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Poliziamoderna, Giuseppe era un uomo di grandi ideali
Roma. Cristina Fava è commissario capo della Polizia di Stato, lavora all'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico a Genova. In una intervista a Poliziamoderna, in occasione dell'otto marzo, racconta di come sia entrata in Polizia grazie all'esempio di suo nonno, il giornalista Giuseppe Fava ucciso da Cosa nostra a Catania nella sera del 5 gennaio 1984, poco dopo essere uscito dalla redazione del suo giornale I Siciliani. "La mia scelta di entrare in polizia - racconta - è stata condizionata da questo evento. Tutta la mia vita è stata influenzata dalla storia di mio nonno che è stata tramandata e portata avanti nella mia famiglia. Lui era un uomo di grandi ideali e passioni civili e con le sue scelte è riuscito a trasmetterci un grande senso di giustizia, l'importanza dei valori della legalità". Quando Giuseppe Fava fu ucciso Cristina aveva pochi mesi: "Non ho ricordi diretti, ma so che era molto legato a me che ero la più piccola. Nonostante fosse molto impegnato, è stato sempre molto presente in famiglia, non c'è stata una partita di pallanuoto di mio padre che non sia andato a vedere. Per lui l'impegno nello sport e nello studio erano fondamentali. Su questo non transigeva e poi amava viaggiare, il teatro, l'opera. Era una persona molto ironica e amava molto la vita ed era legatissimo ai figli e a noi nipoti". E' stata Elena Fava, zia di Cristina a trasformare un evento drammatico come quello dell'uccisione del padre "in un impegno di vita, una missione, che lei ha svolto con un amore e una solarità - aggiunge Cristina - che le ha consentito di tramandare la storia della nostra famiglia, della nostra città e quello che ha fatto mio nonno a moltissimi giovani di tutta Italia. Non ha mai parlato di suo padre come di un eroe, ma di un uomo che con grande coraggio ha tentato di far aprire gli occhi a una città completamente in ginocchio, soprattutto in quegli anni". Nel 2007 Elena Fava è riuscita a istituire un premio nazionale intitolato al padre. "Per lei è stato fondamentale questo premio contro le mafie a cui partecipano molti giornalisti impegnanti nella scrittura d'inchiesta. Un altro successo è stato di poter coinvolgere anche le scuole. I ragazzi raccontano delle storie che sono molto attuali perché riguardano le loro città". Ma, Cristina ricorda che non c'è solo l'impegno delle donne contro la mafia e a favore di una cultura di legalità, ci sono anche quelle che hanno raggiunto posizioni apicali in senso negativo. "Nelle organizzazioni criminali - dice - occupano ruoli importantissimi e gestiscono imperi quando i loro uomini si trovano in galera. Penso che bisognerebbe cercare di dare loro un'alternativa, tirarle fuori insieme ai loro figli. Fare comprendere che c'è la possibilità di una vita diversa”.

ANSA

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