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gdf-web225 aprile 2015
I finanzieri del comando provinciale di L’Aquila, nell’ambito dell’operazione denominata Dirty Job e in applicazione della normativa antimafia, hanno eseguito il sequestro di beni riconducibili a imprenditori edili casertani per un valore complessivo di circa 1.800.000 euro. L’attività investigativa trae origine dalla più complessa indagine di polizia giudiziaria, denominata Dirty job portata a termine a giugno 2014 che ha consentito di riscontrare un'infiltrazione nel tessuto aquilano di imprese edili vicine al clan dei Casalesi. Si tratta di imprese di origine casertana, che si erano progressivamente affermate nel business della ricostruzione post-sisma del capoluogo abruzzese.

Il Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo dell’Aquila, coordinato e diretto dal procuratore della Repubblica Fausto Cardella e dal sostituto procuratore David Mancini, ha eseguito ulteriori indagini finalizzate all’accertamento del tenore di vita, delle disponibilità finanziarie e, più in generale, della consistenza patrimoniale delle persone indagate, esaminando le attività economiche esercitate per individuare le lecite fonti di reddito. Al termine dello screening patrimoniale è emersa la disponibilità, anche indiretta, di numerosi cespiti di valore sproporzionato rispetto al reddito lecito dichiarato, che sono ritenuti dagli investigatori frutto o reimpiego di guadagni illeciti.

Il provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale dell’Aquila, è stato eseguito dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria dell'Aquila in collaborazione con i colleghi dei comandi provinciali di Parma, Roma, Napoli, Benevento e Caserta e ha riguardato il patrimonio riconducibile a uno dei principali indagati di Dirty Job e ad alcuni dei suoi familiari.

Sono quindi stati sequestrati terreni, immobili, beni mobili registrati, quote societarie, capitale sociale e l’intero patrimonio aziendale, comprese le disponibilità finanziarie detenute anche per interposta persona in valore sproporzionato al reddito dichiarato da ritenersi frutto o reimpiego degli illeciti guadagni derivanti dalla commissione di reati.

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