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Napoli. Imprenditrice uccisa dalla Camorra, misura cautelare per sicario 15 anni dopo l'agguato. Gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Napoli e i carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna hanno dato esecuzione a una misura di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Napoli nei confronti di Michele Puzio (in foto), già condannato in primo grado per il suo ruolo di affiliato del clan Moccia di Afragola. Puzio deve rispondere di concorso nell'omicidio di Immacolata Capone, avvenuto a Sant'Antimo il 17 marzo 2004, reato aggravato dalla finalità di agevolare il clan e dei correlati reati in materia di porto d'armi. La vittima era titolare di una ditta attiva nel campo del movimento terra nei comuni di Casoria ed Afragola, ed era diventata una sorta di fiduciario degli interessi economici dei Moccia, ma strinse, nel periodo antecedente l'omicidio, rapporti economici anche con altre cosche. Così i Moccia deciso di 'punire' la donna, che tra l'altro era ritenuta mandante dell'omicidio del marito Giorgio Salierno, uomo fedele ai vertici dell'organizzazione criminale, volendo anche impedire il rafforzamento dei suo legami economici con altri gruppi. Il ruolo di killer di Puzio, emerso nel corso delle indagini, trova conferma in indagini di natura scientifica. Durante le fasi concitate dell'omicidio, caratterizzate da un disperato tentativo di fuga della donna all'interno di un esercizio commerciale, chi aveva sparato aveva infatti perso un cappellino, reperto trovato e sequestrato nelle immediate adiacenze del luogo del delitto. A distanza di anni, e anche grazie al progresso delle metodologie, è emersa, per perizie legate al contraddittorio con la difesa e il consulente dell'indagato, la presenza proprio del suo Dna in più punti del cappellino. Puzio è anche privo di alibi per il momento del delitto.

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