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omar abubakarda La Repubblica - Firenze
«Il mio sogno? Continuare a lavorare qui, non voglio tornare al mio paese. Non ora». Viene dal Sudan Abubakar Omar, per tutti ‘Abu’, ed ha il sorriso di uno che ce l’ha fatta. O meglio, quasi fatta. Nel senso che adesso lavora come facchino e cameriere ai piani all’hotel Mediterraneo, con le sue 330 camere il più grande albergo della Toscana. ‘Abu’, che ha 35 anni, però ha solo un contratto a termine per ora e, per ora, il sogno s’interromperà il 30 novembre.
Ne ha fatta però di strada da quando è arrivato in Italia. Con le tasche piene solo del suo sogno, ‘Abu’ è salito su un barcone dal molo di Tripoli nell’estate del 2011 ed è sbarcato a Lampedusa: «Eravamo 800 ma per fortuna siamo arrivati tutti sani e salvi”, ricorda adesso che si aggira ormai con disinvoltura nei corridoi del Mediterraneo. Non è stata facile però: «Per almeno due mesi ha dormito nei giardini del lungarno del Tempio», ricorda la governante Maura Carmagnini.
«Almeno qui poteva mangiare e fare una doccia», ricorda ancora. D’altra parte, dice Carmagnini, «di italiani disposti a fare questo lavoro se ne trovano sempre meno». E poco a poco ‘Abu’, che adesso sfoggia l’abbreviativo sul petto, è riuscito ad aprirsi uno spiraglio: «È un ragazzo gentile, che merita, e va d’accordo con tutti. Ormai ha maturato la professionalità sufficiente per lavorare in qualsiasi albergo», dice di lui il vicegovernante Mauro Renzi.
omar abubakar quCerto, ‘Abu’ non ha fatto tutto da solo. Anzi, come altri anche lui è l’orgoglio della cooperativa ‘Il Cenacolo’ che, oltre a gestire l’accoglienza, si occupa attraverso il Centro Paci anche di trovare un lavoro ai profughi. Avviandoli ai percorsi formativi, proprio come ha fatto ‘Abu’: corsi preparatori e stage in azienda. «Facciamo corsi di pelletteria, di aiuto cuoco e housekeeping per gli hotel e, grazie ai contratti Giuovani Sì, riusciamo a fare 40-45 tirocini l’anno direttamente in azienda», dice Mauro Storti, direttore del Centro Paci. Che si trova all’interno della Madonnina del Grappa e che si avvale di alcuni finanziamenti ministeriali.
Certo, non tutti i tirocini si trasformano in assunzioni: «Mediamente il 25-30% va in porto, che è comunque una percentuale alta», dice Storti del Centro Paci. Che, oltre a ‘Abu’, accoglie oggi 130 persone.
Come trovare però le aziende disposte ad aprire le porte ad un immigrato? «Dopo 6 anni di attività possiamo dire di avere una rete di contatti e dobbiamo anche dire che sono i rari i casi in cui le aziende ci rispondono che non vogliono stranieri», dice il direttore. «E sono spesso le aziende più piccole le più disponibili»: «Arrivando a prendersi cura della storia personale dell’immigrato», dice il direttore del Centro Paci.
Aziende, per esempio, come la carrozzeria Gamma, che ha assunto con regolare contratto Mahamed, arrivato dalla Somalia. O l’Autodemolizione Disfacar di via del Pantano a Scandicci, dove è stato assunto Abdirisak, anche lui somalo: «Non è il primo straniero. Ma è gente che lavora e non m’interessa se è bianco o nero», dice il titolare Marco Toninelli. (m.v.)

Tratto da: La Repubblica - Firenze

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