato terrorista e che CFK e compagnia vengano condannati. Entrambe le cose sono indissolubilmente unite. Si tratta di evitare che riescano nel loro intento. Il resto è paglia".

aima esplosione

Due potenti esplosioni.
Due esplosioni che fino ad oggi, giudizialmente (ufficialmente), non sono state chiarite. Cioè, nonostante gli andarivieni in particolar modo nel caso AMIA, non sono sorte responsabilità, nonostante ci siano stati degli arrestati, altri messi in libertà, intrighi di potere e persino un giudice federale (Alberto Natalio Nisman) trovato senza vita nel suo lussuoso appartamento di Buenos Aires nel quartiere esclusivo di Puerto Madero, il 18 gennaio 2015. Tutto versa ancora nell'impunità più sfacciata e perversa, ancora vigente, sin dal minuto seguente alle esplosioni, un manto di impunità e di insabbiamento tessuto, sempre con incredibile rapidità, affinché la verità sugli attentati continui ad essere etichettata come attentato terroristico made in Iran, made Hezbolá. Tutto deve rimanere incapsulato in quel contesto. Un contesto di terrorismo con il marchio iraniano. Punto. Non sia mai che la verità filtri da qualche parte.
Ma questo è già avvenuto è avviene ancora. La verità segue altre strade. È già sulla bocca di molti. Ed uno di quei molti, con solidi riscontri e prove, è Juan José Salinas, con i suoi libri. Libri che sono determinanti per avere un'idea chiara di questo sporco complotto che disseminò di cadaveri le strade di Buenos Aires.
Riprendendo le crude conclusioni di Salinas, nel tratto finale del suo libro di 357 pagine, mi sento di dire che tali conclusioni non vengono dal niente. Non sono banali. Non c'è trivialità nelle sue valutazioni, né tanto meno nel voluminoso materiale la cui esistenza risale a diversi anni addietro.
Salinas scrive: "In origine questo libro doveva essere la seconda parte del "Caso Nisman: Segreti inconfessabili. Suicidi" in serie, traffichi illeciti e massacri all'Ambasciata di Israele e all'AMIA", pubblicato tre anni fa e del quale mi sento orgoglioso”.
Ed aggiunge: "Se nel "Caso Nisman"… il personaggio è stato descritto, sono stati approfonditi evidenti omicidi fatti passare come suicidi all'opinione pubblica - come quelli di Lourdes di Natale ed del pompiere Alberto Cánepa Carrizo –evidenziando il fatto che gli attentati furono eseguiti da membri dell'organico e non della Polizia Federale al soldo della cerchia del presidente Menen (ma tutto sta a indicare alle sue spalle), anche in questo volume ci saranno molti riferimenti a "segreti inconfessabili". E specialmente al più grande, la ragione di un così prolungato ed esteso insabbiamento- del quale il giudice Alberto Nisman fu protagonista durante tutto il decennio-: il coinvolgimento dei servizi segreti di Israele (con la collaborazione della CIA e la SIDE), nell'esecuzione di entrambi gli attentati perpetrati a Buenos Aires.
Il suo titolo è, principalmente, un omaggio a Horacio Verbitsky che lo scelse per uno dei suoi rari articoli sugli attentati in occasione del decimo anniversario delle esplosioni dell'AMIA. In quella nota spartiacque informava che poche ore dopo le esplosioni, i governi di Israele e Argentina si accordarono per colpevolizzare l'Iran. E a questo fine - benché Verbitsky non lo specifica, decisero di adottare il sotterfugio, già utilizzato nel precedente attacco all'Ambasciata di Israele, di un un fantomatico furgone-bomba guidato da un suicida”.
Un dettaglio. Non possiamo ignorare che l'origine del lavoro di indagine di Juan José Salinas sul caso AMIA ha origine da un episodio che lasciò un segno (un prima ed un dopo nella sua ricca carriera di giornalista e di scrittore), poiché oltre ad essere stato cronista di cronaca nera, anni addietro pubblicò un libro - insieme al collega Julio Villalonga - non meno impegnativo verso i fatti accaduti nel suo paese all’epoca: "Gorriarán. La Tablada y las "Guerras de Inteligencia" in America Latina".
