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di Alex Corlazzoli
Da padre Zanotelli a suor Rita Giaretta: missionari e religiosi che lavorano al fianco dei più poveri organizzano una manifestazione permanente davanti alla Camera. Don Santoro al Fatto.it: "Le scelte del governo sono incompatibili con il Vangelo e con la Costituzione. Difendiamo il principio di umanità con le armi che abbiamo: il nostro corpo. Siamo pacifici ma determinati"

santoro papa zanotelli

II preti, le suore e i vescovi di frontiera ora scendono in piazza con un “digiuno contro le politiche migratorie del Governo”: martedì a mezzogiorno sotto le finestre del Vaticano e poi per dieci giorni sotto quelle di Montecitorio dalle 8 alle 14 ci saranno padre Alex Zanotelli, il vescovo emerito di Caserta monsignor Raffaele Nogarodon Alessandro Santoro della Comunità delle Piagge di Firenze, suor Rita Giaretta di “Casa Ruth” e padre Giorgio Ghezzi. Dopo aver indossato la maglietta rossa lo scorso sabato raccogliendo l’appello di don Luigi Ciotti, di Arci, Anpi e Legambiente, padre Zanotelli – che dopo anni di vita a Korogocho ha scelto di abitare nel rione Sanità di Napoli – ha deciso con altri di continuare a schierarsi in solidarietà ai migranti.

Un digiuno che suona come un appello alla Cei, alle singole comunità parrocchiali ma anche al Terzo Settore. “Proponiamo – scrivono nell’appello il gruppo di preti e suore – un piccolo segno visibile, pubblico: un digiuno a staffetta con un presidio davanti al Parlamento italiano per dire che non possiamo accettare questa politica delle porte chiuse che provoca la morte nel deserto e nel Mediterraneo di migliaia di migranti”.

Tra i firmatari anche un nome di spicco come quello di monsignor Nogaro ma anche l’adesione della Comunità del Sacro Convento di Assisi: “Quanto sta accadendo è il naufragio dei migranti, dei poveri, dei disperati, ma è anche il naufragio dell’Europa, e dei suoi ideali di essere la “patria dei diritti umani”. È un crimine contro un’umanità impoverita e disperata, perpetrato dall’opulenta Europa che rifiuta chi bussa alla sua porta. Un rifiuto che è diventato ancora più brutale con lo scorso vertice dell’Ue dove i capi di governo hanno deciso una politica di non accoglienza. Anche l’Italia, ha deciso  di non accogliere, di chiudere i porti alle navi delle Ong e di affidare tale compito alla Guardia Costiera libica, che se salverà i migranti, li riporterà nell’inferno che è la Libia”.

Martedì in piazza ci sarà anche don Alessandro Santoro che da anni vive in un quartiere periferico e difficile di Firenze e non ha mai dimenticato di metterci la faccia nei momenti più difficili in cui i diritti delle persone venivano messo in discussione.

Perché avete deciso di scendere in piazza, don Alessandro?
Le scelte attuate da questo Governo sono incompatibili con il Vangelo e la Costituzione. I politici stanno giocando sulla pelle delle persone. Il principio di umanità, che non è legato solo alla fede delle persone, dev’essere salvaguardato. Scendiamo in piazza per difenderlo con le armi che abbiamo: il nostro corpo. Cercheremo di opporci in maniera pacifica ma determinata a questa scelleratezza che si sta compiendo.

Una voce nel deserto.
C’è un silenzio strano che ha un sapore amaro. Questo silenzio sa di prudenza e di paura di perdere privilegi. Stride soprattutto il silenzio della Chiesa: la Cei deve avere una posizione più netta e chiara. Quello che stiamo facendo noi lo avrebbe potuto fare anche la Cei. Sui principi di umanità è la Chiesa che deve prendere posizione in maniera inequivocabile.

Non solo la Chiesa sembra tacere. Pensi che anche altri possano fare di più?
Ci sono prese di posizioni qua e là ma non c’è un pensiero univoco da parte del Terzo Settore e del sindacato. C’è una prudenza inaccettabile perché nel frattempo ci sono navi ferme, naufragi terrificanti, persone in Libia in situazioni inaccettabili e un processo irreversibile in atto che va fermato. Va cambiato anche l’atteggiamento mentale della gente: va fatto capire che la diversità è una ricchezza. Se non riusciamo a cogliere il senso di tutto ciò non andremo lontano. Questo imbarbarimento fa molta paura. E’ giunta l’ora di fare qualcosa in più.

Un imbarbarimento giocato sul potere della parola?
L’assurdo di Salvini è che gioca con le parole. Sa di dire cose non corrette ma le usa per avere il consenso. Sta usando queste prese di posizione per avere un sostegno che gli viene dato perché purtroppo si è creato un sottofondo culturale che è l’effetto della non attenzione delle politiche di questi anni da parte della sinistra. Il linguaggio di Salvini somiglia molto a quello usato negli anni Venti con Benito Mussolini. Dobbiamo alzare l’antenna perché rischiamo di fare la stessa fine. Quello che dice il leader della Lega va radiografato, non corrisponde alla realtà dei fatti ma quest’ultima non “buca” più. Anche da parte del mondo della comunicazione c’è un asservimento a questo linguaggio. Le cose che dici Salvini si possono smentire facilmente ma nessuno lo fa e chi lo fa non trova lo spazio necessario sui media. E’ stato montato il mito della sicurezza, quello di un esercito di persone che sta arrivando in Italia. Questa logica ha assorbito il cuore e la mente delle persone che non ascoltano più.

Il 7 ottobre si terrà la tradizionale marcia della pace. Sarà una grande manifestazione di popolo contro queste politiche?
La marcia della pace del 7 ottobre deve essere una grande occasione ma serve più coraggio di denunciare le cose come stanno. Dobbiamo ridurre i distinguo. Vanno denunciate le guerre, la marcia della pace deve tornare ai valori iniziali.

ilfattoquotidiano.it

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