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schiavone-carmine-figlio-sandokanCarmine Schiavone era già in carcere. È accusato di estorsione. Usava il pizzo per il controllo sociale.
25 marzo 2014
Ordine di arresto, nella notte del 25 marzo, per Carmine Schiavone, figlio di Francesco Sandokan Schiavone, boss del clan dei casalesi.
Gli agenti della squadra mobile di Caserta, diretta dal vice questore aggiunto Alessandro Tocco, hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti e nei confronti di Pasquale Mauriello, 47 anni, e di Carmine Iaiunese, 46 anni.

METODO MAFIOSO. Schiavone e Mauriello sono indagati per estorsione, mentre Iaiunese per ricettazione. I reati sono aggravati dal metodo mafioso.
L'arresto eccellente è avvenuto a seguito di un'indagine su un'estorsione ai danni di titolari di una farmacia di san Cipriano d'Aversa, consumata tra l'ottobre e il novembre del 2012, che ha visto, in veste di mandante, proprio Carmine Schiavone.

PIZZO COME CONTROLLO SOCIALE. Per gli inquirenti le estorsioni non erano solo una fonte di finanziamento per il clan che, ogni mese, deve trovare150 mila euro solo per «stipendiare» le famiglie dei detenuti in regime di carcere duro. Il pizzo era anche diventato uno strumento di «controllo sociale».
A chiederlo materialmente ai titolari della farmacia, inizialmente si trattava di 5 mila euro, poi la richiesta fu ridotta a 2500 euro, era Mauriello, arrestato nella sua abitazione.

CONTRO CLIMA DI FIDUCIA. Il denaro, una volta ritirato dalle mani della vittima, era consegnato a Iaiunese che, all'epoca dei fatti ricopriva il ruolo di cassiere di quella fazione del clan.
Le estorsioni servivano anche a contrastare il clima di fiducia nei confronti delle forze dell'ordine e magistratura, che avevano messo a segno una serie di arresti eccellenti, e riassoggettare il territorio ai Casalesi.

lettera43.it

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