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funerale carabiniereNicolò Girgenti, un bracciante agricolo incensuato, è stato arrestato con l’accusa di aver ucciso il maresciallo capo Silvio Mirarchi. Che indagava su una delle tante serre illegali tra il palermitano e il trapanese. Un business da milioni di euro

di Floriana
Bulfon
Quel carabiniere ucciso per gli affari sporchi della marijuana
In quella piantagione ha investito tanto e per questo si rammarica dell’“inferno” che ne è derivato. Con un amico parla di occasione persa Nicolò Girgenti, arrestato ieri sera dai Carabinieri di Trapani con l’accusa di aver ucciso il maresciallo capo Silvio Mirarchi. 6mila piante di marijuana del resto possono fruttare almeno quattro milioni di euro. Nessuna parola di rammarico invece per i nove colpi sparati da due pistole al maresciallo.

«Sono rimasto a casa tutta la sera, mi sono addormentato verso le 22», ha tenuto subito a precisare, e poi non si occupava più di quelle serre in cui mesi fa coltivava solo piante ornamentali e fiori, in inverno al più qualche ortaggio. Lui, agricoltore quarantacinquenne di Marsala, era solo il gestore e presidente della cooperativa ‘Nuova Flora’ a cui erano state concesse in affitto le serre prima dell’arrivo del pregiudicato Francesco D’Arrigo. Della coltivazione illegale insomma non ne sapeva nulla. Tanto meno della morte di Mirarchi.

Quella sera del 31 maggio però non era a casa, a dirlo è la sua auto che finisce nei fotogrammi di due telecamere a circuito chiuso proprio pochi minuti dopo l’omicidio. Con sé Girgenti ha anche il cellulare, tanto che i tabulati e la cella agganciata forniscono un riscontro puntuale. Era lì, secondo l’accusa, e ha sparato. Il prelievo STUB, il tampone utile per la rilevazione di tracce da sparo, eseguito dai RIS di Messina evidenzia numerose particelle compatibili. Tracce identiche a quelle dei bossoli che hanno perforato lo stomaco, un rene e l’aorta del militare dell’Arma, provocandone la morte.

«Questo esame si basa su una percentuale di nitrati che sono presenti nel concime che lui maneggia quotidianamente», ribatte il suo difensore che per di più lo reputa «un soggetto scaltro e intelligente».

Eppure Girgenti quella serra illegale non avrebbe mai smesso di frequentarla, tanto che è stato rinvenuto un mozzicone di sigaretta con il suo DNA. Secondo gli investigatori conosceva bene persino le abitudini del nuovo gestore D’Arrigo che tutti i giorni arrivava da Partinico, nel palermitano, per coltivare la marijuana e la sera lasciava le piantagioni incustodite. E così quella notte, in base alle indagini degli uomini del Comando provinciale di Trapani guidati da Stefano Russo, va lì con un complice per rubare le piante di marijuana.

“Ammucciati!” – “Non ti fare vedere!” – “Parla piano!”, sussurrano i due. Il maresciallo Mirarchi e il suo collega Cammarata sono appostati dietro a un blocco di cemento, vedono solo due torce accese. «Fermi Carabinieri», ma il militare non riesce a finire nemmeno la frase. Sparano. Uno, due, nove colpi.

Girgenti, socio infedele di D’Arrigo. La loro sarebbe solo una delle tante joint venture della zona per fare affari sporchi con le piantagioni di marijuana.

Un business da milioni: nel mese di maggio in queste campagne i Carabinieri hanno sequestrato oltre 9mila piante e più di 60 chili, a giugno quasi 8 mila. E uomini a terra: poche settimane fa è stato trovato un cadavere e un altro uomo è stato ferito a colpi di fucile in una contrada non lontana. “Il coraggio e l’intuizione di Miriachi non sono stati vani”, ha detto il comandante Russo, “stiamo riscontrando un fenomeno di proporzioni fino ad ora sconosciute, anche oggi abbiamo sequestrato un’altra piantagione”.

Affari gestiti da piccoli criminali locali, tra il palermitano e il trapanese, anche se pare difficile che la mafia non ne abbia alcun controllo. E serre che devono essere perquisite palmo a palmo. Era quello che stava facendo il maresciallo Mirarchi. Ucciso in un brutale agguato, vittima del dovere. Ora è caccia al complice: continua l’attività investigativa, che per il procuratore di Marsala Vincenzo Pantaleo “è stata connotata da un coinvolgimento emotivo che ha rappresentato il valore aggiunto”.

Tratto da: espresso.repubblica.it


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