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Perry-Rick-webdi Eduardo Lliteras - 10 novembre 2011
Il governatore del Texas, Rick Perry, ha annunciato poco tempo fa di essere disposta ad inviare truppe statunitensi in Messico per combattere il narcotraffico. Perry era considerato un possibile candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti nel 2012.

Poi è inciampato in una gaffe televisiva da ridere: non si ricordava qual era il ministero che voleva tagliare. Obama è certo in difficoltà ma per ora i suoi avversari sembrano dei pugili suonati. E tuttavia hanno progetti pericolosi come quello di tornare in armi nell’America centrale approfittando del fiume di sangue e violenza che scorre in Messico e di cui Washington porta più di una responsabilità. Di seguito il racconto del nostro corrispondete dal Messico, Eduardo Lliteras.

Il governatore del Texas Rick Perry, noto per il suo attivismo cristiano contro la laicità dello Stato e organizzatore di una giornata di preghiera contro la crisi economica, ha insistito nelle ultime settimane sul fatto che invierà truppe degli Stati Uniti in Messico se vincerà le elezioni presidenziali nel 2012 allo scopo di combattere il narcotraffico. La protervia messianica di Perry è stata accompagnata dalle dichiarazioni del generale Barry McCaffrey, che ha difeso la presenza dell’esercito messicano e della marina nelle strade e nelle città del Paese: “senza esercito e marina il Messico sarebbe in libertà condizionata”. In realtà il popolo messicano già vive in libertà condizionata a causa della violenza che domina gran parte del suo territorio. Questa violenza è divampata con l’attuale governo di Felipe Calderon e scaturisce dalla guerra al narcotraffico lanciata dal Presidente. Come ha ricordato Netzaí Sandoval Ballesteros, Felipe Calderon ha quintuplicato la violenza e la morte in Messico. Gli omicidi dolosi legati al crimine organizzato sono passati da meno di 3mila nel2007 a15mila nel 2010. Netzaí Sandoval è un avvocato della prestigiosa università nazionale autonoma di Città del Messico e insieme a più di 20mila persone ha denunciato Calderon, il suo gabinetto di guerra e i narcotrafficanti per crimini di guerra e contro l’umanità davanti al Tribunale penale internazionale dell’Aja. Nella documentazione inviata al Tribunale si legge:  ”il Messico vive una situazione di emergenza e attraversa la crisi umanitaria più drammatica della sua storia recente che è costata già più di 50mila morti, 230mila profughi, 10mila desaparecidos, è la morte di 1300 giovani e bambini assassinati”.

“Esiste – prosegue il rapporto –  anche una costante violazione dei diritti umani della popolazione civile, in particolare dei gruppi più vulnerabili come le donne e gli immigrati che costantemente diventano vittime delle autorità e del crimine organizzato”. Per tutta risposta il Pentagono, Washington e il governo messicano hanno messo a punto la teoria di un presunto attentato che sarebbe stato progettato da un iraniano appoggiato dai narcotrafficanti messicano, in particolare los Zetas. Questa teoria ridicola, come è stata definita da Patrick Cockburn su “The Indipendent”, ha lo scopo di portare il conflitto in Messico al livello di “narcoterrorismo”, come chiedono i repubblicani e i neocon negli Stati Uniti, per giustificare l’ingresso delle proprie truppe  nel territorio messicano e prolungare uno stato di guerra nelle strade e nelle città del Paese.

Fra l’altro stanno emergendo nuove prove del fato che dietro la violenza in Messico ci sono Washington e il Pentagono. Secondo il “Los Angels Times”, infatti, le operazioni segrete per consegnare armi ai narcotrafficanti messicani cominciarono almeno sotto la presidenza di George W. Bush. A proposito di ciò era già nota l’operazione denominata “Fast and Furious”. Ora è venuta alla luce l’operazione “Wide Receiver” organizzata anche questa da diverse agenzie per la sicurezza degli Stati Uniti il cui obiettivo era quello di consegnare armi d’assalto ai narcotrafficanti.

Tratto da: www.articolo21.org

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