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de raho federico cafiero 1di Grazia Candido
La Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria chiude un altro cerchio con l’operazione “Recherche” che ha portato all’arresto di Rocco Pesce, figlio di Marcello, componente del primo livello della filiera di comunicazione con il latitante e di 11 presunti fiancheggiatori del boss della cosca Pesce di Rosarno. Era Rocco che, seguendo le direttive del padre, “si occupava del controllo e del coordinamento delle attività delittuose mantenendo i rapporti con gli altri affiliati e con gli esponenti di vertice di altre cosche”, affermano il Procuratore Capo della Dda Federico Cafiero De Raho e l’aggiunto Gaetano Paci che, questa mattina insieme al questore Raffaele Grassi, nella sala Calipari, hanno messo in evidenza “l’ottimo lavoro degli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato che, attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche e di videosorveglianza, hanno fatto luce sulle condotte criminali dal gruppo facente capo a Marcello Pesce e, più in generale, all’intera cosca”.
E’ un’operazione che ha assicurato alla giustizia 12 esponenti di rilievo della cosca e l’esito dell’arresto di Marcello Pesce che l’ha presa in mano e portata avanti nelle varie direzioni criminali da un lato, e delle attività economiche dall’altro, segna sicuramente un buon risultato perché è stato bloccato il controllo di questi soggetti sul settore specifico in cui si sono inseriti: il trasporto su gomma - afferma il procuratore capo De Raho - La cosca in realtà, non ha bisogno di rafforzarsi perchè è presente sul territorio e, nonostante i numerosi arresti, continua ad avere una propria organizzazione, una struttura operativa. Oggi, sono tanti gli elementi che, ancora in libertà, si muovono per la cosca. Certo, ogni volta che si riesce ad acquisire un quadro indiziario di coloro che operano per la criminalità organizzata e si procede all’arresto, si ferma un processo criminale che cerca sempre di affermare il suo potere”.
Il procuratore si sofferma su un aspetto “sorprendente” e non nasconde la sua preoccupazione: “Oggi, era presente una folla numerosa che aspettava fuori gli arrestati - conclude De Raho - Sembrava di essere tornati agli anni ‘70/’80 in cui gli appartenenti alla cosca andavano a salutare i vertici tratti in arresto. Questo è un segnale non certo positivo. Si chiude un cerchio ma la lotta non finisce qui”.
Dalle indagine è risultato un forte attivismo criminale della cosca che si “dedicava” soprattutto alle attività di illecita mediazione nel settore del trasporto merce per conto terzi, storicamente di competenza dell’articolazione della cosca Pesce facente capo al boss Marcello Pesce. Centrale in tutti questi ambiti era anche la figura di Filippo Scordino, luogotenente di Marcello Pesce e persona di estrema fiducia del figlio Rocco, che è risultato il principale gestore della “Agenzia di Rosarno”, agenzia di mediazione del trasporto merci su gomma attraverso la quale il settore era monopolizzato dallo stesso Marcello.
Quello che si evince di più a parte l’articolazione della rete del latitante Pesce Marcello, è l’organismo criminale imprenditoriale che lo stesso era riuscito a creare per il tramite del figlio Rocco con il quale riusciva a gestire il comparto del trasporto su gomma degli agrumi di Rosarno in tutto il territorio nazionale - aggiunge il capo della Squadra mobile RC Francesco Rattà - I prodotti agrumicoli di Rosarno sono stati trasportati dalla flotta di autocarri facenti capo a Marcello Pesce, 40 autocarri del patrimonio aziendale di 8 società con sede a Rosarno e in Emilia Romagna, sequestrati in giornata”.
Fra gli arrestati nell’operazione vi sono diversi fiancheggiatori che curavano e gestivano la latitanza di Marcello Pesce, fungendo da “vivandieri”, assicurandone i collegamenti con gli altri membri della cosca e, più in generale, con i familiari, procurando loro appuntamenti con soggetti terzi o riportando loro e per loro conto le cosiddette “imbasciate”.
Le attività investigative svolte hanno visto l’impiego di strumentazioni e tecniche altamente sofisticate tant’è che abbiamo potuto documentare durante uno spostamento del latitante, l’uso di un cordone di macchine, ben 6 veicoli. Questo dà il senso di quanto la cosca e gli stessi riferimenti di essa si sentissero sicuri nell’area di Rosarno - conclude il dirigente prima divisione Sco Vincenzo Nicoli - Ma c’è un lato positivo in questa vicenda e i cittadini lo devono sapere: la Polizia di Stato è capace di intervenire e fermare chi pensa di poter sempre farla franca”.

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