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terremoto ischia internoL'Italia che trema
di Conchita Sannino
Crolli nelle case sopraelevate e lavori con materiali scadenti
CASAMICCIOLA. I morti non c’entrano, le pietre che tremano non badano a buoni o cattivi, i crolli saranno esaminati carte alla mano, uno ad uno. Anche se adesso un vicino di casa alza la testa, lì dove hanno salvato i tre fratellini, sul picco di macerie della frazione La Rita, che sembra Arquata in versione golfo. E ti consegna un ricordo che, se fondato, sarebbe inquietante: «Là sopra, nella casa che stava seppellendo genitori e figli, una ventina di anni fa costruirono due piani all’improvviso. Sapete come succede. In pochi giorni. Sì, ma Alessandro, il padre dei ragazzi, non c’entra, è solo un inquilino». Falso, ribatte il sindaco di Casamicciola, Vincenzo Castagna: «Non ci sono tracce di abusi tra gli edifici che sono andati giù». Sarà proprio così? Il primo cittadino è stanco e arrabbiato: «I gravi danneggiamenti e gli edifici crollati sono solo antiche palazzine del centro storico, sorte in alto, in epoche in cui le precauzioni antisisma non esistevano. Ora basta speculazioni». Troppo tardi, forse, per farsi salvare dalla bellezza. La ferita c’è, è infetta da tempo, oggi rischia perfino di travolgere i lutti. L’abusivismo, il tumore silenzioso di Ischia, non ha mai smesso di scavare sotto i piedi di questi ex borghi che sembrano paradiso e diventano, in una sera d’estate, voragine killer, buco nero a cui strappare con le unghie anche tre bambini.

ABITAZIONI FATTE MALE
Anche Angelo Borrelli, il neo capo della Protezione civile, non ha voglia di gettare alcuna croce ma non può ignorare quel che ha visto nella sua accurata perlustrazione. «È vero, c’è tutto un discorso che riguarda la sismicità dell’isola e il fatto di trovarsi in un’area vulcanica». Però, aggiunge, «oggi, andando in giro, nel centro, ho visto che molte delle costruzioni crollate o danneggiate sono state realizzate con materiali scadenti, fatte con tecnologie di costruzione che non non rispondono ad alcuna normativa vigente. Ha influito? Sì, ritengo che per questo siano crollate o rimaste gravemente danneggiate. Anche se ovviamente ora andranno svolti gli approfondimenti». Anche i pm della Procura di Napoli Maria Tersa Orlando e Michele Caroppoli in punta di piedi visitano il “cratere”, in contatto con i procuratori aggiunti Giuseppe Borrelli e Vincenzo Piscitelli: fascicolo contro ignoti per ora, occorreranno una serie di perizie. Pensare che Casamicciola fu quasi il primo Comune in Italia, negli anni Sessanta, segnato col bollino rosso del rischio sismico: ben prima del resto della Campania, che avrebbe aspettato l’ecatombe del terremoto in Irpinia. Ma anche lì l’introduzione di norme antisismiche rimase teoria. Perché nessun proprietario di Casamicciola poteva essere costretto a rifare casa: solo se avesse dato avvio, autonomamente, a dei lavori di ristrutturazione avrebbe dovuto tener conto delle nuove disposizioni.

UNA PRATICA OGNI DUE CITTADINI
Più facile, a Ischia come altrove beninteso, nascondersi dietro a una mano di tinteggiatura. Invece: troppi cantieri, troppi mini abusi che diventano balconi stanze o terrazzi o piani, tutto scorre da troppo tempo — nell’isola verde — perché il dolore oggi non si intrecci alle battaglie, al racconto di quel paradosso infinito che sono i condoni da queste parti: così inevasi da risultare eterni. E così «necessari» da insinuarsi da un estremo all’altro degli schieramenti. La piaga sta tutta nel numero: 28mila pratiche di “sanatoria” ufficiali. «Un record che fa dell’isola verde, comunque bellissima e amata dai turisti, capitale assoluta dell’affronto alla natura», insistono Angelo Bonelli, il leader nazionale dei Verdi, e Francesco Borrelli, il consigliere regionale. «La guerra non si è mai voluta combattere fino in fondo — racconta Bruno Molinaro, uno degli avvocati più esperti di richieste di condono — Hanno fallito non solo i Comuni, ma i legislatori, i controllori, gli stessi giudici in conflitto costante tra loro, con sentenze di segno opposto. Persino le Soprintendenze che non hanno uomini e mezzi per dedicarsi all’esame delle pratiche, pur se il loro parere è vincolante». Colpisce l’incidenza di casi proprio nella zona più devastata dalla scossa 4.0 di lunedì, tra Casamicciola e Lacco Ameno: 6.200 pratiche su una popolazione che non arriva a 12mila abitanti per i due paesi, più di una richiesta ogni due cittadini.

FALLIMENTO DI TUTTI
I numeri raccontano di una débâcle cui non è stata data risposta. Né di fermezza, né di chiarezza. E come esaminarono, in un libro di qualche anno fa, Sebastiano Conte e Francesco Prisco, le “domande” sono arrivate a 12mila per la legge 47/85, a 9mila per il secondo condono del ‘94, a 7mila in occasione dell’ultima legge che in Campania non trovò applicazione, quella del 2003. Un “regalo” ogni nove anni. Il giudice Aldo De Chiara, storico alfiere delle demolizioni quand’era alla Procura di Napoli, allarga le braccia: «Temi a tutti conosciuti, e su cui non siamo riusciti a fare passi avanti. Ma lo sa che il magistrato deve bussare alla porta del Comune interessato e non può attingere a un fondo di giustizia per fare partire le ruspe?».

UN PATTO PERVERSO
«Quello che chiamiamo abusivismo a Ischia in realtà è il volto di una stortura più profonda, e riguarda un tacito patto che vige da decenni tra classe politica e cittadini. I primi offrono la mancata gestione del territorio ai secondi, che ricambiano col consenso», analizza Peppe Mazzara, responsabile Legambiente a Ischia. E confessa che «nelle ultime settimane, i lavori e gli abusi sono ripresi. Ha contato purtroppo anche l’atteggiamento della Regione». La polemica s’infiamma anche in direzione del governatore De Luca già — quasi profeticamente — bacchettato dal ministro Delrio sulla mancata priorità delle demolizioni. Il presidente della Regione reagisce con forza, all’unisono con i sindaci ischitani: «Niente sciacallaggi. Gli abusi non c’entrano». Ma l’avvocato Maiorano sospira: «Abbiamo una classe dirigente scadente. Io sogno di rinascere in Austria, lo confesso. Anche se di mestiere istruisco pratiche di condono».

Tratto da: La Repubblica

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