Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

bologna-2agosto-bigdi Giovanni Bianconi - 1°agosto 2014
«Archiviare la pista palestinese» Strage di Bologna, verità incompleta Nessun riscontro sul terrorista Kram. I pm: «grumo di dubbi» Trentaquattro anni e cinque processi conclusi con la condanna definitiva di tre ex ragazzini come esecutori materiali (e l’assoluzione di sospetti mandanti e complici) non sono bastati a fare luce sulla bomba che il 2 agosto 1980 uccise 85 persone e ne ferì altre 200 alla stazione di Bologna. Domani cadrà il nuovo anniversario e i magistrati della Procura hanno voluto celebrarlo a modo loro, trasmettendo al giudice la richiesta di archiviazione su altri due inquisiti per la strage: un tedesco e una polacca, Thomas Kram e Crista Margot Froelich, presunti terroristi dell’Est europeo legati alla cosiddetta pista palestinese che non ha trovato riscontri sufficienti a impiantare un nuovo processo. Al pari di altre flebili o ingannevoli tracce alternative.
Tuttavia agli inquirenti preme sottolineare l’ansia di scoprire quello che ancora non si sa sulla «impresa più criminale mai avvenuta in Italia», come la definì l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. «La mancata identificazione dei corresponsabili, la complessità della vicenda giudiziaria, i ripetuti fatti di depistaggio imputati anche ad uomini di Stato, hanno alimentato dubbi e interrogativi sulla ricostruzione storica e giudiziaria di quell’orribile fatto di sangue, che hanno lambito la stessa sentenza di condanna di Fioravanti, Mambro e Ciavardini», scrivono il procuratore Roberto Alfonso e il sostituto Enrico Cieri. Che spiegano: «Questo procedimento è una porzione di quella più vasta e complessa attività investigativa, mossa dall’esclusivo scopo di restituire alla strage del 2 agosto la parte di verità che ancora le manca. Senza indicare nuove certezze, questa richiesta di archiviazione assolve a quell’impegno di verità».
La storia della pista palestinese è vecchia quanto la strage. Le tracce sulla presenza di Thomas Kram, militante delle «Cellule rivoluzionarie» collegate al terrorista con agganci mediorientali Ilich Ramirez Sanchez, meglio noto come Carlos, risalgono alle prime indagini successive allo scoppio alla stazione. Perché uno dei pochi dati certi è proprio il soggiorno di Kram all’hotel Centrale di Bologna il primo agosto 1980. L’ipotetica complice Christa Froelich, arrestata nel 1982 a Fiumicino con un carico di esplosivo, fu chiamata in causa da un testimone che disse di riconoscerla in una «stravagante e appariscente ballerina» da lui notata a Bologna — ma «solo da lui» — il 2 agosto ’80.
Troppo poco, dichiarano i magistrati al termine dei nuovi accertamenti avviati dalla riapertura del fascicolo, nel 2005. Le verifiche si sono estese a Carlos, detenuto in Francia e autore di dichiarazioni giudicate «erronee e probabilmente provocatorie nel loro complesso», nonché al possibile movente della strage eseguita da un suo nucleo: la reazione al tradimento, da parte dell’Italia, del cosiddetto «lodo Moro»: la garanzia di impunità, negli anni Settanta, per i palestinesi che transitavano in Italia con armi al seguito, in cambio dell’immunità dagli attentati che in quel periodo si susseguivano in Europa. Tradimento che sarebbe avvenuto con l’arresto di Abu Anzeh Saleh, esponente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, bloccato nel 1979 in Abruzzo mentre portava con sé due missili Sa-7 accompagnato da un estremista di sinistra italiano. A giugno del 1980 arrivò la condanna a cinque anni di carcere, e il Sismi (servizio segreto militare) lanciò un paio di allarmi con altrettanti appunti «riservatissimi» intitolati: «Minacce contro interessi italiani».
Gli agenti segreti in contatto paventavano «operazioni coordinate e concomitanti con partecipazione di gruppi non palestinesi (forse italiani, spagnoli o tedeschi) in più Paesi tra cui l’Italia»; in sostanza, avvertiva il Sismi, «non si dovrebbe più fare affidamento sulla sospensione delle operazioni terroristiche in Italia decisa nel 1973», e cioè proprio il «lodo Moro», dal nome dell’allora ministro degli Esteri sequestrato e ucciso dalle Brigate rosse cinque anni più tardi, nel 1978. La bomba alla stazione potrebbe dunque essere stata una vendetta contro quella condanna; oppure un incidente provocato da «amici della resistenza palestinese» mentre trasportavano il tritolo, come sostenne l’ex presidente della Repubblica (all’epoca capo del governo) Francesco Cossiga in un’intervista, salvo poi ridimensionare e smentire nell’interrogatorio davanti ai pubblici ministeri.
In ogni caso, concludono i magistrati, nessuna ipotesi alternativa all’attentato neofascista, di cui i tre condannati continuano a proclamarsi innocenti, ha superato la soglia del dubbio. La stessa «ingiustificata» presenza a Bologna di Kram, che non ha saputo credibilmente spiegarla, «alimenta un grumo residuo di sospetto, ma non è sufficiente alla formulazione dell’accusa di partecipazione alla strage». Un altro pezzo di inchiesta è chiuso. L’esigenza e la ricerca della verità ancora no.

Il Corriere della Sera

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos