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Pentito parla al processo in corte Appello a Torino
Torino. Un'intera carriera nella 'ndrangheta fatta all'interno di un carcere. E' la storia di Domenico Agresta, 28 anni, ora pentito, così come l'ha raccontata ieri alla Corte d'appello di Torino in uno dei processi innescati dall'inchiesta Minotauro sulla presenza della criminalità organizzata in Piemonte. "Sono arrivato - ha affermato in videoconferenza - alla dote di 'Padrino', che è molto significativa. La parola di un padrino conta: se per esempio dal carcere dico che bisogna ammazzare qualcuno, quella
cosa va fatta. Mio padre, Saverio, diceva agli affiliati che io dovevo avere 'tutto'. E con 'tutto' intendeva la dote di Padrino". Agresta, il cui nonno fu "tra i fondatori della locale di Volpiano" e anche "responsabile della 'ndrangheta di tutto il Piemonte", fu affiliato come 'picciotto' nel 2008. Arrestato per l'omicidio di un piastrellista, Giuseppe Trapasso, fu condannato a 30 anni. Collaborando con la giustizia ha reso dichiarazioni anche sull'omicidio del magistrato torinese Bruno Caccia, avvenuto nel 1983.
Agresta fu affiliato nell'aprile del 2008, quando era a piede libero, in un orto nei pressi di Volpiano. "Mio cugino - ha raccontato - mi chiese, in qualità di 'capo giovane', cosa volessi; e io, come convenuto, risposi 'sangue e onore'. Era stato mio padre a mandare ambasciate in giro perché entrassi nella 'ndrangheta. Nella mia famiglia non sei considerato un 'uomo' nel vero senso del termine finché non sei affiliato". Dopo l'arresto, Agresta salì diversi gradini con dei rituali che, in segreto, si tenevano nelle carceri con i compagni di detenzione. Sull'omicidio Trapasso, Agresta ha reso delle dichiarazioni che hanno alleggerito la posizione di uno dei condannati, per il quale, come ha spiegato in aula la procura generale, è stato avviato l'iter verso la revisione del processo. 
 
ANSA
 
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