Al fine di ricostruire la verità (cioè comporre il puzzle), anno dopo anno, Salinas, è entrato nelle indagini sul tema AMIA proprio dopo la pubblicazione del libro di "Gorriarán… ". Lui stesso racconta che quel libro piacque molto a Pedro Brieger che tramite una segretaria aveva dei rapporti con l’allora presidente dell'AMIA, Alberto Crupnicoff. E racconta anche che fu lui personalmente - Crupnicoff - a rendersi conto che dopo i passi in avanti della polizia nell'investigazione si inizio/ò a retrocedere cancellando persino tutto quello che era stato scoperto. Tenendo conto che dietro le sbarre erano finiti i padroni dell'impresa che avevano messo un autocarro ribaltabile alla porta d'entrata dell'AMIA, quattro minuti circa prima dell'esplosione, dimostrando inoltre che erano stati comprati circa dieci tonnellate dell'esplosivo utilizzato: nitrato di ammonio o amonal. E questa informazione era stata occultata, cioè non fu divulgata dai mezzi di comunicazione.
È a questo punto che Pedro Brieger, affascinato dal libro di Salinas, iniziò a sospettare che si stavano influenzando le indagini e convinse Crupnicoff a dare origine ad una solida squadra di investigazione. In quei giorni Salinas lavorava al Télam, nella sezione Economia. Salinas accettò il lavoro e sollecitò che fosse aggiunto al gruppo (che contava già con quattro studenti anziani del Taller Escuela Agencia), il responsabile della documentazione del CELS (Centro di Studi Legali e Sociali, organizzazione che ancora oggi si occupa di Diritti Umani) Daniel Fontanini e Hernán López Echague. Il gruppo lavorò un mese sul fascicolo giudiziario, fino che sopravvenne un imprevisto.
Crupnicoff fu convocato in Israele e gli chiesero di portare una relazione dove si leggeva che era evidente che la Polizia Federale era coinvolta nell’attentato. Di ritorno da Israele, Crupnicoff, con enorme stupore del gruppo di lavoro, lo chiuse. Di conseguenza, Salinas e Fontanini e due ragazze studenti di giornalismo (una di loro è la oggi famosa giornalista Gisela Marziotta che all’epoca aveva 19 anni), decisero di continuare ad investigare, in modo indipendente.

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L'investigazione indipendente del gruppo durò tre anni ma dopo si dissolse. A radice di ciò, Juan José Salinas pubblicò un libro intitolato: "AMIA. L'attentato. Chi sono gli autori e perché non sono in carcere". Il libro ebbe grande successo e Salinas presentò tre richieste al giudice Juan José Galeano sollecitandogli l’arresto di chi aveva lasciato un camioncino trafic (apparentemente un veicolo-bomba), vicino all'AMIA (in realtà un diversivo, come afferma Salinas nel suo libro). Salinas disse inoltre nel libro sull'AMIA che il camioncino esca lo avevano lasciato alcuni ragazzi di San Telmo, uno dei quali era poliziotto ed inoltre erano legati ad un uomo che smantellava automobili e ne duplicava i documenti in complicità con la Polizia Federale, e che sarebbe presumibilmente la persona che procurò la Trafic, (presunto veicolo-bomba), ad un certo Carlos Telleldín. Successivamente lo stesso Juan José Salinas scoprì che non era mai esistita una Trafic-bomba ma in realtà erano due i veicoli ad essere coinvolti, come diversivo o con altri scopi.
In una recente intervista (che abbiamo pubblicato in Antimafia Dos Mil) realizzata dai giovani giornalisti a Salinas, il giornalista disse: "Il caso AMIA è l'unico caso che conosco in cui Israele e gli Stati Uniti si misero d'accordo con il governo argentino per fornire una versione falsa. Tutti i mezzi stampa, soprattutto i tre quotidiani principali - Clarin, La Nación e Pagina 12 - decisero di pubblicare solamente quanto proveniva dal tribunale, dal corrotto giudice Galeano che adattava la versione da riferire ai giornalisti insieme a Rubén Beraja, capo della DAIA oggi sotto processo per complicità".
Troppo gravoso tutto questo. E nel recente libro "L'InfAMIA", tutta l'informazione riferita porta lo stesso carico di intensità, in ogni episodio (ed ogni mistero) che si cela dietro gli attentati.
