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Una lotta senza regole per conquistare il mercato della droga

camorristi quarta gen


di Grazia Longo

Più che una faida tra clan è una guerra tra gangster urbani. Giovani, giovanissimi, camorristi di terza o quarta generazione che, in barba alle regole non scritte dei vecchi boss, sparano all’impazzata a qualsiasi ora del giorno e della notte. I cognomi sono sempre quelli blasonati dei Giuliano, Sibillo, Sequino, Savarese, Mazzarella - per citarne alcuni - ma i nuovi rampolli scalpitano per conquistare il mercato della droga con un’escalation di violenza che non si vedeva dai tempi della faida di Secondigliano nel 2004-2005. Oggi però il linguaggio del male è cambiato. Non solo tre vittime negli ultimi tre giorni, ma anche sventagliate di kalashnikov contro negozi e auto (60 proiettili due giorni fa nel rione Traiano).

L’intimidazione
Le chiamano «stese», a evocare l’estensione della prevaricazione a pistolettate. Completamente diverso è anche lo stile di vita della new generation camorrista. La nota foto Anni Ottanta dei fratelli Giuliano nella vasca a forma di conchiglia accanto a Maradona è ora sostituta da quella postate su Facebook di due giovani camorristi con folta barba stile miliziani Isis mentre si baciano sulla bocca, a sigillare il patto di «tenere sempre la bocca chiusa».
Le giovani leve del male usano i social media come veicolo di messaggi mafiosi e dichiarazioni di intenti, «Se capiterà la galera, la faremo a testa alta». Tatuati all’inverosimile scelgono slogan che inneggiano alla «Camorra per la vita» o ricordano compagni caduti in agguati con bande rivali.

L’accusa
E, al di là dei morti e della paura, il dato più inquietante é che nella lotta tra clan il più forte è quello del degrado socio-culturale. Basta ascoltare i numeri snocciolati da padre Alex Zanotelli, un missionario comboniano che dopo 12 anni in una baraccopoli a Nairobi, da 10 anni vive nel rione Sanità, ventre oscuro di questa città di luci e ombre. «Due morti in tre giorni, i giovani che cedono alle lusinghe del guadagno facile e dello spaccio e lo Stato dov’è? Sanità si estende su 5 chilometri quadri per 70 mila abitanti. Ma non ci sono né un asilo nido comunale né una scuola media. Non possiamo essere abbandonati così».
Il prefetto Gerarda Pantalone vede il bicchiere mezzo pieno: «I problemi esistono, non a caso domani (oggi per chi legge, ndr) riunirò il Comitato di sicurezza, ma carabinieri e polizia presidiano costantemente il territorio. Il Viminale, prima dell’estate, ci ha inviato rinforzi preziosi in un tessuto dove esistono disagio e degrado ma anche controlli e collaborazione con l’amministrazione comunale».
Nei primi sei mesi del 2015 rapine, scippi e furti sono calati del 20%, a fronte di circa 4 mila arresti per reati vari. La nota dolente sono gli omicidi, 44 fino a ieri ( 25 a Napoli, 19 in provincia). «Contro la camorra ci deve aiutare il governo - dice il sindaco Luigi de Magistris -: ribadisco il mio no ai tagli nelle forze dell’ordine e l’esigenza di finanziamenti per iniziative culturali oltre alla necessità di accelerare la riforma su maggiori poteri e responsabilità dei cittadini». Alle critiche della presidente della Municipalità, Giuliana Di Sarno - «Il Rione Sanità sta diventando Baghdad e il sindaco non ci degna di una visita» -, De Magistris risponde: «La città è migliorata, piena di turisti e con problemi di sicurezza inferiori a Roma a Milano».
Qui però c’è la camorra. E c’è un’omertà che mette i brividi e ha spinto più d’uno a commentare il sacrificio dell’eroico ucraino morto per sventare un a rapina come il gesto «di uno che se l’è cercata, faceva meglio a farsi i fatti suoi». Il direttore della Caritas, don Enzo Cozzolino ricorda: «La nostra ultima indagine rivela che il 41% dei napoletani non ha interesse per il bene comune. Ma è anche vero che c’è tanta gente piena di buona volontà. Dobbiamo investire sul sociale e sulla scuola. Napoli non è una città perduta».

Tratto da: La Stampa

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