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peccato originale nuzzi vaticanodi Emanuele Barbieri
L’ultimo libro di Giancarlo Nuzzi, Peccato originale (Chiarelettere, Milano 2017) e due servizi della trasmissione televisiva “Le Iene” (puntate del 12 e 20 novembre 2017), offrono un agghiacciante quadro sulla potenza della lobby gay in Vaticano, confermando quello che più volte ha scritto su quest’argomento Corrispondenza Romana. Tutto parte dalle denunce di un ex studente del pre-seminario vaticano, Kamil Tadeusz Jarzembowski, che testimonia di aver assistito ad abusi sessuali avvenuti all’interno delle mura leonine e di aver inoltrato numerosi esposti alle autorità ecclesiastiche, tutti caduti nel vuoto.

Il pre-seminario è un’istituzione creata da don Giovanni Folci (1890-1963) un sacerdote della diocesi di Como, cappellano militare durante la prima guerra mondiale. Nel 1926 don Folci eresse un santuario dedicato a Gesù Divin Prigioniero (in riferimento a Gesù Prigioniero d’Amore nel Tabernacolo), a Valle Colorina, in diocesi di Como, dove era parroco. Accanto a questo santuario, volle fondare anche un istituto che si occupasse dei ragazzi in ricerca della propria vocazione per prepararli ad entrare in seminario. L’opera venne costituita in associazione sacerdotale diocesana, vincolata alla diocesi di Como e fu apprezzata da papa Pio XII, che nel 1956 affidò ad essa il servizio liturgico in Vaticano. Paolo VI, nel 1971, concesse come sede al pre-seminario il palazzo San Carlo, a pochi metri dalla casa Santa Marta. Il pre-seminario ospita ragazzi della scuola media e del ginnasio-liceo che vogliono capire se il Signore li chiama al sacerdozio. Essi frequentano l’istituto Sant’Apollinare, che ha sede nel seminario romano minore e prestano il servizio liturgico come ministranti nella basilica di San Pietro. Sono conosciuti perciò come “i chierichetti del Papa”. Don Folci morì nel 1963, dopo aver desiderato, fino all’ultimo, unicamente sacerdoti e laici santi. Mai avrebbe immaginato che il suo pre-seminario, nato per essere un vivaio di santità, divenisse un centro di depravazione morale. Ma ciò che è più inquietante, al di là dei disgustosi episodi denunciati, è il clima di complicità e di omertà che ha coperto questi fatti. Le “Iene” hanno chiamato direttamente in causa, accusandoli di avere “insabbiato” lo scandalo, il direttore del seminario, mons. Eugenio Radice, l’ex vescovo di Como, mons, Diego Coletti, e il cardinal Angelo Comastri il quale, peraltro, ha replicato il 21 novembre con un comunicato.

La Sala Stampa Vaticana da parte sua, ha emesso un comunicato nel quale spiega che «i fatti denunciati avrebbero coinvolto alcuni coetanei tra loro», quasi a sottolineare che si trattava “solo” di rapporti tra minori omosessuali e non di “abusi” o di “pedofilia”. Nella mentalità relativista corrente, penetrata purtroppo anche in Vaticano, la trasgressione sessuale è ammessa, a patto che non comporti violenza o abuso di minori. Non si condanna il disordine morale in quanto tale, ma solo se esso comporti una violazione della legge. E poiché l’omosessualità non solo non è condannata, ma è addirittura protetta dall’ordinamento giuridico vigente, si mostra un certo “rispetto” verso di essa. Accade dunque che quando le autorità ecclesiastiche vengono a conoscenza dell’esistenza di una situazione immorale in un seminario, in una parrocchia, o in una diocesi, spesso intervengono per punire non i trasgressori della morale, ma chi ha denunciato l’immoralità, turbando il “quieto vivere”. Così è avvenuto nei confronti del direttore spirituale del pre-seminario, rispedito in Valtellina, per avere importunato con le sue denunce i superiori, mentre il seminarista omosessuale veniva ordinato sacerdote e oggi guida un Oratorio nella diocesi di Como.

È questo il “potere della lobby gay” di cui parla Giancarlo Nuzzi nel suo libro. Una lobby che, in Vaticano, «esiste da quasi mezzo secolo e tutti ne sono sempre stati a conoscenza» (p. 279); «già dai tempi di Paolo VI i comportamenti omosessuali in curia erano noti, ma non se ne parlava» (p. 289). «Gruppi – scrive Nuzzi – in grado di condizionare le nomine e l’aggiudicazione dei lavori, capaci di influenzare le scelte di alcuni porporati, arrivando a indebite “protezioni”, alla gestione di illegittimi privilegi nell’ottica propria della lobby che assicura posizioni dominanti ai suoi membri» (p. 280).

Nuzzi ricorda le ammissioni degli stessi papi Benedetto XVI e Francesco e le dichiarazioni dell’ex comandante delle Guardie Svizzere Elmar Theodor Mäder che la definì «una lobby gay talmente potente da essere pericolosa per la sicurezza del pontefice». Il giornalista cita inoltre la partecipazione di monsignori ai locali omosex di Roma, come “la Mucca assassina”, e ricorda i festini omosessuali a base di cocaina, organizzati nell’ex palazzo del Sant’Uffizio, da don Luigi Capozzi, segretario del cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi. Nuzzi annovera però il cardinale tra i “nemici” di papa Francesco, omettendo di dire che lo stesso porporato è stato tra i difensori della Amoris laetitia (Avvenire, 14 febbraio 2017) e sembra credere che di fronte alla corruzione morale che alligna in Vaticano, la soluzione sia la tanto declamata “riforma” di papa Francesco. Ma il “chi sono io per giudicare?” di papa Bergoglio è una delle parole d’ordine dei “gay-friendly” gli uomini e i gruppi che compongono la potente lobby gay oggi imperante anche in Vaticano.

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