Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

correa rafaeldi Jean Georges Almendras
Al giorno d'oggi il prezzo da pagare per pensare al popolo è un caro prezzo. Perché il sistema non perdona. E i fautori del sistema che lo sventolano come stendardo unico e infallibile, sono implacabili. E chi sta dietro il sistema, forse nelle viscere stesse dell’impero del Nord - tra gli altri - è ancora più implacabile.
Mi viene in mente, per caso, un episodio non tanto lontano: quando uno dei leader politici italiani più mediatici degli ultimi anni, Beppe Grillo - fondatore del Movimento 5 Stelle (M5S) - in un colloquio con l’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa, gli disse: “Sono orgoglioso di essere populista, se la parola popolo ha ancora qualche senso”. Un’espressione condivisa sicuramente da Correa nel suo intimo, perché lui stesso è un uomo rispettato per ciò che è stata la sua presidenza e popolarità.
Beppe Grillo, parlando in sincerità ad un Rafael Correa che oggi si trova in mezzo ad una tempesta ordita dal sistema, mette in evidenza che i tempi che corrono si attengono a schemi e strutture radicalmente antipopuliste che prima o poi chiederanno il conto, in qualsiasi angolo del pianeta, e ancora di più in America Latina, dove le grinfie dell’impero statunitense sono dietro l’angolo, come i condor, in agguato e pronti a distruggere.
E così, inevitabilmente (sotto gli occhi di tutti, con il fine di dare una lezione, con ferrea mano machiavellica, con intento di vendetta) a Rafael Correa è stata presentata la fattura da parte della sua terra natale.
E per presentargli la fattura hanno cercato il pelo nell’uovo. E lo hanno trovato.
Tra giugno e luglio le agenzie di stampa hanno diffuso questa notizia: una giudice ecuadoriana ha chiesto l’arresto preventivo dell’ex presidente Rafael Correa per non aver adempiuto all’obbligo di presentarsi ogni quindici giorni alla Corte di Giustizia a Quito, nell’ambito di un’indagine sul suo presunto coinvolgimento nel tentativo di sequestro di un politico suo oppositore, Fernando Balda, a Bogotá nel 2012. Il tentativo di sequestro avvenne il 13 agosto 2012, quando Balda fu avvicinato da cinque persone che lo caricarono in un’auto e lo trattennero per circa un’ora e mezza, per poi essere liberato.
Rafael Correa si presentò al consolato ecuadoriano in Belgio (dove risiede con la sua famiglia da quando lasciò il suo incarico di presidente al suo oppositore Lenín Moreno) e questo fu considerato dalla giudice come un inadempimento alla disposizione di presentarsi in Ecuador.
Ecco che la caccia all’uomo fece il suo primo passo: la giudice in questione, Daniella Camacho, ha accolto la richiesta del Tribunale e chiesto l’arresto di Correa per presunto coinvolgimento nei reati di “associazione illecita e sequestro”, notificando all’Interpol la richiesta di arresto, con l’obiettivo di ottenere l’estradizione di Correa.
Dopo lo sgomento iniziale, Correa e il suo avvocato Caopulicán Ochoa sono stati chiari nelle loro risposte alla marea di domande. Hanno detto che non ci sono prove sul coinvolgimento di Correa nel tentativo di sequestro, denunciando pubblicamente di essere oggetto di una persecuzione politica e mediatica.
All’altro estremo della corda, che ogni giorno si tende di più, Fernando Balda insiste nell’annunciare una campagna per convincere i governi europei a non concedere asilo a Correa.
“Inizieremo presso le ambasciate europee partendo dal Belgio. Ci andrò con i miei avvocati con le prove, in modo che possano constatare che non si tratta di persecuzione politica, ma di crimine di Stato”, dichiarò Balda.
A questo punto è arrivata la risposta del difensore di Rafael Correa.
