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cecile kyenge con il sindaco giusy nicolinidi Valerio Cataldi
L’isola dei conigli è il posto più bello del mondo, ma non è sempre stato così. C’era un tempo neanche troppo lontano in cui su quella spiaggia dove le tartarughe oggi indisturbate depositano le loro uova, c’era una folla di pulmini bar, di quelli che fanno panini, vendono asciugamani, sparano musica a tutto volume. La discesa a mare che ora si percorre su stradine in roccia curate nei dettagli, era devastata dalle macchine che facevano avanti e indietro. Un caos infernale e polveroso che nulla aveva a che vedere con quel paradiso che è oggi. L’isola dei conigli è così come il mondo la conosce oggi solo grazie all’ostinata determinazione di una persona, una donna che si chiama Giusi Nicolini. L’ha difesa e ricostruita quella spiaggia, dall’invasione abusiva di straccivendoli che le contestavano il torto di preoccuparsi della “legalità” e non di loro che restavano disoccupati. Partivano minacce e attentati incendiari contro quella donna che si riempiva la bocca di legalità, questa parola ingiusta che rubava occasioni di lavoro.

La storia di Giusi Nicolini è legata a questo rimprovero che una parte dell’isola di Lampedusa le ha fatto nel tempo. Questa parola, la legalità, “ma perché deve essere così importante?”. Era responsabile dell’area marina protetta all’epoca, e quella parola, che per alcuni non aveva valore, ha continuato a guidare le sue azioni, fino ad oggi. Una delle ultime contestazioni riguardava il campetto di calcio. Un campo abusivo costruito senza nessun tipo di autorizzazione come buona parte delle case, costruite su quell’isola abusivamente, e poi condonate, “sanate” dice qualcuno come se davvero si potesse guarire la deturpazione di un luogo incantato come quell’isola. Quel campo il sindaco doveva “sanarlo” dicevano attribuendole poteri sterminati, e se non lo faceva era perché pensava ai clandestini invece che ai bambini di Lampedusa. Quella donna si riempiva la bocca di quella parola “legalità” che impediva di fare una cosa buona per i bambini dell’isola.

Un giorno i carabinieri, la guardia di finanza e la guardia costiera fecero una operazione di controllo sulle spiagge dell’isola. Era pieno di abusivi, gente che occupava le spiagge con decine di ombrelloni senza nessuna regola, senza rispettare alcuna regola. Le forze dell’ordine sequestrarono ombrelloni, denunciarono persone e si formò un capannello fuori dal comune. Gli abusivi pretendevano dal sindaco che ripristinasse il dis-ordine, la accusavano di aver mandato la polizia sulle spiagge. Atteggiamenti minacciosi, parole grosse. La mia telecamera registrò una esplicita minaccia di morte. La legalità non è ben vista in certe occasioni, rende nervosi. E a volte porta sigilli. Sul municipio ad esempio, oggetto di lavori abusivi dell’amministrazione che ha preceduto Giusi Nicolini, che non è ancora stato possibile ripristinare. Gli uffici del comune a Lampedusa hanno una sistemazione provvisoria. E adesso la stanza del sindaco è vuota, senza quei premi internazionali con cui il mondo ha voluto celebrare un simbolo di accoglienza e legalità. Giusi Nicolini si ritira in buon ordine, ha perduto le elezioni e con lei lascia quell’ufficio il sogno di una opportunità di giustizia e di legalità. Il sogno che restituiva dignità alle persone e che insegnava al mondo intero il significato della parola accoglienza dal centro del Mediterraneo. Gli annunci del nuovo sindaco Salvatore Martello detto Totò, fanno capire che si cambia rotta, che le parole d’ordine saranno altre, che quell’isola tornerà ad essere come era stata.

Una donna coraggiosa come Giusi Nicolini avrà certamente altre occasioni per fare cose importanti, ma io che sono di parte e sono orgoglioso di esserlo, mi sento già un po’ più povero. Dalla finestra dell’ufficio del sindaco di Lampedusa, si può guardare crescere un piccolo prato d’erba battuta. È l’inizio del nuovo campo di calcio che la giunta Nicolini è riuscita ad ottenere. Un campo legale e legittimo, che rispetta le regole, sul quale giocheranno i bambini di Lampedusa. Magari insieme a qualche “clandestino”.

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