Un altro dettaglio non trascurabile: Juan José Salinas segnala che "il titolo di questo libro "L'infAMIA" è anche un promemoria dell'infame traiettoria politica recente dei dirigenti di un'istituzione di origine e percorso rispettabile, l'AMIA, che dopo la sua cruenta demolizione passò da mani laiche favorevoli agli accordi di pace in Medio Oriente a quelle di un ‘tartufo’ come l’attuale presidente, Agustín Zbar, emblema del sionismo più razzista. Zbar è ha rapporti familiari con Eduardo Elsztain, essendo sposato con sua cugina, Patricia Elsztain che lavora nella sezione femminile della potente setta Jabad Lubavitch, da tempo il maggiore finanziatore delle istituzioni giudeo-sioniste. Come risultato l'AMIA partecipa in prima linea all'insabbiamento che garantisce fino ad oggi l'impunità degli assassini dei suoi impiegati e membri".
Già l’intestazione del primo capitolo "Un insabbiamento al quadrato" permette di percepire la dimensione dell'atto da occultare, dalle file stesse degli investigatori (argentini ed israeliani), ai responsabili dell'esplosione dell'AMIA ed in conseguenza dell'esplosione all'Ambasciata.
Nel prologo del libro del "Caso Nisman…”Juan José Salinas era stato molto chiaro: "Il colpo che uccise il giudice Natalio Alberto Nisman aprì il vaso di Pandora. Avvenne solo quattro giorni dopo che ebbe presentato una denuncia contro la Presidente della Nazione ed il suo cancelliere accusandoli di cospirazione per liberare dalla responsabilità alti funzionari del governo dell'Iran che accusava di avere pianificato ed ordinato l'attentato all'AMIA".
Il giornalista Salinas non improvvisa nel suo ultimo libro. Non fa salti mortali giornalistici per guadagnare lettori, fama o popolarità. Tutto il libro è un insieme di elementi convincenti. Ed ognuno di questi elementi, come anelli o perle di una collana, ha un proprio senso e sono più che dimostrabili. Tangibili. Ed hanno un'armonia ed una coerenza narrativa e dimostrabile.
Non invano Salinas scrive: "Per un quarto di secolo ho sostenuto attraverso libri, articoli ed interviste che le esplosioni di Buenos Aires erano state organizzate in ambienti molto vicini ai vertici del potere politico, che gli esecutori erano stati mercenari legati alla Polizia Federale che contavano con la copertura e l’insabbiamento di servizi di intelligence locali ed i "collaterali" delle potenze occidentali e di Israele, e che tra le motivazioni c’erano chiaramente delle frodi nel processo di riciclaggio di denaro sporco proveniente dal traffico di droga ed armi. Sono particolarmente soddisfatto del libro "Caso Nisman: Segreti inconfessabili", soprattutto per quanto riguarda l’ampio articolo riferito all'Ambasciata di Israele dove credo di avere dimostrato che lo Shin Bet (Sherut Bitachon Klali, Servizio di Sicurezza Generale, noto anche con il suo antico nome di Shabak), addetto alla sicurezza dell'edificio, non è estraneo all'attentato, e la partecipazione di agenti della Polizia Federale è stata fondamentale, come lo fu anche nell'attacco all'AMIA".
Sempre analizzando il perché delle esplosioni, anche se nelle 357 pagine del recente libro di Salinas, la risposta a questa domanda è esauriente, non posso non riprendere l'intervista dei giornalisti di Frecuencia Joven, che ci dà un’immagine dell’indagine del collega.
Juan José Salinas rispose: "Perché? Perché si misero d’accordo un gruppo di trafficanti di armi e droga, che non erano stati pagati nel processo di riciclaggio di denaro sporco e reintroduzione nel sistema bancario. Gli intermediari si erano tenuti il denaro, e questo è evidente nel primo attentato e Monzer al Kassar, che era uno di loro e fu incarcerato in Spagna e sembrava che non ne sarebbe mai uscito, invece uscì e ci fu un altro attentato. E lì credo che sono stati pagati, e bene. Ma questi trafficanti non fecero gli attentati per se stessi. Prima si misero d'accordo con un settore dei servizi di intelligence israeliane/i che voleva sabotare gli accordi di pace promossi dal primo ministro Isaac Rabin con Siria e Palestina. Essenzialmente riguardavano il piano di restituzione della meseta del Golán alla Siria, questo è quello che voleva fare Rabin, in cambio di un accordo di pace solennemente firmato davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ne sarebbe stato il garante.
