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iran-web031 agosto 2013
L‘Iran è pronto a scendere in campo a fianco dell’alleato siriano in caso di attacco militare da parte delle forze statunitensi: “Ci opporremo all’aggressione – dichiara il presidente della Commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e la politica estera Alaeddin Boroujerdi, oggi in visita a Damasco. Un attacco – minaccia Teheran –  ”incendierà” la regione e “l’entità sionista e l’Occidente” ne pagheranno “per primi” le conseguenze.  La presenza iraniana in Siria conferma il supporto al governo di Assad e avalla i timori esternati ieri dal ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, che aveva indicato proprio nell’alleanza con l’Iran un pericolo di “deflagrazione mondiale” di un eventuale operazione militare.

L’intervento, comunque, appare sempre più probabile. Così come si allontana il via libera da parte dell’Onu. Il segretario generale Ban Ki Moon ha comunicato che per avere qualche certezza in più su quanto accaduto in Siria lo scorso 21 agosto ci vorrà ancora tempo. Forse anche due settimane, per la necessità di portare a termine i test scientifici sui campioni prelevati dagli ispettori nel corso della missione delle Nazioni Unite, completata stamattina. Una notizia – quella sui tempi lunghi dell’indagine – che certo non farà piacere a Barack Obama, che ieri sera aveva denunciato l’ “impotenza” dell’Onu e la “paralisi” degli organi internazionali.

Stando alle dichiarazioni di ieri, difficilmente Stati Uniti e Francia aspetteranno così a lungo prima di prendere una decisione sul da farsi. Il segretario di Stato, John Kerry, ha dichiarato che l’America agirà “secondo i suoi tempi e i suoi interessi”. E anche Francois Hollande non ha escluso la posssibilità di raid nei prossimi giorni. In quest’ottica, proseguono le attività preparatorie da parte delle forze Usa: la Difesa ha fatto sapere che una sesta nave da guerra è operativa da ieri sera nel Mediterraneo orientale, accanto ai cinque cacciatorpedinieri armati con missili da crociera. Sul fronte interno, invece, oggi il governo riferirà della crisi siriana anche al Senato, dopo aver parlato ieri alla Camera.

Secondo il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, l’ipotesi di un intervento in Siria deve essere comunque considerato “una sorta di segnale alla dittatura di Assad e non una guerra vera e propria”. Il ministro ha anche specificato che il legame “fra Stati Uniti e Italia, come fra gli Stati Uniti e altri paesi dell’Unione europea rimane solido”, così “è altrettanto solido” sia quello con la Francia che con la Gran Bretagna. Per Mauro è “sbagliato” pensare che l’Italia debba “scegliere fra Obama ed Assad” (riferimento alle parole pronunciate ieri dal premier Letta), anche perché sarebbe “scandaloso” pensare di mettere il rapporto col presidente americano sullo stesso piano con quello siriano. L’Italia “come la Germania”, spiega Mauro, pensa però che si debba scegliere “sempre e comunque l’opzione politica”. “La verità – ha concluso – è che rimangono sullo sfondo i rischi collegati ad uno scenario che può essere devastante”.

Anche il regime di Damasco, infatti, si prepara ad eventuali sviluppi. La tv panaraba Al Arabiya riferisce che un attacco può avvenire “in ogni momento” a partire da ora, e che le forze siriane sono “preparate a rispondere”. E il regime rispedisce al mittente le accuse lanciati ieri da Kerry: “Ciò che l’amministrazione Usa definisce come prove inconfutabili altro non sono che leggende trite che i terroristi (i ribelli) stanno diffondendo da più di una settimane: sono falsità assolutamente inventate”, afferma un comunicato del ministero degli Esteri. Oggi una delegazione di tre importanti deputati iraniani, tra cui il presidente della Commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e la politica estera Alaeddin Boroujerdi, farà visita al governo di Assad, per ribadirgli il proprio sostegno. “Ci opporremo ad ogni aggressione contro la Siria, questo è un principio fermo di Teheran“, ha detto il capo delegazione: un attacco contro Damasco “incendierà” la regione e “l’entità sionista e l’Occidente” ne pagheranno “per primi” le conseguenze. Anche l’ayatollah iraniano Kazem Saddiqui ha dichiarato che, se verrà scatenata una nuova guerra in Siria, gli Stati Uniti faranno montare un’ondata di “pubblico odio nel mondo musulmano per tutto il globo”.

I ribelli, invece, oggi hanno annunciato l’uccisione del generale di brigata delle forze lealiste, Mohammed Aslan, indicato come il responsabile del massacro con presunte armi chimiche avvenuto il 21 agosto nella Ghouta. In un comunicato, l’Esercito Siriano libero ha sottolineato che Aslan era il capo della sezione armi chimiche del comando della guardia repubblicana, corpo scelto dell’esercito di Damasco.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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