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Condannate 44 persone: sono originarie di Qualiano, Giugliano, Marano e Villaricca. Rispondono anche di favoreggiamento
Manuela Galletta - 31 luglio 2013
Qualiano. Tutti colpevoli. Per aver fatto parte del clan Pianese- D’Alterio, per aver messo a segno condotte estorsive per conto del sodalizio o per aver in qualche modo favorito qualcuno dei suoi esponenti. Ieri pomeriggio, intorno alle sei, il giudice per le indagini preliminari Francesco Cananzi del tribunale di Napoli ha messo la parola fine al processo con rito abbreviato (formula che prevede lo sconto di un terzo della pena) istruito a carico di una delle due famiglie malavitose che negli anni scorsi hanno trasformato Qualiano in un campo di battaglia. Inflitti complessivamente quattro secoli di carcere, condannati in 44: numeri da capogiro (più bassi comunque di quelli sperati dalla procura) che premiano l’impostazione accusatoria tratteggiata dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso che ha coordinato l’indagine quando era ancora sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli e che ci ha tenuto a seguire anche la fase processuale. Disposte pene che vanno dai 3 anni ai 18 anni: il massimo è stato sentenziato per Domenico D’Alterio , ma nella sua condanna è confluita una precedente pena rimediata sempre per la sua attività malavitosa; e la continuazione ha ‘viziato’ anche il risultato finale della pena a 16 anni stabilita per Bruno D’Alterio. E’, invece, una condanna ‘secca’ quella inflitta a Raffaella D’Alterio , la vedova nera della camorra, la donna che – secondo i pentiti – avrebbe fatto uccidere il proprio uomo, il boss Nicola Pianese, per una questione di soldi: ha rimediato 13 anni e 6 mesi di reclusione. per associazione di stampo mafioso a fronte dei venti anni (il massimo possibile per il tipo di rito scelto e per il tipo di reati contestati) proposti dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso. Pene più basse rispetto a quelle invocate sono state disposte anche per altri imputati: è il caso di Paolo Iovinelli e di Luigi Murolo : Iovinelli (difeso dagli avvocati Luigi Ferro e Leopoldo Perone ) rischiava sei anni ed otto mesi di reclusione ed è stato con- dannato a 4 anni ed otto mesi; 8 anni ed 8 mesi sono stati, invece, inflitti a Luigi Murolo (difeso dall’avvocato Ferro) che rischiava 13 anni. Entrambi sono stati riconosciuti di associazione di stampo mafioso. Condanna meno severa della richiesta della procura anche per Sal- vatore De Marino (di Castelvolturno, difeso dall’avvocato Nando Letizia ): ha rimediato 6 anni e 8 mesi, due anni in meno rispetto alle attese del magistrato. Disposta anche la confisca dei beni appartenuti ad alcuni esponenti del sodalizio e già sotto sequestro: 4 società, due appartamenti, 86 veicoli tra moto e ciclomotori. Si chiude dunque così il primo maxi-processo a questo potente sodalizio salito alla ribalta delle cronache dopo essere entrato in rotta di collisione con la frangia scissionista dei De Rosa: al centro dell’inchiesta un fitto brogliaccio di intercettazioni e le dichiarazioni pentiti (nove in totale, che hanno reso ben 76 interrogatori; quattro malavitosi sono passati a collaborare con la giustizia a processo iniziato, tra questi c’è anche Bruno D’Alterio fratello di Raffaella), perno dell’impostazione accusatoria che ha superato a pieni voti il primo scoglio processuale.

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