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stavridis-james-webdi Manlio Dinucci (Il Manifesto) - 17 Aprile 2012
Contrariamente a quanto sembra, anche la Nato impara. «Essa trae sempre lezioni dalle sue operazioni, ed è ciò che stiamo già facendo con la Libia», spiega l'ammiraglio Usa James Stavridis, comandante supremo alleato in Europa.
A tal fine la Nato dispone di un apposito centro, il Joint Analysis & Lessons Learned Centre (Jallc): una sorta di scuola, in cui si insegnano le «lezioni apprese». Così la Nato impara a fare sempre meglio la guerra.

All'inizio di quella contro la Libia, nel marzo 2011, il Jallc inviò un team di analisti a seguire le operazioni presso il centro alleato di comando a Napoli. Le «lezioni apprese» sono esposte in un rapporto riservato, inoltrato lo scorso febbraio, di cui il New York Times ha ora ottenuto copia.
Che cosa devono imparare gli alleati, soprattutto quelli europei? Che la guerra contro la Libia non è stata l'operazione modello che si pensava, ma ha evidenziato gravi lacune. Anzitutto il fatto che gli alleati europei e il Canada hanno dovuto fare eccessivo affidamento sugli Stati uniti. Anche con l'aiuto statunitense, la Nato disponeva solo del 40 per cento degli aerei per la guerra elettronica, che sarebbero stati necessari in questa operazione. E sono stati gli Usa a fornire agli alleati la quasi totalità delle più avanzate munizioni a guida di precisione: 7.700 bombe e missili usati nell'attacco alla Libia (di cui gran parte probabilmente fornita dalla base Usa di Camp Darby).
Bisogna fare presto a colmare tali lacune. «Il presidente Obama ha già richiesto al Pentagono di preparare opzioni militari preliminari in Siria». Tuttavia, «una operazione militare contro la Siria costituirebbe una sfida più grossa rispetto a quella che ha rovesciato il potere di Gheddafi». La Siria dispone infatti di forze armate e sistemi di difesa aerea più efficienti, più difficili da distruggere con gli attacchi aerei. Per di più, l'opposizione siriana è più disarticolata e dispersa di quella libica durante la guerra, «rendendo più difficili gli sforzi degli alleati Nato di coordinarsi con i ribelli». Di conseguenza, per attaccare la Siria, gli alleati europei e il Canada dovrebbero «poggiarsi pesantemente sulle capacità degli Usa».
In previsione di questa e altre guerre (nel mirino c'è anche l'Iran), essi stanno dunque accelerando i tempi per potenziare le proprie capacità militari. In tale quadro si inserisce l'accordo, concluso lo scorso febbraio, per creare a Sigonella il sistema Ags (Alliance Ground Surveillance) che, corredato dai droni Global Hawk dislocati nella stessa base, fornirà alla Nato un quadro dettagliato dei territori da attaccare, permettendo anche di colpire veicoli in movimento. Subito dopo, in marzo, i ministri europei della difesa si sono accordati su un «ambizioso piano» che colma un'altra lacuna: l'insufficienza di aerei per il rifornimento in volo dei cacciabombardieri, che, nella guerra di Libia, sono stati messi a disposizione in gran parte dagli Usa.
Bravi, avete imparato la lezione - dicono i maestri del Jallc - ma dovete impegnarvi di più: «L'acquisto di costosi aerei e apparati elettronici può richiedere anni per essere realizzato». Questa la «lezione appresa» dalla guerra di Libia. Gli allievi che hanno superato l'esame sono promossi alla guerra successiva.

Fonte: Manlio Dinucci, "La scuola di morte della Nato", Il Manifesto, 17 Aprile 2012, pag. 14

Tratto da: clarissa.it

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