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Nel 2015, il 72% delle 29.376 vittime cadute per mano di attentati stragisti è concentrato in Iraq, Afghanistan, Nigeria, Pakistan e Siria. Paesi sconvolti da conflitti armati, come lo Yemen. I numeri del nuovo Global Terrorism Index smentiscono la “guerra di civiltà”.

Lo “scontro tra civiltà” non c’entra nulla con il terrorismo internazionale. A dimostrarlo, ancora una volta, sono i numeri del Global Terrorism Index 2016 (GTI), pubblicato dall’Institute for Economics and Peace di Sidney in collaborazione tra gli altri con l’Università del Maryland, e giunto alla sua quarta edizione. Il 72% delle 29.376 vittime cadute per mano di attentati stragisti nel 2015 è concentrato in Iraq, Afghanistan, Nigeria, Pakistan e Siria. Paesi che sono sconvolti da conflitti pluriennali -una relazione costante nell’analisi dei dati del GTI- e che dominano la classifica dei 163 censiti dall’Indice (il 99,7% della popolazione mondiale). Il sesto, più staccato, è lo Yemen, già straziato dal marzo 2015 dal conflitto impari con la coalizione guidata dall’Arabia Saudita.

I morti per terrorismo nel 2015 per Paese
I morti per terrorismo nel 2015 per Paese


Per la prima volta dal 2010, scrivono i curatori che operano su un database di 150mila attentati, è stato registrato un calo del numero dei morti a livello globale. Meno 10 per cento sul 2014, definito l’”anno nero” dell’umanità con i suoi 32.765 morti per terrorismo. L’indebolimento dei gruppi più attivi -Boko Haram in Nigeria e Daesh in ben 28 Paesi, su tutti- è salutato con tiepida soddisfazione, tenendo presente che nel 2015 l’impatto economico stimato delle attività terroristiche è stato stimato in 89,6 miliardi di dollari. E se Boko Haram e Daesh, paradossalmente, “riducono” la portata della loro strategia, quelli che i curatori definiscono “i talebani” in Afghanistan hanno incrementato del 30% il numero di persone uccise rispetto al 2014: 4.502.

L’Europa, nel 2015, ha assistito ad una crescita impressionante in termini relativi rispetto agli attacchi registrati e alle vite perdute (più 650%). Quest’ultime sono salite a 577 nel 2015, contro le 77 del 2014. A pesare in maniera rilevante, i fatti di Parigi, Bruxelles e Ankara. Fatti terribili che è opportuno però rapportare al contesto. Qui, nel 2015, il terrorismo internazionale ha mietuto l’1,9% delle sue vittime.

In Iraq (indice 9,96 su 10), il Paese dove ha perso la vita quasi un quarto delle vittime di tutto il mondo per mano terroristica (6.960), lo stragismo ha “pesato” per quasi il 20% del prodotto interno lordo, causando quasi 12mila feriti e 50.500 morti a partire dal 2000.

I Paesi in cui sono concentrate le vittime del terrorismo nel 2015


Per quanto riguarda l’Italia -il cui indice, 2,363, è compreso tra Finlandia e Bosnia Erzegovina-, i curatori del report l’hanno citata in una tabella “dolorosa”: il raffronto con la Francia del fatturato del settore turistico durante il 2015. Dopo i fatti di Parigi, la Francia ha “perduto” circa 2 miliardi di dollari di ricavi garantiti da visitatori, a fronte di un incremento italiano di quasi 5 miliardi di dollari. Una tendenza analoga l’hanno fatta registrare Tunisia, anch’essa duramente colpita lo scorso anno, e Marocco.

L’andamento delle vittime del terrorismo dal 2000 in avanti


“Nessun popolo, nessuna religione è terrorista”, ha recentemente affermato papa Francesco durante il suo Discorso al terzo incontro mondiale dei movimenti popolari. I numeri, purtroppo, confermano la tesi, evidenziando il ruolo chiave della “violenza” organizzata e dei conflitti.

Tratto da: altreconomia.it

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