La destra israeliana e gran parte dei servizi segreti interni, cioè il controspionaggio, il Shin bet o Shabak, da non confondere con il Mossad che è l’intelligence all'estero, mentre il primo agisce nei territori occupati da Israele. Gran parte dello Shin Bet era in disaccordo totale con questa storia per la sconfitta, che stavano già soffrendo e che avevano dovuto subire per il ritorno di Yasir Arafat dall'esilio di Tunisi a Cisjordania, perché Arafat era ritornato con una polizia Palestinese addestrata dalla CIA che mandò via da quei territori lo Shin Bet. Tre anni fa io pubblicai un libro che si chiama "Caso Nisman. Segreti Inconfessabili" ed in quel libro, la mia teoria del punto di incontro, dimostrava chiaramente le dinamiche dell'attentato all'ambasciata di Israele, che è più facile della tabellina del due.
Chiunque leggendolo, come se leggesse un buon romanzo poliziesco, può trarre le sue conclusioni circa gli autori e le modalità in cui saltò in aria l'Ambasciata di Israele che non ha niente a che vedere con la storia ufficiale. Ed in quel libro io dimostravo che quell'esplosione all'Ambasciata contò con la complicità di agenti israeliani, in particolare con il responsabile della sicurezza all'ambasciata, che quel giorno la tolse. Perché all'Ambasciata quel giorno non c’erano agenti della Polizia Federale addetti alla vigilanza. Un poliziotto non venne, l'altro andò via. Era il giorno di San Patricio, quindi non c'erano poliziotti. Anche quello che stava all'Ambasciata di Romania, che è lì vicina, andò via. La pattuglia di copertura andò via. L'edificio fu previamente svuotato di molta gente. La mattina era pieno di persone e passato mezzogiorno rimasero in pochi, al punto che morirono solamente quattro israeliani, le altre 18 vittime erano argentini, italiani ed un prete che era di fronte. Io pubblicai questo libro tre anni fa e nessuno disse niente. Ora che siamo in un'altra epoca c'è malumore.
Da fastidio perché in "La infAMIA" il nuovo libro, io dimostro che anche in questo attentato contro la Mutual c’erano agenti israeliani coinvolti. Ma in nessun modo si può parlare di auto-attentati, questo lo voglio specificare con chiarezza.
Furono tutti commissionati dalla cerchia del presidente Carlos Menem senza che lui avesse niente a che vedere. Furono eseguiti da mercenari argentini legati alla Polizia Federale e protetti da agenti del SIDE e della CIA che ovviamente erano al corrente del progetto dell'attentato, e che pensarono, sin dal primo momento, di addossare la colpa all'Iran. Ricordo che l’allora Ministro dell'Interno, Carlos Ruckauf, si trovava negli Stati Uniti e dopo mezz'ora dell’esplosione delle bombe nell’edificio, perché furono due, accusò l'Iran e dopo disse che qualcuno glielo aveva detto.
Qualcuno a Washington gli disse che era stato l'Iran. Prima di indagare già si sapeva chi era il colpevole. Quindi l’uscita di questo libro "L'infAMIA" provoca scalpore per il tema. Ma è così, sono attentati mafiosi eseguiti da trafficanti di armi e droga che si misero d’accordo con un settore dei servizi segreti israeliani interessati a boicottare gli sforzi del primo ministro Rabin che comunque occultò tutto. Allora, gli attentati furono eseguiti da manodopera mercenaria locale, commissionati dal potere politico vicino al Presidente Carlos Menem ed eseguiti con il beneplacito dei servizi segreti di Israele e degli Stati Uniti, perlomeno dei loro capi”.
Due potenti esplosioni. Alle quali parteciparono cervelli dell’intelligence israeliana, corrosi dalla cecità criminale.
La cecità criminale che oggi (come ieri), è la normalità.
I mondi occulti della politica sporca si frequentano e sposano l’ambizione per il potere, il crimine organizzato e le metodologie mafiose, disseminando sempre i cimiteri di bare al cui interno giacciono sempre i resti degli innocenti. Perché sono loro, gli innocenti, a pagare sempre i piatti rotti.
Gli innocenti che non sanno niente. E appunto perché non sanno niente sanguinano per colpa dei criminali e di molti uomini e donne dei poteri istituzionali che vendono la loro anima al diavolo.

(Continua)

Foto di copertina: www.pájarorojo.com/Juan José Salinas presentando il suo libro
Foto 2: www.revistaelmedio.com/Esplosione dell’AMIA
Foto 3: www.americaeconomía.com/Esplosione dell’AMIA

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