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7 febbraio 2012
Napoli. Il personale del centro operativo Dia di Napoli sta eseguendo un decreto di sequestro di beni e consistenze economiche, emesso ai sensi della normativa antimafia dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - sezione Misure di Prevenzione - a firma dei giudici Raffaello Magi (presidente), Paola Lombardi e Roberta Attena, su proposta avanzata dal direttore della Dia. Lo rende noto la stessa Dia, in una nota, precisando che il provvedimento è a carico dei fratelli Roma, imprenditori «gravemente indiziati di pericolosità qualificata in virtù dei rapporti emersi con l'associazione camorristica denominata clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, ed intrattenuti nel delicato e strategico settore dello smaltimento illegale dei rifiuti». I beni sottoposti a sequestro di prevenzione ammontano a un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro. Tra essi un'azienda attiva nel settore della vendita all'ingrosso di acqua e bevande, 16 fabbricati nel territorio della provincia di Caserta e 13 rapporti finanziari. Il provvedimento dei giudici rappresenta l'estensione di un analogo provvedimento, eseguito nel mese di giugno dello scorso anno, basato su una proposta avanzata dal direttore della Dia a carico dei fratelli Roma: Generoso (64enne), Raffaele (58 enne) ed Elio (60enne), nonchè del figlio di quest'ultimo, Francesco (36 enne), tutti di Trentola Ducenta (Caserta). Secondo la Dia, i Roma «sono risultati essere in rapporti di affari» con Gaetano Cerci - nipote del capo clan Francesco Bidognetti, soprannominato 'Cicciotto e mezzanottè e già condannato con sentenza irrevocabile per il reato associativo di tipo mafioso - e Cipriano Chianese, imprenditore attivo nel settore dei rifiuti di recente destinatario di analogo provvedimento di sequestro emesso sempre dalla magistratura sammaritana su impulso della Dia. La Dia sostiene che i Roma «avevano il ruolo di intermediari, trasportatori, depositari e smaltitori dei rifiuti illecitamente conferiti nel territorio campano, nell'interesse patrimoniale del clan dei casalesi, generando una cospicua provvista finanziaria di origine, appunto, illecita e ciò sia in virtù dell'accennata contiguità criminale che per la metodologia utilizzata per lo smaltimento stesso, sfociata in provvedimenti giudiziari di contrasto (con condanne per traffico illecito dei rifiuti e disastro ambientale)». «Già in passato - dice la Dia - sono stati al centro di indagini relative a società di compostaggio a loro riferibili, dalle quali è emerso che gli stessi recepivano fittiziamente concimi e compost per l'agricoltura ma in pratica, grazie anche ad alterazioni e alla formazione di falsi certificati di analisi di rifiuti, realizzavano lo smaltimento illecito di un'impressionante quantità di rifiuti pericolosi, caratterizzati dalla presenza di elementi fortemente inquinanti, che sono stati nel tempo assorbiti dall'ambiente cagionando la tossicità delle produzioni agricole coltivate nell'ampia zona d'interesse, con conseguente pericolo per la salute degli ignari consumatori».

ANSA

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