“Il processo non mira a fare giustizia, bensì vendetta. Abbiamo uno scenario dove sono state violate tutte le garanzie di carattere istituzionale”, ha detto Ochoa affermando che ricorrerà in appello contro la decisione di Camacho, e annunciando che non è escluso che chieda asilo politico al Belgio.
“Ringrazio per tutte le dimostrazioni di solidarietà di fronte a questa nuova e grave violazione alla giustizia e ai miei diritti. Io sto bene. Non preoccupatevi. Cercheranno di umiliarci e farci passare un brutto momento”, ha puntualizzato Correa in un twitter aggiungendo: “Giudice scelto a caso, coinvolgimento senza prove, giudice che accetta l’oltraggio dell'Asamblea Nacional, misura cautelare impossibile da eseguire, ecc”.
Correa ha anche sollevato dal passato un dato alquanto significativo: “Balda annunciava già a novembre che ci sarebbero stati processi giudiziari con ordine di cattura dell’Interpol. Ha indovinato o fa parte di un complotto?”.
E ciò che Fernando Balda si guarda bene dal dire è che la polizia di Colombia arrestò il presunto autore del tentativo di sequestro e che il caso fu portato a processo. Gli autori del delitto furono arrestati e giudicati in Colombia. Fu considerato un sequestro semplice, senza violenza nè estorsione.
“La strategia è quella di mettermi in prigione o impedire il mio ritorno”, dice ancora Rafael Correa, ai colleghi di Russia Today aggiungendo che si tratta solo di una manovra politica del suo successore Moreno.
Correa continua a difendersi e dice che in Ecuador lo vogliono giudicare per un fatto di violenza estorsiva perché detto reato non va in prescrizione. In quanto alla relazione tra il suo governo e Balda, precisamente Correa dice che Balda era un legislatore oppositore e che inoltre ha avuto vari processi penali per aggressione e truffe per i quali fu giudicato, per poi fuggire in Colombia, dove si dedicò ad azioni illegali come la pirateria e l'uso di apparecchiature di spionaggio. È in questo contesto che ebbe luogo il sequestro e Balda dice che mente ideatrice dello stesso fu Correa, ma le sue parole non sono supportate da prove concrete.
A questo proposito Rafael Correa fa pubblicamente alcune precisazioni.
Dice che l'Ecuador non è uno Stato di diritto, dovuto principalmente al fatto che il pubblico ministero che lo perseguita non ha una nomina ufficiale, vale a dire che c’è una nomina diretta. Correa dice anche che senza un inquadramento giuridico sono stati nominati nuovi membri del Consiglio della Magistratura che sono "dichiarati nemici politici della Rivoluzione Cittadina e che fanno pressione sui distinti giudici”.
Per Correa la persecuzione politica non è iniziata con questa denuncia, ma comprende almeno altre cinque cause che includono, tra l’altro, prevendita di petrolio e traffico di
favoritismi. Per Correa questa strategia di giudiziarizzazione della politica si è intensificata quest’anno, dopo che nel novembre scorso Lenin Moreno dichiarò in Perù che non perdeva le speranze di vederlo in carcere.
Per Correa non c'è documentazione che giustifichi l'ordine giudiziale di Camacho, le prove presentate per imputarlo sono false, e i mezzi di comunicazione hanno grande responsabilità nella manipolazione dei fatti.
Rafael Correa di fronte a questo complotto confida che la richiesta di estradizione non avrà successo perché capisce che "un vero Stato di Diritto in Belgio non lo permetterebbe”. Dice con insistenza che il conflitto si risolverà politicamente, raccomandando ai movimenti sociali di organizzarsi e non perdere la speranza, predicendo che ci saranno tempi duri in Ecuador.
In questi giorni funesti c’è stata una mobilitazione massiccia in suo sostegno e non pochi leader mondiali hanno espresso il proprio appoggio.
