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murtaja yaserDal 30 marzo sono già 32 i palestinesi morti e circa mille i feriti. Ancora coercizioni su Ahed Tamimi
di Jean Georges Almendras
Ancora attacchi, morti e feriti sulla Striscia di Gaza in Palestina.
Le forze militari di occupazione del regime sionista israeliano sono ferme nella loro posizione, che ha già provocato 32 morti e circa un migliaio di feriti dal 30 marzo. Una delle vittime è un giornalista della tv palestinese che si trovava in una zona dove centinaia di abitanti di Gaza partecipavano ad una mobilitazione.
A ciò si aggiunge, nella zona della Cisgordania, il caso dell’attivista Ahed Tamimi che continua a suscitare indignazione dopo la diffusione di un video che mostra a che punto si sono spinti gli israeliani nell’esercizio della violenza contro la giovane ragazza, a dispetto delle più elementari norme internazionali e locali per quanto riguarda il trattamento da riservare ai minori, ovviamente forti di un’impunità a loro garantita dal regime sionista.
Il giornalista ucciso è il palestinese Yaser Murtaya, 31 anni, colpito all’addome da un proiettile.
Sebbene la mortale aggressione sia avvenuta lo scorso 6 aprile, il giornalista televisivo è morto in ospedale nelle prime ore del giorno dopo. L’attacco è avvenuto quando Murtaya stava realizzando con la sua telecamera un servizio sulla Marcia del Ritorno, nella località di Jan Yunis, zona Est della Striscia di Gaza. Il collega stava svolgendo il suo lavoro e indossava un gilet che lo identificava come giornalista. In contrapposizione, un rapporto ufficiale del Ministero della Difesa israeliano, guidato da Avigdor Lieberman, riferisce che il giornalista era un terrorista con un passato vicino al braccio armato di Hamas, con il grado di capitano. In seguito, queste affermazioni sono state radicalmente smentite dal fratello del giornalista, Motasem Murtaya, il quale ha affermato: “Mio fratello non ha mai ricevuto retribuzione da Hamas. Ha creato la sua azienda televisiva denominata Ein Media circa sette anni fa per produrre documentari per organismi di diritti umani e organismi internazionali”.
La stampa locale riferisce che il giornalista Murtaya si era laureato nell’Università islamica di Gaza nel settore televisivo e di realizzazione di prodotti televisivi. Era un professionista della comunicazione che insieme ad altri colleghi, otto dei quali sono stati feriti durante la repressione militare, stava seguendo ogni momento della marcia ed era disarmato, quando la pallottola di un killer falciò la sua vita.
Il sindacato dei giornalisti della Palestina, come anche altri colleghi che conoscevano bene Yaser Murtaya, ha dichiarato pubblicamente che la sua morte dimostra l’“insistenza dell’esercito di occupazione nel continuare a commettere delitti intenzionali contro giornalisti palestinesi, prendendoli di mira”.
La notizia del ferimento durante la manifestazione di otto giornalisti raggiunti dagli spari dei militari i quali, secondo loro, stavano difendendo la frontiera (con armi dall’elevato potere distruttivo da manifestanti armati di pietre e cocktel molotov e da giornalisti con microfoni, camere fotografiche e telecamere?) ha suscitato subito indignazione e condanna dell’azione militare non solo in Palestina, ma a livello mondiale.

murtaja yaser 2

Si moltiplicano i morti ed i feriti in terra palestinese, e si mortifica nel miglior stile nazista Ahed Tamimi, la giovane attivista conosciuta nel mondo per la sua coraggiosa resistenza contro le forze di occupazione, oggi prigioniera di coscienza del regime sionista di Israele.
È stato Basem Tamimi, padre di Ahed, a denunciare pubblicamente che la giovane minorenne era stata sottoposta a coercizione psicologica e fisica durante un interrogatorio al quale parteciparono la polizia e i militari, senza la presenza di avvocati o familiari.
A prova della sua denuncia pubblica il padre di Ahed Tamimi ha diffuso un video dichiarando che “i primi giorni di interrogatorio (interpretiamo che era precedente all’accordo raggiunto) lei fu sottomessa a tattiche che non rispettano la legislazione internazionale né umanitaria”.
Ha anche denunciato che nella fase dei vari interrogatori sono state adottate tattiche di isolamento e spostamenti continui di cella. Ha denunciato inoltre che la giovane palestinese era stata rinchiusa in una cella fredda e piccola. Una sofferenza che si ripete per ogni palestinese minorenne prigioniero del regime sionista.
Ha aggiunto che gli interrogatori “hanno provato diversi modi per intimorirla e forzarla a parlare, ma lei è rimasta in silenzio durante gli interrogatori, negandosi anche di dire il suo nome”.
Secondo quanto pubblicato da mezzi stampa stranieri il video mostrerebbe il settimo interrogatorio risalente al 26 dicembre scorso, che durò due ore. Nel video si può osservare Ahed in una sala insieme ad un agente di polizia e ad un membro dell’Intelligence Militare che le rivolgono delle domande con toni aggressivi.
Nella denuncia del padre si specifica anche che durante gli interrogatori si fa allusione anche al colore della pelle, dei capelli e degli occhi di Ahed Tamimi.
“Se non ci dai quello che vogliamo, arresteremo tutte le persone che appaiono nel video” mentre gli agenti indicavano lo schermo del computer, minacciandola di arrestare i membri della sua famiglia.

tv palestinese

Ancora soprusi a danno del popolo palestinese.
Sotto gli occhi di tutti, forti della loro impunità continuano a perseverare con la segregazione e l’intolleranza.
Sembra si siano dimenticati che anche loro una volta hanno sofferto l’intolleranza, la segregazione e la morte.

Foto di Copertina e numero 2: www.diarioelcomercio.com/EFE
Foto 3: www.laizquierdadiario.com

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