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mapuchesdi Jean Georges Almendras
Camilo Catrillanca, il giovane mapuche assassinato in Cile da poliziotti di élite

Come una storia senza fine. Come un film che rivediamo in America Latina, come se si trattasse di una maledizione dell'uomo bianco. Come un lacerante attentato contro i diritti degli uomini. Come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Qualche giorno fa, in Cile, i carabinieros hanno ucciso un giovane mapuche. Si chiamava Camilo Catrillanca. Ad ucciderlo i membri di un Comando Speciale dei Carabinieros del "Comando Jungla". Uomini addestrati principalmente in Colombia per combattere la guerriglia.
E come mai è stato chiamato ad intervenire in un episodio dove - secondo le autorità - erano coinvolti dei delinquenti comuni? Che concezione hanno della delinquenza le autorità cilene, quando si parla delle comunità mapuche? Sono queste alcune delle domande che dovremo porre a noi stessi, ma anche al governo del Cile la cui ostinazione nel distruggere le comunità mapuche è ampiamente dimostrata ancora una volta.
Da qualsiasi punto di vista lo si guardi l’intervento delle forze repressive è stato eccessivo, sin dal momento stesso in cui una forza di élite è intervenuta prendendo parte dell'operazione. E questo piccolo dettaglio, non trascurabile, è rivelatore della barbarie e della cultura dell'impunità che predomina nel paese fratello.
Ieri il grido di indignazione regionale ed internazionale si era levato contro l'autoritarismo argentino, che aveva soppresso le vite di Santiago Maldonado, nella provincia di Chubut, e di Rafael Nahuel a Bariloche.
Oggi il grido dell’indignazione regionale ed internazionale si solleva contro l'autoritarismo cileno perché l'episodio nel quale è avvenuta la morte di Camilo Catrillanca, ci indigna e ci sentiamo di ripudiarlo nel modo più assoluto.
La madre di Camilo Catrillanca ha scritto un comunicato reso pubblico: “Figlio, ti ho generato coraggioso, ti ho vestito con l’eredità di una nazione guerriera, ho tessuto i tuoi abiti ogni notte, tu sognavi dalla mia voce, il mio vlkantv, io cantavo alla libertà. Figlio, ho forgiato la tua lingua onesta con zolle di terra, acqua di mare, xayenko, mawvnko, karrvltu lawen.
Figlio, la tua voce si ascolta nell’azzurro, c’è l’eco del tuo giyatu, la tua voce grida le ingiustizie! La tua voce, figlio, la tua voce non la spengono con i proiettili, si perpetua sul tuo corpo massacrato. Figlio, ti hanno strappato i giorni, figlio. No! Non muoiono quelli che sono nati nella resistenza, non muoiono quelli che hanno abbracciato la loro terra madre con la propria vita, non si uccide vigliaccamente alle spalle chi presenta il petto alle pallottole. Figlio, ti sto piangendo, un singhiozzo che lacera l’esistenza, è vero che ti sto piangendo e mentre ti piango vado partorendo nuova resistenza, ti ho partorito e ti ho chiamato Lemun, e un’altra volta ti ho chiamato Mendoza, e di nuovo sei stato Katrileo, ho visto i tuoi occhi Nahuel, ti ho partorito Marileo, ti ho chiamato weichafe, ti ho forgiato al fragore della nostra resistenza, ti ho partorito e torno ad abbracciarti nel tuo volo Kamilo Katrillanka, non si uccide alle spalle chi ha presentato il petto alle pallottole del capitalismo, si perpetua il suo nome weichafe per scrivere col sangue versato l’inevitabile storia di un popolo che si ribella e si libera…Kelv Liwen.
Il padre di Camilo Catrillanca ha dichiarato alla stampa locale ed internazionale che suo figlio era alla guida di un trattore e stava lavorando per la comunità e che i Carabinieros sono colpevoli del suo omicidio, perché Camilo non era coinvolto in un episodio di furto con aggressione come affermano le forze dell’ordine. Camilo è stato ferito ed era estraneo al fatto.
Noi diciamo che niente è cambiato in territorio cileno: un autoritarismo sfacciato ed un cinismo sfacciato, impegnato in particolar modo a celare le politiche assassine di un governo che senza ritegno alcuno produce ed incentiva dimostrazioni di forza, al solo fine di screditare, sottomettere ed assestare duri colpi alle comunità mapuche, seguendo un detestabile piano genocida. Un piano genocida al servizio di molteplici interessi economici legati a sentimenti razzisti propri delle ideologie naziste. Ideologie naziste dei tempi di Pinochet. Come se niente fosse.
Un accanimento perverso ancora presente nelle strade e nei campi della nostra amata terra cilena. Un accanimento che si rinnova grazie alle macchinazioni della vita politica e alle dottrine di un’estrema destra sempre viva, nell'anatomia politica di una regione dell'America Latina.
La maldicenza del potere repressivo ha fatto intendere che tutto è avvenuto nel corso di un’operazione di polizia legata al furto di veicoli.
La maldicenza del potere repressivo ha ignorato le parole di José Aylwin, membro dell'Istituto Nazionale di Diritti umani. Parole che denunciano un'arbitrarietà senza misura.
"È stato colpito alla schiena, niente può giustificare l’uso spropositato della forza pubblica".
Parole di denuncia che dicono tutto. Che mettono in evidenza là criminalità organizzata insita nel potere statale. Che mettono in evidenza là criminalità organizzata connivente con un governo che si dice democratico, ma che non ha niente di democratico, ma molto di dispotismo.
Un dispotismo vigliacco tangibile ogni giorno dell'anno. Palpabile non solo con questa e altre morti (tra cui quella di Matías Catrileo), ma anche con la carcerazione di leader mapuche come Facundo Jones Huala e con la militarizzazione dell'Araucanía. Tra altre assurdità.
Sebastián Piñera continua a dissanguare il suo popolo.
Continua ad infangare il suo legittimo mandato. Continua a servire gli interessi di coloro che fanno pressione su di lui dall’ombra, in modo da relegare nell'ombra valori come libertà e giustizia, e che l'impunità continui a coprire le abominevoli azioni governative che abusano della propria autorità e della propria forza per criminalizzare apertamente ciò che non dovrebbe mai essere criminalizzato, cioè la sovranità dei popoli originari.
I popoli originari che oggi loro pretendono di trasformare in nemici.
Nemici incondizionati della democrazia: come se la democrazia, in questo caso quella cilena, fosse la panacea dei diritti, delle libertà individuali e della pace.
Se tacciamo di fronte a tale oltraggio, ignorato anche dai mezzi di comunicazione, diventeremo complici.
Repulsivi complici che promuovono bugie. Le solite bugie alle quali cercano di abituarci quando si tratta del recupero delle terre da parte dei mapuche.
I mapuche che ancora oggi continuano ad essere carne da macello di un sistema statale, di polizia, giudiziario e politico, di natura criminale.
Criminale e basta, senza mezze parole. Il vero terrorismo semina repressioni, manipolazioni giudiziarie, detenzioni e morte.
Uno schifo di sistema.

Foto di Copertina: www.tele13radio103.3FM

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