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droga-5tijuanadi Piero Innocenti - 4 dicembre 2013
Risale a poco più di un mese fa l’ultimo corridoio sotterraneo individuato al confine messicano con gli Usa. Stavolta sono stati gli uomini della Dea (l’agenzia antidroga americana) dopo una “soffiata”, a trovare lo sbocco del tunnel, in una zona isolata,  tra le case di San Diego (California). Più di mezzo chilometro di costruzione sottoterra, ben illuminata e dotata di un efficace sistema di aereazione, il narcotunnel aveva l’ingresso principale in una casa di Tijuana. E’ proprio lì che la polizia ha trovato otto tonnellate di marijuana e 150 kg di cocaina in procinto di essere esportate nella terra dei  “gringos”. Sono state più di 200, complessivamente, le “trivellazioni” di questo tipo scoperte dalla polizia dal 2000 ad oggi.

Solo negli ultimi cinque anni almeno una cinquantina le gallerie scavate e scoperte al confine per agevolare traffici di droga, di armi, il passaggio di clandestini e di “spalloni” con denaro da ripulire. In alcuni casi, per esempio a Mexicali e a Tijuana (novembre/dicembre 2010), sono state realizzate perforazioni di alto profilo ingegneristico, con pareti rinforzate, pavimenti in cemento, luce elettrica, aria condizionata, sistemi di videosorveglianza. L’appalto di questi lavori, commissionati dal cartello degli Arellano, aveva portato alla realizzazione di due corridoi, ad una cinquantina di metri dal confine  americano, ad una profondità di una decina di metri, della lunghezza di un centinaio e con un’altezza di circa due metri. L’accesso ad uno dei tunnel, all’interno di una casa, era occultato da un bagno reso mobile da un sistema idraulico. Sempre alla fine del 2010, a sei metri di profondità, fu scoperto un corridoio munito di binari su cui scorrevano carrelli per facilitare gli spostamenti di consistenti quantitativi di marijuana. Un sistema analogo a quello usato nelle vecchie miniere. Anche in questa circostanza il tratto collegato era quello di Tijuana con San Diego. In questo frangente vennero sequestrate una ventina di tonnellate di marijuana.

In altre circostanze, i “lavori” sono stati interrotti dall’intervento della polizia, come nel luglio 2011 a Mexicali, per un “buco” che doveva collegare con Calexico, in California. In altri episodi, il corridoio era davvero corto ed è stato più semplice anche per la polizia bloccare la costruzione. E’ il caso di una trivellazione, circa cinque metri di lunghezza, fatta a Nogales a ridosso del “muro fronterizo internacional” che fu tappata rapidamente con una pesante lastra di acciaio. Normalmente la realizzazione di queste opere richiede la partecipazione di un buon numero di lavoratori e l’impiego di una discreto capitale. Naturalmente si tratta di aspetti secondari per organizzazioni criminali che dispongono di ingenti risorse. In genere i lavori vengono avviati in territorio messicano. Il tunnel realizzato ad una profondità mai raggiunta da altri è stato quello individuato nel novembre 2011 e che sbucava direttamente in una fattoria di Mesa de Otay, in territorio americano:venti metri sottoterra e 500 metri di lunghezza.

Anche in questo caso un carrello su rotaie veniva adibito al trasporto della droga (4 le tonnellate sequestrate nella operazione). Anche la zona confinaria circostante l’aeroporto internazionale di Tijuana è diventata una sorta di “groviera”. Forse perché il rumore degli scavi utilizzando attrezzi rumorosi può essere coperto dai voli che si susseguono nell’aeroporto. Fatto sta che, tra il 2011 e il 2012, ne sono stati individuati una decina proprio in quella zona. Tra questi, la galleria, localizzata nell’agosto del 2011, il cui ingresso era in una casa (ad un centinaio di metri dal confine) al cui ingresso facevano bella mostra immagini sacre della “santa muerte” e lumini accesi con tanto di preghiere per il buon esito della costruzione del tunnel! Qualcuno, in un recente passato, pensava di rendere difficili le trivellazioni al confine collocando nel sottosuolo, in alcuni punti ritenuti più “critici”, spesse lastre di acciaio ad una profondità di alcuni metri. L’idea è stata, poi, accantonata e, negli ultimi tempi, gli americani stanno facendo sempre più spesso ricorso a tecnologie sofisticate come sensori acustici e sismici per la localizzazione di tali gallerie.

Tratto da: narcomafie.it

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