Il presidente boliviano Evo Morales ha detto: "Denunciamo la politicizzazione della giustizia ecuadoriana e l’interferenza degli USA nel tentativo di imprigionare un innocente. Siamo con te fratello Correa. Vinceremo!".
Nicolás Maduro, solidale verso Correa, ha aggiunto: "Prima Cristina, poi Lula ed ora Rafael Correa. Stop alla persecuzione contro gli autentici leader della nostra America”.
Lula Dà Silva ha denunciato: "La giustizia vincerà. Compagno Rafael ho saputo che anche lei, in un modo assurdo come hanno fatto con me, è vittima della giudiziarizzazione della politica, con cui alcuni giudici vogliono dichiararci non idonei come dirigenti politici".
Ollanta Humala, ex presidente peruviano, ha detto: "La storia non cambierà perché decidono di criminalizzare la politica, né perché rinchiudono i dirigenti di sinistra e progressisti".
Rafael Correa, economista di 55 anni, è stato al potere per un decennio. Dopo aver lasciato l’incarico è sopraggiunto il divorzio politico con il suo attuale successore, Lenin Moreno, a che Correa chiama "il traditore ed incompetente".
Rafael Correa è intelligente ed abile ed è letteralmente adorato dai suoi seguaci, mentre i suoi nemici trovano sempre il momento e l'opportunità per etichettarlo come despota.
Considerato, dentro e fuori l’Ecuador, come una figura popolare in ogni senso, ha svolto un'amministrazione che ha dato vita ad una nuova Costituzione, litigando instancabilmente con la stampa che egli considerava "mediocre e corrotta", e sfidando frontalmente gli Stati Uniti, arrivando perfino ad espellere alcuni dei suoi diplomatici ed a non rinnovare un accordo affinché in territorio ecuadoriano operasse una base antidroga.
Il braccio accusatore di Correa, oggi, è Fernando Balda, un ex deputato sostituto dell'opposizione (che si diceva simpatizzante del suo progetto di sinistra).
Rafael Correa denuncia Fernando Balda come parte di un intrigo per rovesciarlo.
“C'è un complotto dell'attuale governo. Lenin Moreno è dietro tutto questo, dietro la giudiziarizzazione della politica. Moreno si è riunito con Balda e con il giudice precedente per arrestare Jorge Glas (precedente vicepresidente tra il 2013 e 2017)”.
Oggi, i suoi accusatori, i complottisti, chiedono a Rafael Correa di presentarsi in Ecuador. Correa ha risposto che in Ecuador non ci sono garanzie e che quello attuale è uno scenario da suicidio.
"Perché devo sacrificare nuovamente la mia famiglia? Io ho offerto alla mia famiglia, dopo 10 anni in cui l'ho trascurata per dedicarmi completamente alla mia patria, anni di pace in Belgio. Perfino vivere e morire in Belgio" ha detto Rafael Correa ai giornalisti che lo interrogano.
Perché noi cittadini dell'America Latina dobbiamo essere testimoni di simili episodi, sovraccarichi di intrighi e di macchinazioni che tendono a disintegrare una figura politica?
Viviamo in tempi di insabbiamenti e di sacrilegi politici. Che sono dietro l'angolo e nelle viscere stesse del "valore" della giustizia che oramai non stupisce che sia stato ridotto ad un miraggio imbellettato di belle accuse, rigorosamente fortificate da indispensabili complicità mediatiche, in modo che i popoli allontanino dai loro orizzonti gli uomini giusti.
Quei giusti che pagano un prezzo molto alto, per essere populisti. Per essere popolari. Perché sono uomini dei popoli, e non che opprimono i popoli.
Oggi, è evidente per tutti, la spietatezza abbraccia tutto ciò che è losco. Come è il sistema stesso, che ci avvolge e che continua a fare stragi, ad erodere le democrazie calpestando speranze.
E che nulla a che vedere con gli uomini che sono orgogliosi di dedicarsi ai popoli.

Foto di copertina: www.cnn.com

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos